ANTENOR (᾿Αντήνωρ, Antenor)
2°. - Scultore ateniese, attivo nell'ultimo quarto del VI sec. a. C. Era figlio di Eumares, con ogni probabilità il celebre pittore ricordato da Plinio (Nat. hist., xxxvi, 56), come apprendiamo dalla iscrizione della kore n. 681 dell'acropoli di Atene, dedicata dal ceramista Nearchos (C.I.A., iv, 373, 91). Singolarmente preziosa è, quindi, questa iscrizione che riunisce i nomi di tre insigni rappresentanti delle arti figurative della seconda metà del VI sec. in Atene. La kore di A. (databile fra il 520 e il 510 a. C.), rappresenta per noi. un caposaldo della scultura attica nel momento in cui essa si avvia ad assumere una propria, inconfondibile fisonomia e personalità, liberandosi dalle influenze della scultura ionica insulare. Fra la kore di A. e la maggior parte delle sue consorelle della colmata persiana (v.) non esistono che affinità esteriori e tipologiche: solo lo schema della figura è, grosso modo, conservato; ma la grazia e la raffinatezza ionica, non prive di leziosità, sono scomparse per lasciare il posto a una nuova visione di severa spiritualità e di monumentalità nella architettonica concezione della figura umana. La rigida frontalità, lo slancio ascensionale della figura, fino all'ampia e solida struttura delle spalle e del petto e alla severa testa, nobilmente eretta, ci parlano di un artista che, in certo senso, chiude il periodo arcaico, impostando problemi che saranno essenziali nello "stile severo", quale andrà affermandosi in Attica e in Grecia nella prima metà del V sec. Storicamente A. rappresenta l'evoluzione politica e spirituale del mondo attico nel suo passaggio dalla tirannia dei Pisistratidi alla libertà e alle lotte contro i Persiani. E A. fu l'artista prescelto per l'erezione, nell'Agorà, del gruppo bronzeo dei tirannicidi Armodio e Aristogitone, dopo la definitiva cacciata dei Pisistratidi (dopo il 510 a. C.). Questo gruppo fu poi asportato da Serse nel 480 e sostituito da quello di Kritios e Nesiotes (v.). Il gruppo di A. fu restituito ad Atene da Alessandro Magno o dai successori di lui. Sono stati fatti alcuni tentativi per ricostruire, almeno idealmente, il gruppo di A., ma su basi troppo fragili per avere una qualche consistenza. Piuttosto possiamo riconoscere la concezione artistica, se non la mano, di A. nelle sculture frontonali del tempio di Apollo a Delfi, appartenenti alla celebre ricostruzione che del tempio fecero gli Alcmeonidi fra il 513 e il 5o6 a. C. Nel frontone E era rappresentata l'epifania della triade delfica: nel frontone O la gigantomachia. È molto probabile che A. sia stato per lo meno l'ideatore dei due frontoni, il che può essere privato, oltre che dalla concezione severa e organica dell'assieme, anche da alcune perfette rispondenze stilistiche come, ad esempio, fra la kore dell'Acropoli e le kòrai del frontone E. È quindi probabile che A. sia stato lo scultore ufficiale degli Alcmeonidi e dei partiti avversi alla tirannide, e questo potrebbe anche spiegare perché a lui fosse affidato l'incarico del gruppo dei Tirannicidi. Nei frontoni delfici troviamo, per la prima volta, realizzato quel principio del contrasto fra una rappresentazione statica e architettonica in uno dei frontoni in opposizione alla scena movimentata del frontone opposto, principio che verrà poi perfettamente attuato a Olimpia. Questo principio, nonostante il residuo arcaico delle belve apotropaiche agli angoli, è già attuato a Delfi, e ciò potrebbe mettere ancor più in risalto l'importanza della figura di A. nel quadro del rinnovamento dell'arte attica.
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