ANTEPENDIUM
Rivestimento della parte anteriore dell'altare (detto anche pallium, paramentum, tabula, velamen, vestimentum). Saranno trattate qui in particolare le opere in metallo, in legno e in tessuto, rimandando, per le realizzazioni in pietra, anche alla voce Paliotto.La decorazione dell'altare si concentrò in genere sul lato rivolto verso i fedeli e solo di rado essa riguardò anche gli altri lati; si può supporre che essa consistesse, in origine, nella sovrapposizione alla superficie di un semplice drappo di tessuto pregiato che ben presto fu impreziosito da ricami; in seguito, al suo posto, comparvero rilievi in pietra, oro, argento, bronzo dorato o anche pannelli di legno, scolpiti e dipinti.Le prime testimonianze in proposito sono fornite dai documenti. L'imperatore Costanzo II, all'atto della consacrazione della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, nel 360, donò drappi per l'altare, intessuti d'oro con gemme; per l'Occidente invece dati certi compaiono solo al tempo di Aureliano di Arles (m. nel 551 ca.) il quale, nelle regole dettate per il suo monastero, proibì ai monaci di possedere altar pallae di seta decorate con oro e gemme. Gli esempi più antichi citati nei testi si riferiscono tutti a stoffe: si trattava probabilmente della naturale evoluzione dell'antico uso di coprire con un semplice panno la mensa adibita alla celebrazione dell'Eucaristia. Anche nelle prime rappresentazioni di altari, per es. quelle del Genesi di Vienna del sec. 6° (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Vind. theol. gr. 31) o dei mosaici ravennati coevi, questi appaiono rivestiti da drappeggi. Numerose sono le testimonianze della crescente diffusione dell'a. durante il periodo carolingio. Il Lib. Pont. elenca numerosi doni di papi alle chiese di Roma e di altre località; è noto così che Adriano I (772-795) donò non meno di dieci paliotti, tra cui uno per la basilica di S. Pietro a Roma, a quanto pare aureo, con pietre preziose incastonate; ancora più generose le donazioni di Leone III (795-816). L'uso continuò anche con i loro successori, fino alla fine del sec. 9°, ed è ricordato da numerose cronache e inventari di varie regioni d'Europa: tuttavia solo una piccola parte di questi doni è oggi conservata.Il più antico a. d'oro oggi sussistente che si conosce è quello fatto eseguire da Angilberto II arcivescovo di Milano (824-859) per l'altare maggiore di S. Ambrogio; l'opera, oltre al carattere di a., costituisce in realtà un completo rivestimento d'altare. Il lato frontale, diviso in tre pannelli incorniciati da smalti cloisonnés, filigrana e gemme, è decorato nella parte centrale da una croce racchiusa in una cornice simile a quella esterna con al centro Cristo in maestà, assiso in trono, entro una mandorla. I bracci della croce recano i simboli degli evangelisti e negli angoli sono raffigurati gli apostoli a gruppi di tre. I due pannelli laterali mostrano ciascuno sei scene della Vita di Cristo, dall'Annunciazione alla Resurrezione: si tratta del più completo ciclo superstite illustrante il Nuovo Testamento nella prima metà del 9° secolo. Anche gli altri tre lati dell'altare di S. Ambrogio sono realizzati in argento e in oro, lavorati a bassorilievo e preziosamente decorati. Ciascuno dei due pannelli laterali mostra santi e angeli in adorazione di una crux gemmata, decorata con smalti e gemme, come le cornici del lato frontale, mentre il pannello sul retro dell'altare è suddiviso in dodici riquadri, sei per ciascun lato, anch'essi incorniciati da smalti, raffiguranti scene della Vita di s. Ambrogio. Al centro, apposite aperture danno accesso alle reliquie dei martiri fondatori della chiesa; esse sono circoscritte da clipei entro cui sono raffigurati l'artefice Vuolvinio che presenta l'altare ad Angilberto e Angilberto che presenta l'altare a s. Ambrogio. Si ha notizia di un altro a. carolingio (distrutto durante la Rivoluzione francese) donato da Carlo il Calvo all'abbazia di Saint-Denis presso Parigi, di cui l'imperatore era abate laico. Esso fu minuziosamente descritto nel 1140 dall'abate Suger, che ne illustrò il prezioso pannello frontale d'oro e gli altri tre lati lavorati in argento, raffiguranti scene del Vecchio Testamento, intese quali prefigurazioni del Nuovo. Un dipinto fiammingo dell'inizio del sec. 16°, dovuto al Maestro della Messa di Saint-Gilles (Londra, Nat. Gall.), mostra l'a. riutilizzato come pala nell'altare maggiore di Saint-Denis; il dipinto riproduce i particolari con tale precisione da consentire l'individuazione delle gemme aggiunte in un secondo momento in castoni quadrati che furono inseriti sotto l'arco centrale nel sec. 15°, quando l'a. fu trasformato in pala. La parte carolingia dell'opera raffigura Cristo in maestà in una mandorla ornata di gemme, collocata sotto un arco riccamente decorato e fiancheggiato su ciascun lato da un altro grande arco diviso in tre parti, con figure di santi in piedi, sopra i quali si trovano angeli in adorazione di corone votive.Anche l'avorio sembra essere stato tra i materiali pregiati impiegati nella decorazione degli a. nell'Alto Medioevo, nonostante non ne sia rimasto alcun esempio. Si ritiene generalmente che i sedici pannelli d'avorio appartenenti a diverse collezioni (Goldschmidt, 1914-1926, II, nrr. 4-16; III, nrr. 301-303), con scene che vanno dalla Visitazione alla Traditio legis, provengano dalla decorazione di un a. donato dall'imperatore Ottone I alla cattedrale di Magdeburgo, che, tra le sue fondazioni, è quella a cui egli fu più legato. Tra i riquadri ve ne è uno raffigurante l'imperatore, affiancato da s. Maurizio e da un angelo - forse s. Michele - che presenta una chiesa a Cristo in trono, mentre s. Pietro, forse s. Innocenzo e un altro santo assistono alla scena. Se questi avori provenivano effettivamente dalla decorazione di un a., è probabile fossero montati entro una cornice d'oro, d'argento o di bronzo dorato, quasi certamente con gemme incastonate; l'effetto complessivo doveva essere simile a quello dell'altare rappresentato in un avorio del tardo sec. 10°, che mostra la celebrazione della messa (Francoforte, Stadt- und Universitätsbibl.): la parte anteriore dell'altare è composta da una trentina di riquadri di dimensioni uguali. In questo caso la decorazione è costituita esclusivamente da motivi floreali che si alternano; d'altronde scene figurate come quelle di Magdeburgo non potevano essere rappresentate in scala così ridotta.Altri due a. lavorati in oro furono donati - uno sicuramente, l'altro con ogni probabilità - dall'imperatore Enrico II a fondazioni imperiali di grande importanza. L'a. eseguito per l'altare maggiore della cattedrale di Basilea - fondata da Enrico e consacrata nel 1019 - raffigura cinque grandi e maestose figure stanti sotto un'arcata (Parigi, Mus. de Cluny). Al centro, Cristo, collocato come Salvator mundi sotto un arco leggermente più largo degli altri, è adorato da due piccole figure rannicchiate che rappresentano i donatori: l'imperatore Enrico e l'imperatrice Cunegonda. Alla destra di Cristo sono l'arcangelo Michele e s. Benedetto, alla sua sinistra gli arcangeli Gabriele e Raffaele. L'iscrizione, che fa riferimento a Cristo non solo come salvatore, ma anche come guaritore, nonché la presenza di s. Benedetto, venerato anche per la sua opera di intercessione a beneficio dei malati, fanno ritenere che il dono sia stato un ringraziamento reso da Enrico negli ultimi due anni della vita, dopo il suo ritorno dalla sfortunata campagna nell'Italia meridionale quando, nel 1021-1022, il suo esercito fu decimato dalle malattie.Il secondo a., donato alla Cappella Palatina di Aquisgrana, è giunto senza la cornice originale e in parte danneggiato da un pesante restauro subìto nel 19° secolo. La figura centrale del Cristo in maestà - affiancata dalla Vergine e da s. Michele - è circondata da dieci riquadri con scene evangeliche. I medaglioni con i simboli dei quattro evangelisti collocati nei punti di intersezione della moderna cornice di quercia, accanto alla Vergine e a s. Michele, erano sicuramente montati nell'a. originario nella primitiva, ampia cornice.Dei tanti a. in oro e in metallo prezioso, la cui esistenza è documentata in tutta Europa dal periodo carolingio a quello romanico, pochissimi sono quelli pervenuti; da ricordare, per l'Italia, l'a. in argento nella cattedrale di Città di Castello, donato da Celestino II nel 1144, con il Cristo in maestà tra i simboli degli evangelisti e scene evangeliche.Un altro a. in argento è conservato nella cattedrale di Cividale; al centro, sotto tre archi che coprono l'intera altezza del pannello, la Vergine con il Bambino figura tra i due arcangeli, Gabriele e Michele. Su ciascun lato della scena centrale due campi più stretti sono divisi orizzontalmente in tre registri che mostrano venticinque figure di santi in piedi. L'ampia cornice è decorata da piccoli riquadri rettangolari con rigogliosi girali alternati a figure di santi entro clipei. Tra loro compare, in basso al centro, il donatore, il patriarca Pellegrino II di Aquileia (1195-1205).L'unico a. romanico conservato in Germania è il paliotto di bronzo dorato di Gross-Komburg (Stiftkirche), la cui cornice è decorata con placche di smalto blu acceso con motivi campiti in bianco, secondo modelli di derivazione bizantina. Al centro è la figura del Salvatore con un libro aperto nella mano sinistra e su ogni lato sei apostoli stanti, collocati su due registri. Ciascuno di essi è posto su una pedana, secondo un modulo che rivela un influsso bizantino, riscontrabile in tutta l'opera sia nell'iconografia, sia nello stile.La maggior parte degli a. in metallo tuttora esistenti, diciassette almeno, sono conservati nell'area scandinava. Il fatto che nelle meno prospere regioni dell'Europa del Nord siano stati eseguiti, durante i secc. 12° e 13°, a. in bronzo dorato, e non in argento o in oro, ha senza dubbio contribuito ad assicurarne la sopravvivenza. L'esempio più antico è l'a. dell'altare maggiore di Lisbjerg, nei pressi di Aarhus, nello Jutland (Copenaghen, Nationalmus.), altare che, sia per l'a., sia per la pala sormontata da una Crocifissione e da un grande arco, offre un esempio di quello che era probabilmente un modello di altare romanico diffuso in tutta Europa. L'a. di Lisbjerg, databile al 1140 ca., è tra i più elaborati che si conoscano per composizione e iconografia. Nel pannello centrale una croce diagonale e una cornice romboidale si incrociano dividendo l'area in dodici campi; nel mezzo è rappresentata la Vergine seduta con il Bambino entro un'edicola sostenuta da una bassa colonna che suddivide uno dei dodici campi in due parti, in ciascuna delle quali è raffigurato un angelo. Accanto alla Vergine sono due serafini e negli altri spazi sono raffigurati l'Annunciazione, l'Assunzione e sei profeti. Nei due pannelli posti su ciascun lato, divisi in sei campi rettangolari, compaiono s. Brigida, s. Tecla e dieci figure femminili che rappresentano le Virtù; agli angoli dell'ampia cornice sono inseriti quattro medaglioni con i simboli degli evangelisti; in un altro medaglione simile, situato in alto al centro, figura l'Agnus Dei e in un altro ancora, al centro in basso, leoni affrontati. Questa cornice rientra indubbiamente nella tipologia già osservata nell'a. della Cappella Palatina di Aquisgrana, mentre la decorazione del riquadro centrale ricorda i pannelli laterali dell'a. di Milano. Il ricco linguaggio ornamentale realizzato sulla cornice in émail brun ha assimilato peraltro anche modelli scandinavi, nello stile animalistico di Urnes, oltre a girali classici d'acanto e girali animati.L'a. di Broddetorp (Stoccolma, Statens historiska mus.), eseguito probabilmente negli stessi anni, riecheggia le forme vivaci e vivide delle figure dell'a. di Lisbjerg. Seguendo l'iconografia più comune, mostra al centro in una mandorla sorretta da quattro angeli, la figura di Cristo in maestà. Al di sopra compaiono i carri del sole e della luna e su ciascun lato sono raffigurate scene della Vita di Cristo; in basso figurano i dodici apostoli seduti a coppie. Nel fregio ad acanto della cornice sono ravvisabili i modi dello stile della 'scuola di Winchester', il che è ben spiegabile dati gli stretti rapporti tra la Chiesa inglese e quella scandinava.L'influenza inglese in Scandinavia si rafforzò nella seconda metà del 12° secolo. L'a. di Oelst (Copenaghen, Nationalmus.) del 1150-1160 ca., dove campeggia la figura di Cristo in maestà al centro di un quadrilobo circondato da quattro scene e da dodici episodi della sua vita, disposti sei per ciascun lato in tre registri, mostra infatti per la qualità raffinata e il fluido ductus delle sue figure una forte dipendenza dal c.d. stile dampfold applicato per la prima volta nella Bibbia di Bury (Cambridge, C.C.C., 2), stile che dominò l'arte inglese a partire dalla fine del quarto decennio del secolo. L'a. di Odder (Copenaghen, Nationalmus.), realizzato intorno al 1200, rivela tracce della stessa influenza nei particolari dei girali decorativi, mentre la modulazione delle figure, dalle fluide cadenze naturalistiche, rivela accenti di sapore quasi gotico. Di poco più tardi sono i pannelli di Quern nello Schleswig (Norimberga, Germanisches Nationalmus.) e della chiesa di Stadil, nello Jutland, che, nonostante alcune reminiscenze romaniche nella decorazione a lamina pressata, mostrano forme palesemente risalenti al sec. 13° negli eleganti accenti gotici delle figure e sono forse da ricollegare ai grandi reliquiari a cassa di tipo renano, di poco più antichi, come il reliquiario di Carlo Magno nella Cappella Palatina di Aquisgrana.Mentre quasi tutti gli a. scandinavi conservano almeno qualche traccia dell'influenza inglese, quello della chiesa parrocchiale di Lyngsjö, nella Svezia meridionale, rivela l'importanza dei rapporti con l'Europa continentale, in particolare con le Fiandre e la Renania. La composizione e l'iconografia dell'opera, conservate con ogni probabilità nello stato originale, sono relativamente insolite. Al centro, in una cornice esagonale, è la Vergine seduta con il Bambino, mentre ai lati, all'interno di cornici circolari, compaiono Mosè e Aronne. Al di sopra e al di sotto della Vergine, all'interno di cornici semicircolari, sono raffigurati Davide e Salomone; altri otto profeti rappresentati con cartigli in mano sono inseriti, quattro per lato, entro cornici rettangolari, collocate due al di sopra e due al di sotto delle cornici circolari. Lo stile delle figure lascia supporre che il maestro autore dell'opera provenisse dalla bottega in cui fu prodotto il reliquiario di s. Servazio (nella omonima chiesa di Maastricht), tra il 1160 e il 1170.A. di stile gotico sono conservati solo in Italia. Lo splendido a. d'argento della cattedrale di Pistoia fu eseguito da Andrea di Jacopo d'Ognabene nel 1316, tranne i due pannelli laterali, commissionati a Firenze nel 1357 e 1371. La parte anteriore è composta da quindici riquadri suddivisi in tre registri; in alto al centro compare Cristo in trono tra la Vergine e s. Giacomo, tutt'attorno sono disposte scene della Vita di Cristo e di s. Giacomo. Alle estremità tre figure di profeti sono collocate entro baldacchini gotici. Va detto tuttavia che, nonostante questi motivi e la datazione tarda, nel complesso la composizione ha caratteri ancora sostanzialmente romanici; questo si rileva in misura ancora maggiore nell'a. della cattedrale di Monza, completato nel 1357 da Borgino de Puteo, un orafo milanese. L'a., dalla composizione tradizionale, presenta un elemento del tutto inconsueto: il Battesimo di Cristo in una mandorla centrale circondata dai simboli degli evangelisti, intorno alla quale sono raffigurate ben diciotto scene della Vita di s. Giovanni Battista. Lo stesso soggetto si ritrova in quello che è forse il più splendido e più profondamente gotico tra tutti gli esemplari sussistenti in Italia: l'a. d'argento eseguito per l'altare maggiore del battistero di Firenze (Mus. dell'Opera di S. Maria del Fiore), iniziato nel 1366. All'interno di una magnifica cornice gotica otto scene, quattro per lato, sono collocate su due registri a fianco di una nicchia profonda dove è posta la figura di s. Giovanni Battista a tutto tondo, opera di Michelozzo, inserita nell'a. solo nel 1451.Nella penisola iberica rimangono numerosi a. dipinti, sia romanici sia gotici. In Catalogna ne restano due tra loro molto simili e di grande importanza, dipinti nel secondo quarto del sec. 12°, l'uno proveniente da Hix e l'altro da Seu d'Urgell (entrambi a Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya). Il tratto nitido e stilizzato delle figure, con il panneggio a fitte pieghe parallele, risente fortemente delle più antiche tradizioni della miniatura spagnola dei manoscritti di Beato: le due opere presentano inoltre elementi di fortissima analogia anche con alcuni dipinti murali, quali per es. quelli dell'abside di Taüll (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya). Entrambi gli a. sono incorniciati da una bordura ornamentale e mostrano nel pannello centrale un imponente Cristo in maestà, seduto all'interno di una mandorla, con i dodici apostoli ai lati; mentre però nell'a. di Hix gli apostoli sono disposti a coppie all'interno di quattro cornici per lato - con l'aggiunta della figura di s. Martino che divide il suo mantello con un mendicante e di altri due santi inseriti entro due dei riquadri - in quello di Seu d'Urgell gli apostoli sono scanditi in due gruppi di sei in due grandi pannelli: si tratta di una originale ed efficacissima rappresentazione di una sorta di coro degli apostoli in adorazione della Maiestas. L'a. di s. Margherita dell'eremo di Vilaseca (Vich, Mus. Arqueologic-Artistic Episcopal), con al centro la Vergine e il Bambino all'interno di una mandorla sostenuta da quattro angeli, della metà del sec. 12°, mostra la dipendenza dai primi manoscritti di Beato soprattutto nelle volute decorative del drappeggio della Vergine. Su ciascun lato sono rappresentate, disposte su due registri, vivaci scene narrative della Vita di s. Margherita.L'a. di Avia (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), risalente probabilmente alla seconda metà del sec. 12° e fortemente influenzato dalla tradizione bizantina, è caratteristico esempio del crescente interesse per i contenuti narrativi, tipico in genere del gusto tardoromanico e gotico, così in Spagna come del resto in tutta Europa. Nell'a. di Avia questa tendenza è evidente soprattutto nella scena con la Adorazione dei Magi, nell'icastica resa espressiva del gesto vivace con cui il Bambino si protende nell'ansiosa attesa dei doni.Nella Spagna centrale, negli antichi regni di Aragona, Castiglia e León, questo accresciuto interesse per gli aspetti narrativi si manifestò con leggero anticipo rispetto ad altre regioni. Rimangono, per es., tre a. del sec. 13°, dedicati a s. Pietro, a s. Martino e a s. Giovanni Battista, provenienti rispettivamente da Boi, da Chia e da Gesera (attualmente a Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya). I santi sono seduti in trono nel pannello centrale mentre ai lati si dispongono scene della loro vita. Tale modello si diffuse ulteriormente in Spagna nel corso del 14° secolo; ne sono esempio i begli a. dedicati a s. Perpetua, da Moguda (Barcellona, Mus. Diocesano), a s. Cristoforo, da Toses (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), nonché l'a. dedicato a s. Orsola e alle sue compagne, che mostra dodici scene, sei per ciascun lato, ricche di particolari narrativi (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya).Nel corso del sec. 13° si diffuse un altro tipo di composizione che offre anche maggiori possibilità di sviluppo all'interesse per gli elementi narrativi. Un a. con l'Infanzia di Cristo (coll. privata) è diviso orizzontalmente in due serie di cinque archi di dimensioni uguali. Nella parte superiore, all'interno dei primi tre archi, sono raffigurati i Magi, nel quarto la Vergine con il Bambino e nell'ultimo s. Giuseppe seduto. Nel registro inferiore la scena della Presentazione al Tempio si estende sotto tutti e cinque gli archi, con al centro Cristo bambino in piedi su un altare. La stessa divisione orizzontale su due registri, al posto della composizione più usuale ove il pannello centrale è di dimensioni maggiori, si ritrova anche nell'a. di Santa Maria d'Iguacel (Jaca, Mus. Diocesano) che tuttavia è diviso, più tradizionalmente, anche in tre sezioni verticali. Nella sezione centrale la parte inferiore reca la Dormitio Virginis, mentre in quella superiore è raffigurato Cristo che, entro una mandorla, riceve l'anima di Maria. Su entrambi i lati le scene della Vita di Cristo e di quella della Vergine rivelano un vivacissimo gusto narrativo; l'a. risale probabilmente al tardo 12° o all'inizio del 13° secolo. A volte è possibile trovare una più regolare successione di scene, come per es. nell'a. dell'eremo della Virgen del Monte (Liesa, Municipio), dove l'intero pannello è suddiviso in dodici riquadri di uguale misura entro cui sono raffigurate scene della Vita di s. Vincenzo. Un pannello simile, del sec. 13°, diviso in sole quattro scene con le leggende degli arcangeli, dimostra che questo tipo di a. era conosciuto anche in Catalogna.Soltanto in Spagna si conservano a. di legno scolpito, datati tra il 12° e 14° secolo. Il più antico, probabilmente scolpito nella prima metà del sec. 12°, proviene da San Pedro di Ripoll (Vich, Mus. Arqueologic-Artistic Episcopal) e presenta al centro, come di consueto, la figura di Cristo in maestà in una mandorla, circondato dai simboli degli evangelisti, e ai lati i dodici apostoli, disposti su due registri e riuniti sotto archi in gruppi di sei. L'a., che originariamente era senza dubbio dipinto a colori brillanti e ricco di particolari ornamentali, mirava chiaramente a imitare le decorazioni gemmate degli a. in metalli preziosi. Due altri a., assai simili per composizione e di poco posteriori come datazione, si conservano uno a Barcellona (Mus. d'Art de Catalunya), proveniente da Santa Maria di Taüll, e un altro a Lérida. Un a. proveniente da Cugat (Torino, Mus. Civ. di Torino, Mus. d'Arte Antica), con al centro la Vergine e il Bambino, presenta la ricca iconografia tipica del sec. 13°, con dodici scene della Vita di Cristo collocate sotto archi. Tra gli esempi più tardi, risalenti alla metà ca. del sec. 14°, l'a. della chiesa di Santa Maria la Blanca di Villanueva Toledo (Villanueva y Geltrú, Mus. Balaguer), mostra la Vergine seduta con il Bambino tra i dodici apostoli, in una composizione tradizionale, ma con le figure poste sotto architetture gotiche a baldacchino.Per quanto riguarda l'Europa settentrionale, in Scandinavia sono rimasti numerosi a. dipinti (di cui oltre trenta nella sola Norvegia) databili dalla metà del sec. 13° all'ultimo quarto del 14° secolo. Tra i più antichi uno dimostra in modo significativo la diretta influenza dell'arte inglese, l'a. di Ulvik (Bergen, Historisk mus.), che fu certamente dipinto da un artista aggiornato sull'arte inglese della metà del sec. 13°; l'iconografia è quella consueta: il Cristo in maestà entro una mandorla, circondato dai simboli degli evangelisti e affiancato dagli apostoli sotto arcate trilobate su due registri, sei per ciascun lato, e dipinti in uno stile vivace che risente fortemente della miniatura dei manoscritti di William de Brailes.Un altro a., il più antico tra quelli provenienti da Tingelstad, ora a Oslo, e noto in vari frammenti, presenta una composizione e una iconografia assai inconsuete. Era originariamente suddiviso in sei riquadri, tutti delle stesse dimensioni, che occupavano per intero l'altezza dell'a.; ciascun riquadro era racchiuso in una cornice cuspidata gotica e rappresentava scene della Vita di s. Egidio. Tutti questi elementi lo riconducono alla tradizione inglese e infatti una identica composizione si trova nel solo a. inglese dipinto oggi conservato, proveniente dal priorato di Thetford, fondato nel 1335 (Parigi, Mus. de Cluny). Le scene, entro cornici cuspidate simili a quelle dell'a. di Tingelstad, occupano l'intera altezza del pannello e originariamente rappresentavano cinque episodi della Vita della Vergine; se ne sono conservate solo quattro: quella all'estrema sinistra è stata infatti asportata. Per quanto il pannello del Mus. de Cluny, datato tra il 1330 e il 1340, sia ben più tardo dell'a. di Tingelstad, entrambi derivano da tradizioni inglesi rintracciabili anche nella miniatura, a partire per es. dal Salterio de Lisle (Londra, BL, Arund. 83/II). Nel corso del sec. 14° continuò in Norvegia la forte dipendenza da modelli inglesi; essa può essere rintracciata anche nell'a. di s. Olav, proveniente forse da Holtaalen (Trondheim, cattedrale), nell'a. di s. Botulfo da Aardal (Bergen, Historisk mus.) e nell'a. proveniente da Ulnes, ora a Oslo, che presenta quattro grandi figure di santi tra cui, al centro, Pietro e Paolo.Tra le numerose opere provenienti dalla Norvegia, alcune oltre all'influenza inglese ne mostrano anche una francese; di queste la più antica è il bell'a. proveniente da Hitterdal, ora a Oslo, datato all'ultimo quarto del sec. 13°, con al centro Cristo in maestà circondato dai simboli degli evangelisti e affiancato dalle figure degli apostoli seduti, a gruppi di tre, sotto archi ribassati. Da Nes sono pervenuti due pannelli, conservati a Bergen, uno dei quali raffigura una Crocifissione entro una mandorla, circondata dai simboli degli evangelisti, con sei scene della Passione di Cristo, tre per ciascun lato, collocate l'una sopra l'altra entro cornici piuttosto semplici, sottili e rettangolari. Particolarmente notevole la qualità della Crocifissione, in cui figurano, oltre alla Vergine con s. Giovanni, Longino e Stefano, anche due piccole figure di carnefici nell'atto di inchiodare le mani di Cristo alla croce. A questo a., che risale alla prima metà del sec. 14°, è strettamente collegato un altro notevole esemplare proveniente da Dale, ora a Bergen, databile agli stessi anni, che presenta al centro la Vergine, sotto un'architettura a baldacchino, con a sinistra la c.d. leggenda del Cavaliere che vendette l'anima al diavolo e a destra quella 'della testa del Turco'.Si tratta di opere particolarmente preziose data la scarsità di esemplari conservati in Inghilterra e in Francia. Mentre infatti l'unico a. inglese dipinto è quello, sopra citato, conservato al Mus. de Cluny, per la Francia se ne conoscono soltanto uno del tardo sec. 14°, conservato nella chiesa di Saint-Vulfran ad Abbeville, e un altro, di qualità eccezionale, dipinto in grisaille su seta: il c.d. paramento di Narbona (Parigi, Louvre). In quest'ultima opera tutte le scene sono racchiuse in elaborate e delicate cornici gotiche: al centro è rappresentato il Calvario; ai lati, in ginocchio, i donatori, Carlo V e la regina Giovanna di Borbone; al di sopra sono raffigurate le personificazioni della Chiesa e della Sinagoga. La struttura narrativa è completata da scene della Vita di Cristo, dal momento del tradimento di Giuda al Noli me tangere. L'opera deve essere stata dipinta poco prima della morte della regina, nel 1378, e la delicata grisaille di seta indica che l'a. era usato di rado, probabilmente solo durante la Quaresima.Anche in Germania rimangono pochi esempi di a. dipinti. Quello proveniente da Soest (Münster, Westfälisches Landesmus. für Kunst und Kulturgeschicte) potrebbe essere datato al 1200 ca. e presenta al centro, entro un quadrilobo, Cristo giudice che mostra le piaghe della Crocifissione con due spade che gli escono dalla bocca, circondato dai simboli degli evangelisti. Sui due lati figurano, sotto arcate semicircolari, a sinistra la Vergine e s. Valburga, a destra s. Giovanni Battista e un santo vescovo, forse s. Agostino; sulla cornice relativamente ampia sono posti dischi leggermente concavi, separati da una decorazione fogliata a imitazione delle opere in metallo tardoromaniche. Una cornice simile è usata ancora, alla metà del sec. 14°, in un altro pannello proveniente dalla Wiesenkirche di Soest (Berlino, Deutsches Rundfunk-Mus.). Il pannello centrale mostra la più consueta immagine di Cristo in maestà entro un quadrilobo con i simboli degli evangelisti, affiancato dalle figure della Vergine e di s. Giovanni Battista, accompagnate da altre tre figure femminili e maschili di santi, tra le quali il patrono di Soest, s. Patroclo.L'a. della cattedrale di Goslar (Goslarer Mus.), del tardo sec. 13°, nonostante sia gravemente danneggiato nella metà inferiore, presenta una composizione di rara efficacia, con al centro una grande Crocifissione con la Vergine e s. Giovanni sotto un arco a gradini (un motivo abbastanza inconsueto) e ai lati le due sole grandi figure dei ss. Stefano e Lorenzo. Tra i più tardi esempi medievali è un pannello di incerta provenienza, databile verso la fine del sec. 15° (Monaco, Bayer. Nationalmus.), che rappresenta la Vergine e il Bambino con figure di santi, tra i quali s. Benedetto e s. Andrea, su uno sfondo di tappeti rossi e verdi appesi alle pareti. Un altro a. tardo, proveniente dal monastero di Seligenthal vicino a Landshut, presenta una serie di santi, tutti delle stesse dimensioni, inseriti, secondo la più tradizionale disposizione, ciascuno entro un'arcata.In Italia è dubbio se un certo numero di pannelli dipinti del sec. 13° fungessero effettivamente da a. o piuttosto da pale d'altare; nessuno di essi si trova comunque oggi sulla fronte di un altare. Il pannello di S. Maria del Fiore (Firenze, Mus. dell'Opera di S. Maria del Fiore), datato al 1240-1250 ca., rappresenta s. Zanobi - affiancato dai ss. Eugenio e Crescenzio - con ai lati scene della sua vita disposte su due registri. Le dimensioni e l'ampia cornice che lo circonda, che imita la decorazione metallica, fanno pensare che l'opera sia stata originariamente eseguita come a., per quanto nel 1439 sia testimoniato il suo uso come pala d'altare. Il pannello presenta inoltre un tipo di usura lungo il bordo inferiore, che sembra dimostrare un danneggiamento provocato nel tempo dai piedi del celebrante. Un pannello ancora precedente, datato al 1215 da una iscrizione e conservato nella Pinacoteca Naz. di Siena, rappresenta al centro Cristo in maestà e su ciascun lato tre scene su tre registri, con la storia dell'Invenzione e dell'Esaltazione della Croce; la composizione e la cornice scolpita ricordano assai da vicino l'a. romanico in argento di Città di Castello. Gli artisti italiani che dipingevano questi pannelli firmavano spesso le loro opere, come nel caso del pannello (databile alla metà del sec. 13°) di Margaritone d'Arezzo (Londra, Nat. Gall.) che va probabilmente considerato un a.; esso rappresenta la Vergine con il Bambino entro una mandorla, circondata da otto riquadri con storie di santi.A giudicare sia dalle testimonianze documentarie sia dalla grande quantità di esemplari conservatisi (tutti peraltro di età relativamente tarda), durante l'intero corso del Medioevo l'a. ricamato fu probabilmente la più diffusa forma di decorazione degli altari cristiani: per l'età altomedievale ci sono pervenuti però soltanto frammenti, come le bordure del sec. 10° con ricami raffiguranti busti di vescovi che si trovano nel Mus. Naz. di Ravenna.Il più antico a. tessile integro pervenuto è quello proveniente da Rupertsberg, nei pressi di Bingen (Bruxelles, Mus. royaux d'Art et d'Histoire), al cui centro è raffigurato Cristo in maestà con i simboli degli evangelisti, affiancato a sinistra dalla Vergine e da s. Pietro e a destra da s. Roberto e s. Ildegarda. Nei grandi campi a tutta altezza, separati da un bordo, compaiono a sinistra s. Giovanni Battista e a destra s. Martino, mentre le due minuscole figure di donatori prostrati ai piedi di Cristo sono identificate dalle iscrizioni come Sigfrido II arcivescovo di Magonza (1201-1230) e Agnese duchessa di Nancy, moglie di Federico II di Lorena (m. nel 1213); tali iscrizioni consentono di datare l'opera tra il 1201 e il 1213. Un altro bell'a. dei primi del sec. 13°, oggi nella chiesa di Marienberg presso Helmstedt, fu originariamene eseguito per il monastero di Heiningen sul fiume Ocker. Al centro è raffigurato Cristo in una mandorla, circondato dai simboli degli evangelisti, mentre su entrambi i lati appaiono grandi figure stanti sotto arcate ogivali, tra cui la Vergine, s. Pietro, s. Giovanni Battista, s. Paolo e s. Nicola; nel bordo inferiore, leggermente danneggiato, sono raffigurati attorno alla Vergine con il Bambino i busti degli apostoli, entro un'arcata che racchiude archi a tutto sesto.I numerosi esemplari del sec. 14° sopravvissuti nei paesi di lingua tedesca presentano maggiore varietà e ricchezza di temi iconografici e originalità di composizione rispetto agli a. realizzati in altri materiali. Per es. l'a. del sec. 14° che si trova nel Kestner-Mus. di Hannover è di panno nero con quindici rappresentazioni ricamate, tutte delle stesse dimensioni, disposte su tre registri e circondate da un'iscrizione. Al centro è raffigurata la Trinità, a sinistra la Vergine con il Bambino, a destra s. Anna con la Vergine e s. Giovanni e nei restanti dodici campi delle figure di sante. Un altro a. proveniente da Pirna e ora conservato a Dresda, finemente ricamato in seta e oro su una base di lino, rivela influssi italiani; al centro è raffigurata l'Incoronazione della Vergine, mentre tra i santi (che figurano collocati ai due lati entro le consuete arcate) appaiono Vito e Venceslao, il che farebbe supporre che l'a. sia stato eseguito a Praga, dove questi santi erano oggetto di particolare venerazione. Un altro esemplare, che ricorda un tipo già osservato tra gli a. dipinti del sec. 14°, conservato nella cattedrale di Salisburgo, presenta - entro quattordici quadrilobi, tutti delle stesse dimensioni - nel registro superiore scene dell'Infanzia e in quello inferiore scene della Passione di Cristo. Negli spazi tra i quadrilobi sono svolti altri temi cristologici, mentre nei bordi - ora incompleti - figurano busti di santi entro quadrilobi più piccoli; un'iscrizione reca il nome del donatore, il vescovo Federico di Leibnitz (1315-1338).Un a. molto simile ricamato in seta su fondo oro, conservato a Tolosa, è anch'esso decorato con due file di quadrilobi (qui peraltro uniti da nodi) con scene cristologiche nel registro superiore ed episodi relativi a vari santi, tra i quali s. Francesco nell'atto di ricevere le stimmate, in quello inferiore; la gamma delle possibili composizioni è ancora ampliata dall'a. di Berna (Bernisches Historisches Mus.), proveniente dal monastero di Königsfelden e donato dal conte Alberto II d'Asburgo (m. nel 1358), ove figurano sette elaborate scene pittoriche della Vita di Cristo, con al centro la Crocifissione, separate tra loro da strette strutture a forma di torre. La sottile e semplice striscia di stoffa alla sommità indica che in origine all'a. era connesso, secondo una soluzione probabilmente assai comune, un panno da altare con un bordo decorato.Sebbene negli inventari siano elencati diversi a. in opus anglicanum, nessuno di essi ci è pervenuto integro; solo un frammento raffigurante scene della Vita di Cristo (Londra, British Mus.) è di misura e di scala tali da indurre a pensare che un tempo abbia fatto parte di un a. di questo tipo.In Italia rimangono alcuni a. ricamati gotici di straordinaria bellezza, due dei quali conservati ad Anagni (Tesoro del Duomo). Il primo in seta su un fondo d'oro rappresenta la Crocifissione e un pellicano, con girali di vite che si sviluppano a destra e a sinistra e che racchiudono medaglioni con la Vergine, gli apostoli e i profeti. L'altro a., in migliori condizioni di conservazione, è diviso in due zone da un fregio fogliato; in quella superiore, sotto archi trilobi, è raffigurata la Vergine in trono, mentre in quella inferiore appaiono la Crocifissione con la Vergine e s. Giovanni, e tre scene delle vite di s. Pietro a destra e di s. Paolo a sinistra. I due a. potrebbero risalire ai primissimi anni del sec. 13°, poiché sembra fossero già in uso quando papa Bonifacio VIII (1294-1303) visitò la cattedrale.Un superbo a., firmato da Jacopo di Cambio e datato 1336 (Firenze, Mus. degli Argenti), presenta al centro, sotto un ampia arcata, una Incoronazione della Vergine circondata da angeli musicanti, mentre su ciascun lato figurano sette angeli entro un'arcata poggiante su colonne tortili e nei pennacchi degli archi angeli a mezzo busto. Il tutto è racchiuso da un bordo con un fine fregio di acanto, animato da un delicato disegno di uccelli.Nel sec. 15° la concezione compositiva dell'a. cambiò radicalmente. Invece di essere organizzate in aree ben definite, separate e incorniciate da elementi architettonici, le diverse figurazioni vennero di norma fuse tra loro, all'interno di composizioni ampie e unificate. In Francia, per es., in un a. proveniente da Noyelles e ora conservato a Lilla, l'intera area è occupata dall'Annunciazione, nella quale le due grandi figure inginocchiate dell'angelo e di Maria, separate da un vaso di gigli e da un nastro con una iscrizione, sono campite su un fondo blu arricchito da motivi fogliati simmetricamente disposti, quasi come stemmi araldici. Un altro a., conservato nella cattedrale di Valenza, presenta numerose scene della Passione di Cristo fuse in un'unica affollata figurazione narrativa, che inizia a destra con il Trasporto della Croce, prosegue in uno sviluppo continuo fino alla scena centrale del Calvario e poi alla Sepoltura, che conclude a sinistra il racconto. Si tratta peraltro di una soluzione ormai decisamente estranea alla tradizione medievale, preannunciante se mai tipologie caratteristiche di arazzi pertinenti a epoche relativamente tarde.
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