Asquith, Anthony
Regista cinematografico inglese, nato a Londra il 9 novembre 1902 e morto ivi il 21 febbraio 1968. Figlio del conte Herbert H. Asquith (primo ministro per il Partito liberale dal 1908 al 1916), fu negli anni Trenta e Quaranta il più importante regista inglese, accanto ad Alfred Hitchcock. Colto e raffinato, seppe combinare con grande maestria un impianto drammaturgico e scenico legato al teatro con sinuosi e calibrati movimenti della macchina da presa, creando spesso inquadrature di gusto onirico e straniante. Nel ricorrente rapporto tra accurato impianto teatrale e acuto sguardo cinematografico, importante risulta il ruolo ricoperto dall'ambientazione, spesso d'epoca, e dagli interpreti, abitualmente di grande livello, da Leslie Howard a Michael Redgrave, da Laurence Olivier a Dirk Bogarde, fino ai cast all stars degli ultimi film. Nel 1951 vinse l'Orso di bronzo al Festival di Berlino per The Browning version (1951; Addio Mr. Harris!).
Educato nelle università di Winchester e, tra il 1921 e il 1925, di Oxford, nel 1925 fu tra i fondatori della London Film Society e l'anno seguente si recò in visita a Hollywood su invito di Douglas Fairbanks e Mary Pickford. Nel 1927 fu chiamato come assistente del film Boadicea di Sinclair Hill, scrisse la sua prima sceneggiatura e la diresse con il titolo Shooting stars. In epoca di passaggio dal muto al sonoro realizzò Underground (1928) e A cottage on Dartmoor (1930) e anche in questi casi, come pure successivamente, fu autore della sceneggiatura. Nel 1931 si affermò con Tell England, ricostruzione della tragica spedizione britannica del 1915 a Gallipoli, notevole per l'uso contrappuntistico del rapporto tra sonoro e visivo. Un rapporto sul quale A. pubblicò un saggio (The tenth muse climbs Parnassus, in "Penguin film review", 1946, 1; trad. it. in "La critica cinematografica", 1947, 6). Dopo The lucky number (1933) e Moscow nights (1935, tratto da P. Benoît e con Laurence Olivier), nel 1938 girò una delle sue opere più importanti, Pygmalion (Pigmalione, da G.B. Shaw). Un film paradigmatico dello stile e dei temi trattati dal regista. Così, l'elegante appartamento del professor Higgins (Leslie Howard) ‒ come pure gli altri ambienti alto-borghesi ‒ risulta marcatamente connotato come il luogo della finzione e della costruzione di un personaggio (Eliza Doolittle); di conseguenza gli esperimenti di Higgins su suono, voce e fonetica acquistano una sottile valenza autoriflessiva. Ma questi spazi, i comportamenti e le psicologie sono anche indagati in modo realistico e con grande acume; con ironia ne viene smascherata la falsità, ma nello stesso tempo ‒ anche grazie a Leslie Howard ‒ si avverte la fascinazione dell'intellettuale-dandy, che da ultimo cede all'amore. L'opera che seguì, French without tears (1939), confermò la vivace incisività dello sguardo di A. nella rappresentazione dei caratteri e della mentalità inglesi, avviando una lunga collaborazione con il drammaturgo e sceneggiatore Terence Rattigan, da una cui pièce il film era stato tratto.La produzione di A. procedette con ritmo piuttosto serrato, annoverando titoli di un certo rilievo, quali Fanny by gaslight (1944; Il mio amore vivrà), The Winslow boy (1948; Tutto mi accusa), The woman in question (1950; Donna nel fango), The Browning version. La moltiplicazione del punto di vista e l'uso del flashback in The woman in question, la mobilità della macchina da presa e il suo stretto rapporto con i personaggi (in The Browning version), ma anche la più classicheggiante costruzione di The Winslow boy, esemplare nei tempi e nei ritmi di evoluzione della vicenda, sono tutte conferme di una notevole sapienza di metteur en scène. Prima di iniziare una fase sostanzialmente declinante, A. girò una delle sue opere migliori, quasi a creare un ideale pendant con Pygmalion: The importance of being Earnest (1952; L'importanza di chiamarsi Ernesto) da O. Wilde. Rispetto a Pygmalion la dimensione teatrale è più evidente, tanto che il film inizia con l'alzarsi del sipario sulla casa di Earnest (Michael Redgrave) e tanto più che lo spirito wildiano, perfettamente restituito, prevede una continua e marcata affettazione teatrale, un ritmo e una qualità dei dialoghi ben sostenuti da un cast di notevole valore. Dopo questa performance A. non ritrovò più lo smalto di un tempo, anche se, tra la dozzina di titoli realizzati prima della morte, meritano di essere citati almeno Carrington, V.C. (1954; Per una questione di principio), Orders to kill (1958; Ordine di uccidere), Libel! (1959; Il diavolo nello specchio). Negli anni Cinquanta sono poi da segnalare le regie televisive dei balletti della celebre coppia Margot Fonteyn-Rudolph Nureyev, alle quali si può accostare il documentario An evening with the Royal Ballet del 1963. In quello stesso anno A. girò il suo penultimo film, The V.I.P.s (International Hotel), in cui, come nel successivo The yellow Rolls-Royce (1965; Una Rolls-Royce gialla), affidò a cast internazionali il compito di lasciare agli spettatori un testamento dal quale ancora emergono, qua e là, una delicata melanconia e l'arguzia del suo sguardo.
P. Noble, Anthony Asquith, London 1951.
R. Durgnat, A mirror for England, London 1970.
R. Kalish, Filmed theatre: the importance of being Asquith, in "Thousand eyes magazine", November 1975.
R.J. Minney, The films of Anthony Asquith, New York 1976.