Quinn, Anthony (propr. Antonio Rudolfo Oaxaca)
Attore cinematografico messicano, naturalizzato statunitense nel 1947, nato a Chihuahua il 21 aprile 1915 e morto a Boston il 3 giugno 2001. Solido e longevo interprete dalla presenza fisica imponente, seppe passare da ruoli di supporto, basati esclusivamente sul suo aspetto 'esotico' ‒ che lo portò a impersonare i tipi etnici più diversi ‒ a prove più impegnative da protagonista e attore drammatico. Nel corso della sua carriera vinse due premi Oscar come attore non protagonista, nel 1953 per Viva Zapata! (1952) di Elia Kazan e nel 1957 per Lust for life (1956; Brama di vivere), kolossal biografico su V. van Gogh diretto da Vincente Minnelli.
Di madre messicana e padre irlandese, a quattro anni si trasferì con la famiglia a Los Angeles, dove frequentò la scuola pubblica. Successivamente svolse i lavori più vari e nello stesso tempo iniziò a recitare entrando a far parte del Federal Theatre Project. Giunto a Hollywood, girò tre film come comparsa, senza nemmeno comparire nei titoli. Messo sotto contratto dalla Paramount, fu un guerriero Cheyenne in The plainsman (1937; La conquista del West) di Cecil B. DeMille, destinato a diventare suo suocero l'anno seguente, quando Q. sposò Katherine, la figlia adottiva del regista (da cui divorziò nel 1965). Sempre DeMille lo diresse nuovamente in The buccaneer (1938; I filibustieri), di cui Q. vent'anni più tardi, nella sua unica prova come regista, avrebbe girato il remake (I bucanieri), peraltro prodotto dallo stesso DeMille. Nel 1939 uscì il kolossal western Union Pacific (La via dei giganti), in cui DeMille narra l'epica costruzione della linea ferroviaria tra New York e la California.
In seguito Q. apparve in un gran numero di film, sempre in ruoli di contorno fortemente caratterizzati, ma via via più incisivi, come lo sceicco arabo Mullay Kassim nella divertente commedia Road to Morocco (1942; Avventura al Marocco) di David Butler, il leggendario capo indiano Crazy Horse di They died with their boots on (1942; La storia del generale Custer) di Raoul Walsh, uno dei tre stranieri ingiustamente accusati del delitto in The ox-bow incident (1943; Alba fatale), tragico e innovativo western 'realista' di William A. Wellman, che lo diresse nuovamente ‒ nel ruolo dell'indiano cheyenne Yellow Hand ‒ in Buffalo Bill (1944). Q. ebbe finalmente, al fianco di John Wayne, un ruolo da coprotagonista nel duro dramma bellico Back to Bataan (1945; Gli eroi del Pacifico) di Edward Dmytryk, ma la prima svolta importante della sua carriera venne alcuni anni dopo, grazie al ruolo di Eufemio, fratello del capo rivoluzionario messicano Emiliano Zapata ‒ interpretato da Marlon Brando ‒ di Viva Zapata! diretto da Kazan e sceneggiato da John Steinbeck. Sempre Kazan lo fece debuttare a Broadway nella parte di Stanley Kowalski in A streetcar named desire di T. Williams. Q. offrì quindi una delle sue prove più rimarchevoli ‒ accanto a Giulietta Masina ‒ nel ruolo del brutale forzuto circense Zampanò in La strada (1954) di Federico Fellini, e fu Antinoo nell'Ulisse (1954) di Mario Camerini.
Dopo aver consolidato il suo successo con l'interpretazione di Paul Gauguin in Lust for life (nel film appare in totale per soli otto minuti), recitò al fianco di Gina Lollobrigida (la zingara Esmeralda) nella parte del campanaro gobbo Quasimodo di Notre-Dame de Paris (1956) di Jean Delannoy, cui fecero seguito altri ruoli interessanti: ottenne una nomination all'Oscar interpretando il facoltoso allevatore italoamericano nel melodramma Wild is the wind (1957; Selvaggio è il vento) di George Cukor, accanto ad Anna Magnani; fu poi cacciatore eschimese in Ombre bianche, noto anche come The savage innocents (1960) di Nicholas Ray e partigiano greco nel movimentato kolossal bellico The guns of Navarone (1961; I cannoni di Navarone) di J. Lee Thompson. Dopo essere risultato perfetto come protagonista di Barabba (1961) per Richard Fleischer, impersonò un peso massimo al tramonto in Requiem for a heavyweight (1962; Una faccia piena di pugni) di Ralph Nelson, e il capo beduino Auda abu Tayi nello spettacolare Lawrence of Arabia (1962; Lawrence d'Arabia) di David Lean. Ottenne una nuova nomination all'Oscar come miglior attore protagonista per la sua interpretazione in Alexis Zorbas, noto anche come Zorba the Greek (1964; Zorba il greco), folcloristico successo internazionale diretto da Michael Cacoyannis e ruolo che vent'anni dopo Q. avrebbe nuovamente ripreso sui palcoscenici di Broadway.
La sua carriera, anche a causa di un attivismo forsennato e di una crescente incapacità nella scelta delle parti (spesso assolutamente improbabili) e delle produzioni (spesso pasticciate e ibride) andò incontro a un rapido declino e si dissolse in partecipazioni di routine. Fu così un avventuriero fuggiasco scambiato per un prete in Guns for San Sebastian (1968; I cannoni di San Sebastian) di Henri Verneuil, un prelato russo che diventa papa nel fantapolitico The shoes of the fisherman (1968; L'uomo venuto dal Kremlino ‒ Nei panni di Pietro) di Michael Anderson, e un vinaio ubriacone in The secret of Santa Vittoria (1969; Il segreto di Santa Vittoria), insulsa commedia bellica di Stanley Kramer ambientata in un paesino del Piemonte. Tra gli altri film interpretati in Italia, L'eredità Ferramonti (1976) di Mauro Bolognini e Bluff storia di truffe e di imbroglioni (1976) di Sergio Corbucci, mentre fu Caifa nella serie televisiva Gesù di Nazareth (1977) di Franco Zeffirelli. Impersonò anche Aristotele Onassis (nel film Theo Tomasis) nel disastroso The Greek tycoon (1978; Il magnate greco) di Thompson. Negli anni Ottanta si dedicò soprattutto alla televisione, diradando progressivamente i suoi impegni nel cinema, dove fu però un inverosimile Stradivari (1988) per Giacomo Battiato. Si riaffacciò in una superproduzione hollywodiana come proprietario terriero messicano nel violento melodramma Revenge (1990; Revenge ‒ Vendetta), clamoroso insuccesso commerciale, negli Stati Uniti, di Tony Scott. Diede invece una misurata ed efficace interpretazione in un piccolo ruolo di Jungle fever (1991) diretto da Spike Lee, e fu il maturo spasimante della madre del protagonista (Maureen O'Hara) nella commedia Only the lonely (1991; Cara mamma, mi sposo) di Chris Columbus, il boss Masseria in Mobsters, noto anche come The evil empire (1991; L'impero del crimine), gangster film di Michael Karbelnikoff, nonché Don Pedro Aragón, vecchio patriarca di una famiglia di viticoltori della Valle di Nape in A walk in the clouds (1995; Il profumo del mosto selvatico) di Alfonso Arau, remake di Quattro passi tra le nuvole (1942) di Alessandro Blasetti.
Negli anni successivi Q. apparve quasi esclusivamente in produzioni televisive, dedicandosi ad attività umanitarie e ai suoi tredici figli. Nel 1972 era uscita l'autobiografia dal titolo The original sin.
I. Johnson, Anthony Quinn, in "Films and filming", February 1962.
A.H. Marill, The films of Anthony Quinn, Secaucus 1975.
G. Ball, Anthony Quinn, München 1985.
M. Amdur, Anthony Quinn, New York 1993.