anti-
anti- [dalla prep. gr. ἀντὶ «contro», già usata con funzione prefissale ἀντι-]. – Tale prefisso, che esprime il significato di opposizione, contrarietà, produce formazioni derivate che assumono valore contrario a quello della loro base lessicale, sia quando si tratta di sostantivi (antipersonaggio, antistereotipo), sia di aggettivi (antiagonistico, antibipolare, anticoncorrenziale). Talvolta può essere premesso a un sostantivo e anche all’aggettivo correlato (antiliberismo e antiliberistico, antinfluenza e antinfluenzale, antiomofobia e antiomofobico, antipandemia e antipandemico), dando luogo a formazioni che hanno il medesimo valore semantico. Si unisce anche a basi nominali composte (anti-lavoro nero, anti-mucca pazza, anti-pubblico impiego), a forme di origine dialettale o regionale entrate a far parte del lessico d’uso comune (antinciucio, anti-‘ndrangheta, antipizzo), o a parole di origine straniera (antibiotech, antikamikaze, antispyware, antistalking, antiwriter): in quest’ultimo caso, è possibile anche ipotizzare che l’intera formazione derivata sia entrata nell’uso italiano come forestierismo. Si premette con frequenza anche a sigle e acronimi (anti-G8, anti-OGM, anti-OPA, anti-SLA, anti-TAV). L’impiego di prefissi mantiene abitualmente inalterate le funzioni grammaticali e sintattiche proprie delle basi lessicali alle quali si aggiungono, ma è stata segnalata in forte crescita la tendenza a premettere alcuni prefissi, tra i quali anti-, a basi nominali dalle quali si ottengono formazioni derivate, perlopiù invariabili, che hanno funzione aggettivale (antiattentati, antibanche, antieuro, antievasione, antileucemia, antipedofili e antipedofilia, antiplagio).