ANTIBIOTICI
(App. II, I, p. 199; III, I, p. 104; IV, I, p. 131)
Premessa. − Negli ultimi lustri nei paesi industrializzati si sono verificati molti cambiamenti nel campo infettivologico e quindi nel fabbisogno di antibiotici. Sono infatti emerse patologie nuove (basti pensare all'AIDS, alla malattia dei legionari, ecc.) ma soprattutto hanno acquisito particolare importanza le cosiddette infezioni nosocomiali od ospedaliere e le infezioni nei soggetti immunocompromessi o sottoposti a terapia immunodepressiva (per es. con antiblastici, con corticosteroidi, ecc.). A tutto questo si aggiungono i problemi posti dai microrganismi che sempre più numerosi divengono resistenti ai vecchi e purtroppo anche ai nuovi antibiotici. A questi problemi ha fatto fronte, almeno in parte, lo sviluppo della ricerca chimico-farmaceutica che ha realizzato la sintesi di sempre nuovi a. o addirittura di nuove classi di a. con caratteristiche assai interessanti.
Se da una parte la scoperta di sempre nuove molecole ha messo a disposizione del medico un'ampia gamma di possibilità terapeutiche, dall'altra ha posto lo stesso di fronte a tutta una serie di problemi concernenti la scelta del farmaco. Questa dovrà essere sempre dettata dalla particolare situazione di ogni singolo paziente, ma per lo più viene attuata in linea generale facendo cadere la scelta su uno di quei composti che, per l'ampio spettro di attività e il basso grado di tossicità, vengono considerati come a. di primo impiego. In casi particolari dovuti alle condizioni del paziente (allergie accertate, alterazioni funzionali di vari organi o apparati, ecc.) si può rendere però necessario ricorrere ad a. alternativi o di seconda scelta. Occorre comunque sempre tener presenti i rischi di un impiego incontrollato e senza vera necessità degli a., e quindi anche di quelli di recentissima sintesi, che porta di conseguenza alla diffusione di ceppi batterici multiresistenti agli antibiotici.
In questi ultimi anni sono stati dunque introdotti in terapia un gran numero di nuovi a. rappresentati sia da modifiche di molecole già conosciute, sia da sostanze di nuova identificazione. Tra gli a. costituiti da modifiche di molecole già conosciute sono da annoverare tutta una serie di composti β−lattamici (detti anche lattamine, perché nel loro nucleo chimico fondamentale a struttura biciclica, l'anello lattamico è componente costante) derivati dall'acido 6-aminopenicillanico (le cosiddette nuove penicilline) o dall'acido 7-aminocefalosporanico (le cefalosporine delle nuove generazioni).
Penicilline. − Per quanto riguarda le penicilline, ai primi composti naturali rappresentati dalla penicillina G e dalla penicillina V, si è andata aggiungendo tutta una lunga serie di penicilline semisintetiche ottenute dalla sintesi di acido 6-aminopenicillanico, con catene laterali modificate in modo vario.
Un primo gruppo di queste penicilline semisintetiche è rappresentato da molecole antibiotiche con uno spettro simile a quello della penicillina originaria ma caratterizzate da una notevole acido-resistenza che ne consente la somministrazione per via orale (feneticillina, propicillina, fenbenicillina, azidocillina, clometocillina).
Un secondo indirizzo seguito nella messa a punto di nuove penicilline, è stato quello di ottenere a. dotati di notevole resistenza alle β−lattamasi batteriche; in questo gruppo sono da ricordare, oltre alla meticillina, le isossazolilpenicilline (oxa-, cloxa-, dicloxa- e flucloxacillina, somministrabili anche per os) e la nafcillina.
Un altro sviluppo d'importanza fondamentale nella messa a punto di penicilline semisintetiche è stato quello della realizzazione di molecole antibiotiche dotate di uno spettro di attività assai più ampio di quello della penicillina originaria, come nel caso dell'ampicillina, un α−aminoderivato della benzilpenicillina, che è attiva, pur mantenendo la sua azione sui cocchi Gram-positivi, anche su numerosi batteri Gram-negativi.
Questa ampliata attività delle nuove penicilline ha trovato infine un particolare sviluppo in alcune nuove molecole (per es. le acilureidopenicilline) le quali, pur possedendo una certa attività verso i Gram-positivi, hanno uno spettro di azione indirizzato verso alcune particolari specie Gram-negative, ma soprattutto contro Pseudomonas aeruginosa.
Cefalosporine. − I primi composti delle cefalosporine (vastis sima famiglia di a. β−lattamici) erano caratterizzati da proprietà an tibatteriche assai simili. Si tratta delle cosiddette cefalosporine di prima generazione (cefalotina, cefapirina, cefradina, cefazolina, cefalessina, cefadrossile) che risultano molto attive verso i batteri Grampositivi (soprattutto stafilococchi e streptococchi), inattive contro Pseudomonas, Haemophilus e gran parte delle Enterobacteriacae (a eccezione della cefazolina). Sono in parte resistenti alle β−lattamasi dei Gram-positivi (la cefalotina è però molto resistente alle β−latta masi stafilococciche), sono però sensibili alle β−lattamasi dei batteri Gram-negativi.
Nell'ambito delle cefalosporine di prima generazione, sono assorbibili attraverso il tratto gastrointestinale e quindi somministrabili per bocca: cefalessina, cefradina, cefaloglicina, cefadrossile. Con le cefalosporine di seconda generazione sono stati introdotti in terapia composti caratterizzati dall'essere molto attivi sui batteri Gram-negativi e Haemophilus, meno attivi verso i Gram-positivi rispetto alle cefalosporine di prima generazione e di nessuna attività contro Pseudomonas. Posseggono però una notevole stabilità verso le β−lattamasi dei Gram-negativi.
Delle cefalosporine di seconda generazione fanno parte il cefaclor (somministrabile per via orale), il cefonicid, il cefamandolo, il cefuroxima, il cefmetazolo e la cefossitina, quest'ultima da segnalare per la sua azione contro Bacteroides fragilis e altri anaerobi. Le cefalosporine di terza generazione comprendono a loro volta composti con uno spettro più ampio verso i Gram-negativi (incluso Pseudomonas) e resistenza alle β−lattamasi. Di questo gruppo fanno parte: cefotassime, cefoperazone, ceftazidime, cefsulodin, ceftriaxone, ceftizossime, cefotetan, moxalactam. Fra questi a. il cefotetan e il ceftriaxone, al pari del cefonicid già menzionato fra le cefalosporine di seconda generazione, hanno un'emivita particolarmente lunga tanto da essere classificati come cefalosporine long acting.
Fra questi a. ve ne sono due di seconda generazione (cefossitina e cefmetazolo) e uno di terza generazione (cefotetan) classificati anche come cefamicine, composti derivati da batteri del genere Streptomyces e non da muffe, e caratterizzati dalla presenza di un gruppo α−metossilico in C7.
A fianco di tutti questi a. β−lattamici derivati dall'acido 6-aminopenicillanico o dall'acido 7-aminocefalosporanico, vi sono alcuni nuovi composti, di recente introduzione in terapia, non classificabili in senso stretto come penicilline né come cefalosporine. Si tratta in effetti di composti nei quali i nuclei fondamentali dell'acido 6-aminopenicillanico e dell'acido 7-aminocefalosporanico hanno subito una vera e propria modificazione strutturale. In alcuni casi, la struttura e l'uso di queste nuove betalattamine sono stati previsti unicamente in funzione della loro azione inibente verso le β−lattamasi batteriche. Esempio di questi ultimi composti sono l'acido clavulanico e il sulbactam, dotati di per sé di scarsa attività antibatterica, ma capaci di proteggere altri a. betalattamici dall'azione inattivante delle β−lattamasi batteriche. Di conseguenza l'acido clavulanico e il sulbactam non vengono usati in terapia da soli, ma associati a un altro a. (per es. amoxicillina), dalla cui attività in definitiva dipende l'azione antibatterica. In altri casi si è cercato di mettere a punto composti indirizzati per la loro azione selettiva al trattamento di infezioni causate da determinate specie batteriche.
Esempio tipico di betalattamina a spettro selettivo è l'aztreonam, che rappresenta il primo e per ora l'unico a. monobattamico che sia stato sperimentato e introdotto in terapia. Esso è infatti il prototipo di una classe di betalattamine monocicliche prive dell'anello tiazolidinico e costituite dal solo anello betalattamico. L'attività prevalente di questo composto, che va somministrato per via parenterale, è diretta soprattutto nei confronti di varie specie di microrganismi Gram-negativi. L'aztreonam è attivo anche contro Pseudomonas e Neisseria, ma è completamente inattivo contro Gram-positivi e anaerobi. Una categoria di a. β−lattamici di particolare interesse è costituita dai carbapenemici, il cui capostipite è la tienamicina, prodotta da Streptomyces cattleya. La tienamicina è un a. con amplissimo spettro d'azione, attivo sui batteri Grampositivi (inclusi gli stafilococchi meticillinoresistenti), Gram-negativi (inclusa Pseudomonas aeruginosa), anaerobi (incluso Bacteroides fragilis).
Un derivato interessante della tienamicina si è rivelato l'imipenem che presenta nei confronti del composto originario il vantaggio di una maggiore attività e stabilità.
A causa dell'idrolisi che l'imipenem subisce ad opera dell'enzima deidropeptidasi I a livello dei tubuli renali con formazione di metaboliti più tossici e meno attivi, si rende necessaria la somministrazione di questo a. in associazione con il cilastatin sodico, un inibitore specifico della deidropeptidasi. È così possibile ottenere concentrazioni urinarie elevate dell'a. in forma attiva senza modificarne la farmacocinetica.
Antibiotici glicopeptidici. − Sono costituiti fondamentalmente dalla vancomicina e dal nuovo a. teicoplanina. Quest'ultimo possiede lo stesso spettro d'azione della vancomicina, ma è molto più attivo sugli enterococchi; è efficace nel trattamento di coliti pseudomembranose da Clostridium difficile; è somministrabile in unica dose giornaliera ed è meno tossico della vancomicina.
Chinolonici. − Un gruppo di chemioterapici antibatterici di particolare importanza e in significativa evoluzione è infine quello dei chinolonici, composti di sintesi il cui primo rappresentante è l'acido nalidixico che, insieme all'acido oxolinico e all'acido piromidico, costituisce la prima generazione di chinoloni. Si tratta di sostanze con uno spettro di attività diretto prevalentemente verso specie batteriche Gram-negative aerobiche. A causa delle loro caratteristiche di farmacocinetica (scarsa diffusibilità nei tessuti e rapida eliminazione renale con alta concentrazione nelle urine), questi composti vengono impiegati con successo nelle infezioni delle vie urinarie.
A questa prima generazione ne è seguita una seconda, comprendente l'acido pipemidico, il cinoxacin, la flumechina, il rosoxacin e l'acrosoxacin. In questa seconda generazione i composti chinolonici presentano un allargamento dello spettro d'azione (che viene a includere anche Pseudomonas e alcuni batteri Gram-positivi) e caratteristiche farmacologiche migliorate sia per quanto riguarda la loro trasformazione metabolica nell'organismo che i loro effetti collaterali. Un ulteriore miglioramento si è avuto infine con la terza generazione di chinolonici, rappresentata da composti fluorurati (ciprofloxacin, perfloxacin, norfloxacin, ofloxacin, enoxacin). In questi composti, a una ancor migliore tollerabilità e farmacocinetica si accompagna un allargamento significativo dello spettro d'azione, in quanto sono attivi su Gram-positivi, Gram-negativi (inclusa Pseudomonas aeruginosa), su anaerobi (varia da farmaco a farmaco), su Chlamydia. Ne consegue un largo impiego terapeutico di queste sostanze nelle infezioni da germi sensibili a carico di vari apparati e sistemi. Va notato però che questo tipo di farmaci è soggetto a un'eccessiva concentrazione nei tessuti in accrescimento, e pertanto l'impiego di queste sostanze nei pazienti in età pediatrica va evitato o almeno limitato ai casi di estrema necessità, perché sembrano danneggiare le cartilagini di coniugazione.
Caratteristico per tutti i chinolonici è il meccanismo d'azione antibatterico prettamente battericida.
Valutazione in vitro della sensibilità dei microrganismi ai chemioantibiotici. − Presupposto indispensabile per attuare una terapia mirata è conoscere il livello di attività dell'agente antibatterico nei confronti del germe causa dell'infezione. A tal fine occorre poter contare su test microbiologici attendibili e standardizzati che consentano di determinare la sensibilità del germe isolato ai diversi chemioantibiotici.
In passato si ricorreva generalmente a una tecnica definita antibiogramma, che veniva attuata coltivando in terreno solido la specie batterica isolata, in presenza di concentrazioni predeterminate di vari chemioantibiotici. Il rilievo di caratteristici aloni d'inibizione permetteva di classificare i batteri come resistenti, sensibili o parzialmente sensibili. Tale indicazione rappresentava indubbiamente una preziosa guida per una terapia mirata, ma non permetteva però di determinare la più piccola concentrazione di a. capace d'inibire la moltiplicazione del microrganismo. Tale dato d'altra parte è molto importante per adattare la terapia al singolo caso, tenendo anche conto delle caratteristiche farmacologiche della sostanza.
Si sono andati così diffondendo negli ultimi anni dei sistemi automatizzati che permettono di saggiare contemporaneamente, e con una precisione maggiore rispetto al classico antibiogramma, la sensibilità di un determinato microrganismo ai chemioantibiotici. In tutti questi sistemi la resistenza all'a. viene evidenziata dalla crescita batterica il cui rilievo è affidato a una lettura turbidimetrica. I risultati ottenuti vengono espressi sotto forma di Minima Concentrazione Inibente (MIC), che rappresenta appunto la più bassa concentrazione del farmaco capace d'inibire il germe in esame. Queste metodiche vengono tra l'altro attuate con una tecnica ben standardizzata che ne consente l'impiego in qualsiasi laboratorio, con risultati affidabili e confrontabili tra loro. In alcuni di questi sistemi inoltre sono associate una serie di prove colturali e biochimiche che consentono l'identificazione del microrganismo, effettuate contemporaneamente al rilievo della sensibilità ai chemioantibiotici.
Bibl.: L.P. Garrod, H. P. Lambert, F. O'Grady, Antibiotic and chemotherapy, Edimburgo 1981; L. S. Goodman, A. Gilman, The pharmocological basis of thera peutics, New York 1985; D. Bassetti, Chemioterapici antinfettivi e loro impiego razionale, Roma 1986; V. Lorian, Antibiotics in laboratory medicine, Baltimora 1986; P. K. Peterson, J. Verhoef, The Antimicrobial agents annual, voll. 1-3, Amsterdam 1988.