ANTIBRACCIO (lat. antibrachium, antebrachium; fr. avant-bras; sp. antebrazo; ted. Vorderarm; ingl. fore-arm)
È la parte dell'arto superiore compresa tra il braccio e la mano. E' detto anche avambraccio.
L'antibraccio presenta forma di cono un po' appiattito in direzione anteroposteriore, con la base in alto e con l'apice, tronco, in basso; il grado dell'appiattimento è minore negl'individui grassi; il tessuto adiposo è più abbondante nella donna e nel bambino, che hanno perciò l'antibraccio più arrotondato.
Per descrivere la morfologia dell'antibraccio, questo deve essere considerato in supinazione (cioè quando il palmo della mano è rivolto in avanti) e allora vi si distinguono, una faccia anteriore, una faccia posteriore e due margini: laterale (esterno, radiale) e mediale (interno, ulnare). Se l'antibraccio sta in pronazione (cioè quando il palmo della mano è rivolto indietro), la parte inferiore della faccia anteriore guarda posteriormente, e la parte superiore internamente.
La faccia anteriore e superiormente arrotondata e in basso pianeggiante. In alto presenta la parte inferiore dei solchi bicipitali che scendono dal braccio e che quivi convergono uno verso l'altro per unirsi e così delimitano un angolo in forma di V, aperto in alto e con l'apice in basso; tra i due solchi è una rilevatezza prodotta dal tendine del muscolo bicipite del braccio e dalla estremità inferiore del muscolo brachiale posta sotto al tendine del bicipite: a questa rilevatezza si dà il nome di sporgenza bicipitale; anche esternamente e inferiormente al solco bicipitale laterale, e internamente ed inferiormente al solco bicipitale mediale, vi è una rilevatezza: la prima, costituita dai muscoli epicondiloidei, viene chiamata sporgenza epicondiloidea, la seconda, dai muscoli epitrocleari, sporgenza epitrocleare.
Nella parte inferiore della faccia anteriore si vedono, specialmente negl'individui magri, rilievi in forma di cordoni decorrenti parallelamente all'asse longitudinale dell'antibraccio, prodotti da tendini che, considerati in direzione lateromediale, sono: il tendine del muscolo brachioradiale (muscolo lungo supinatore) e il tendine del muscolo flessore radiale del carpo (muscolo grande palmare): tra questi due tendini è un solco nel quale decorre l'arteria radiale, coperta soltanto dalla pelle, dal tessuto sottocutaneo e dalla fascia, in rapporto posteriormente, prima col muscolo pronatore quadrato e, al di sotto, con la faccia anteriore del radio: in questo tratto se ne possono apprezzare con le dita chiaramente le pulsazioni; poi seguono il tendine del muscolo palmare lungo (muscolo palmare gracile) ed il tendine del muscolo flessore ulnare del carpo (muscolo cubitale anteriore); per l'interstizio posto tra il tendine del muscolo flessore ulnare del carpo ed il tendine più interno del muscolo flessore superficiale delle dita passa l'arteria ulnare, che è posta più profondamente della arteria radiale: perciò le sue pulsazioni si sentono molto meno di quelle della radiale.
La faccia posteriore dell'antibraccio è, come l'anteriore, tondeggiante superiormente e pianeggiante in basso; sulla parte mediana si riscontra una sporgenza lieve, a direzione longitudinale, prodotta dal muscolo estensore comune delle dita e dal muscolo estensore ulnare del carpo; in questa faccia, nella parte inferiore ed esterna, v'è un'altra sporgenza corta e bassa, costituita dal muscolo abduttore lungo del pollice e da quello estensore breve del pollice; una terza sporgenza trovasi nella parte interna della estremità inferiore di questa faccia, sporgenza prodotta dal capitello dell'ulna.
Il margine laterale dell'antibraccio è più grosso del mediale; per circa la metà superiore è molto voluminoso, costituito dal muscolo brachioradiale (muscolo lungo supinatore) e dal muscolo estensore radiale lungo del carpo (muscolo primo radiale esterno) non che dal muscolo estensore radiale breve del carpo (muscolo secondo radiale esterno). Sull'estremità inferiore del margine laterale si vede, in avanti, essendo l'arto in supinazione, la sporgenza del tendine del muscolo estensore lungo del pollice e, posteriormente, la sporgenza dei tendini dei muscoli abduttore lungo del pollice ed estensore breve del pollice; tra la prima e la seconda sporgenza trovasi una fossetta che si spinge anché nella parte laterale del dorso della mano e che è denominata tabacchiera anatomica, nel fondo della quale passa l'arteria radiale. Nell'estremità inferiore del margine laterale dell'antibraccio v'è una sporgenza prodotta dalla estremità inferiore del radio.
L'antibraccio è costituito dalla pelle, dal tessuto sottocutaneo, dalla fascia antibrachiale, da muscoli, da vasi sanguiferi e linfatici, da nervi e da due ossa.
La fascia antibrachiale è una guaina fibrosa che involge i muscoli. Questi sono numerosi e costituiscono la parte principale dell'antibraccio, al quale dànno la forma conica, perché in alto sono carnosi, molto voluminosi, e decrescono gradatamente a misura che discendono per continuare nei tendini; sono raccolti in tre gruppi fondamentali, cui vengono date la denominazioni di muscoli anteriori, muscoli laterali e muscoli posteriori. Le arterie principali sono tre: l'arteria radiale, l'arteria ulnare e l'arteria interossea, ciascuna delle quali è accompagnata da due vene (vene satelliti), che appartengono al gruppo delle vene profonde. Nel tessuto sottocutaneo decorrono le vene superficiali e i vasi linfatici superficiali, molto numerosi. Le vene superficiali, visibili attraverso la pelle in forma di striscie azzurre, salgono dalla mano verso il gomito e sono: la vena cefalica, la vena cefalica accessoria, la vena basilica, la vena mediana del gomito e le vene mediane dell'antibraccio. I nervi dell'antibraccio sono: il nervo mediano, il nervo radiale ed il nervo ulnare (nervo cubitale) e giurigono nell'antibraccio anche rami dei nervi muscolocutaneo (nervo brachiale cutaneo esterno, nervo perforante del Casseri) e del nervo cutaneo mediale dell'avambraccio (nervo brachiale cutaneo interno). Lo scheletro dell'antibraccio è costituito da due ossa: il radio, posto lateralmente, e l'ulna, posta medialmente.
L'antibraccio può mancare parzialmente o completamente per anomalia congenita del germe o per amputazione congenita; non raramente sull'apice del moncone si trovano delle appendici, che rappresentano rudimenti della mano o delle dita.
Una grave deformità dell'avambraccio è prodotta da un arresto di sviluppo di una o di entrambe le ossa componenti il suo scheletro: radio e cubito. I difetti del radio sono i più frequenti, spesso complicati dalla mancanza congenita del pollice, del relativo metacarpo, nonché delle ossa del carpo dal lato radiale e dei gruppi muscolari radiali (supinatore, muscoli proprî del pollice).
L'eziologia di queste deformità sembra risiedere in anomalie del germe di prima formazione o in aderenze amniotiche, di cui si trovano tracce sul moncone sotto forma di cicatrici cutanee, ovvero in difetti di spazio per il feto nella cavità uterina. Non eccezionalmente questo vizio congenito di forma può ripetersi in parecchi membri della stessa famiglia. Le manifestazioni cliniche del difetto del radio sono: abnorme cortezza dell'avambraccio, concavo dal lato radiale, mano valga. Le manifestazioni sono inverse nei casi di difetto del cubito.
Deformazioni acquisite simili dell'antibraccio sono date da ineguale sviluppo delle due ossa dell'avambraccio. Un esempio tipico di questa lesione è dato dall'arresto di sviluppo del radio per la perdita di funzione della sua cartilagine interepifisaria inferiore, conseguente a distacco epifisario traumatico od a lesioni osteomielitiche del radio.
Un'alterazione congenita, che provoca un disturbo notevole nella funzione dell'antibraccio, è la sinostosi radioulnare superiore, la quale dal punto di vista della filogenesi trova riscontro nella fusione tra radio e cubito, che si può notare in alcune specie di di Mammiferi e di Vertebrati inferiori.
Per effetto di questa anomalia le ossa dell'antibraccio rimangono in pronazione permanente, cioè nella posizione che hanno nei primordî dello sviluppo, essendo noto che la posizione di supinazione dell'avambraccio si acquista solo nella vita extrauterina. La lesione è spesso accoppiata alla lussazione anteriore congenita della testa del radio. Il metodo curativo che si è dimostrato più efficace per rimuovere il difetto funzionale conseguente a tale anomalia è la creazione di una neoartrosi nella diafisi radiale al disotto del punto di fusione delle due ossa, associata al trapianto del cubitale anteriore sul periostio della faccia anteriore del frammento distale del radio, che sostituisca la funzione supinatoria del bicipite (Galeazzi).
Una deformità e un'alterazione funzionale dell'antibraccio consistente nella perdita o nella limitazione del movimento di pronazione e di supinazione, possono conseguire alla frattura non ridotta o mal consolidata, o non consolidata, delle due ossa dell'avambraccio.
Nella cura di queste fratture, all'applicazione di apparecchi circolari rigidi, che per errore di tecnica risultano troppo ristretti o lo divengono per lo sviluppo impreveduto di vasti ematomi tra le carni dell'antibraccio, possono seguire alterazioni profonde dell'apparato muscolare e nervoso dell'avambraccio, le quali provocano disturbi talora gravissimi nella funzione della mano, che vanno descritti col nome di paralisi ischemica di Volkmann.
Dobbiamo accennare poi alle deformità dell'antibraccio per fratture intrauterine o traumatiche del radio o del cubito o di entrambe le ossa male consolidate, e che lasciano, oltre alla deformità, una limitazione o una diminuzione del movimento di rotazione dell'avambraccio.
Tra le lesioni traumatiche dell'antibraccio, assume particolare importanza la frattura dell'estremità inferiore del radio, conosciuta col nome di frattura di Colles. È una frattura trasversale dell'osso situata a 10-25 mm. sopra la linea articolare radiocarpea, che, per frequenza, rappresenta il 50% delle fratture dell'antibraccio. Avviene specialmente per cadute sul palmo della mano, ma si verifica altresì per un urto sulla mano libera, al quale meccanismo è dovuta, a cagione d'esempio, la frattura degli automobilisti, causata dal brusco ritorno undietro (contraccolpo) del manubrio.
Nella frattura tipica di Colles lo spostamento e la rotazione dei frammenti provocano una deformazione caratteristica della regione del polso, che venne paragonata al dorso di una forchetta (v. figura). Se per imperfetta riduzione della frattura la deformità persiste, essa può essere causa di notevoli disturbi nella funzione della mano, sotto forma di diminuzione di energia e di escursione dei movimenti, soprattutto di quelli di rotazione e di flessione.
L'antibraccio può essere deformato da incurvamenti rachitici delle ossa; generalmente l'avambraccio si presenta ricurvo con la concavità verso il lato flessorio dell'avambraccio stesso, fenomeno dovuto al predominio funzionale dei flessori.
Nell'adolescenza si sviluppa nell'antibraccio una deformità che porta il nome di deformità di Madelung, dal nome del medico che per il primo ne ha raccolte le caratteristiche in un quadro clinico. Questo deformità è caratterizzata da un'abnorme curvatura a concavità volo-ulnare del radio e da una lussazione del capitello cubitale verso il lato posteriore dell'antibraccio, e conseguente limitazione nell'escursione dei movimenti della mano.
Oscura ne è la patogenesi: secondo l'opinione accettata dalla maggioranza degli studiosi, essa sarebbe in rapporto col sovraccarico del lavoro articolare, che certi mestieri (stiratrici, lavandaie, tappezzieri, ecc.) impongono all'articolazione del polso, provocando un disturbo nella funzione osteogenetica della cartilagine interepifisaria inferiore del radio. Certamente però bisogna ammettere, oltre al fattore meccanico e professionale, una diminuzione predisponente della resistenza dell'osso alle cause nocive.
Per malattie della mano o della regione del polso, ovvero per traumi gravi può rendersi necessaria l'amputazione dell'antibrac. cio, che può essere eseguita con taglio circolare o con formazione di lembi, ma che deve essere la più conservativa possibile, data l'importanza estrema che il residuo di un moncone sufficientemente lungo ha per le funzioni della mano artificiale. Ai monconi dell'antibraccio fu con successo applicata la geniale conquista italiana della cineplastica e della cineprotesi Vanghetti. Un modello razionale di tali cineprotesi è quello di Pedrazzoli che con un dispositivo razionale e pratico trasforma il movimento di rotazione del moncone dell'avambraccio in movimento di presa.
Ai monconi dell'antibraccio non cinematizzati si applicano con reale successo le protesi lavorative passive, che costituiscono l'organo di trasmissione del movimento dal moncone all'utensile.
I modelli più razionali di tali protesi debbono poter essere saldamente fissati al moncone; essere robusti, semplici nei loro meccanismi; lasciare completa libertà di movimenti al moncone e al lavoratore; assicurare una presa solida e rapida degli utensili in tutti i piani dello spazio e con tutte le più ampie gradazioni nella loro fissazione, e infine non implicare utensili speciali. La soluzione migliore fu trovata dando all'impugnatura dell'utensile la forma della sfera (D'Adda, Galeazzi e Lollini).
La guerra ha purtroppo associato in alcuni invalidi la perdita delle due mani alla cecità, creando in questi infelici una disperata condizione di spirito, per non poter leggere la scrittura di Braille, perché la sensibilità cutanea localizzatrice di un contatto sul moncone dell'avambraccio, malgrado la più intensa educazione, non può riuscire a percepire distinto il fine rilievo dei punti costituenti le lettere di Braille.
Galeazzi ha reso possibile la soluzione del problema applicando al moncone dell'avambraccio un interruttore elettrico multiplo capace di ricevere le impressioni dei sei punti costitutivi delle lettere di Braille e di trasmetterle ad altrettanti punti cutanei della parete anteriore del torace, dove sono resi sensibili, sotto la forma di un leggiero e inoffensivo contatto elettrico, nelle stesse disposizioni reciproche che essi hanno nelle varie lettere di Braille.
Bibl.: P. Palagi, Sulla sinostosi radioulnare superiore, in Archivio di Ortopedia, XXIV (1907); G. Pedrazzoli, Mano artificiale prensile, in Bollettino delle Federazioni nazionali dei comitati di assistenza agli invalidi della guerra, 1916; G. D'Adda, Le protesi di lavoro, in Archivio di ortopedia, XXXIV (1917); R. Galeazzi e A. Lollini, Nouvelle prothèse de travail pur les mutilés du membre superieur, in Révue interalliée, 1918, n. 1; R. Galeazzi, Studio per un aparecchio di lettura per i ciechi mutilati delle mani, in Atti del XIV Congresso della Società italiana di ortopedia, 1923.