ANTICOMINTERN
. Patto politico firmato a Berlino dalla Germania e dal Giappone il 25 novembre 1936, in base al quale i due stati (secondo l'articolo 1) si impegnavano "a informarsi reciprocamente sulla attività dell'Internazionale comunista, a consigliarsi sulle misure difensive necessarie ed a porre in atto tali misure in stretta collaborazione".
Va notato, in via preliminare, come questo patto, che, nei suoi ulteriori sviluppi, doveva esercitare un'influenza cospicua sull'intera politica estera nazista, venne negoziato e concluso al di fuori e contro il Ministero degli esteri tedesco. Dopo l'avvento di Hitler al potere, C. von Neurath era rimasto alla Wilhelmstrasse, mentre J. von Ribbentrop, già "collaboratore del Führer in materia di politica estera" assumeva nel 1934 il titolo generico di plenipotenziario personale del Führer. L'ufficio di Ribbentrop comprendeva pochissimi collaboratori ed agiva in forma critica se non antagonistica rispetto alla diplomazia di carriera giudicata non sufficientemente nazista. Tutti gli appartenenti alla Dienststelle Ribbentrop avevano avuto esperienze personali in Estremo Oriente e nei loro piani intendevano tener largo conto di esse. Nacque così l'idea di una più intima collaborazione col Giappone. Già prima dell'avvento al potere di Hitler i rapporti russo-tedeschi erano andati progressivamente raffreddandosi. Complicatasi la situazione per l'antagonismo ideologico, sembra che, già nell'ottobre del 1933, il gen. W. von Blomberg confidasse all'ambasciatore H. Dirksen, trasferito da Mosca a Tōkyō, l'intenzione di Hitler di ricercare nel Giappone il succedaneo militare della Russia. Idee queste indubbiamente ispirate da Ribbentrop. Con tutto ciò i rapporti tra Berlino e Tōkyō non migliorarono sensibilmente se non all'inizio del 1935, quando cioè una missione militare segreta tedesca si recò in Giappone per ricevere dall'Ammiragliato indicazioni sulle costruzioni di portaerei. Sul finire dello stesso anno ebbero inizio le prime trattative segrete per la conclusione di un patto politico nippo-tedesco. È tuttora incerto se l'iniziativa sia partita da Ribbentrop o dall'addetto militare giapponese a Berlino, Oshima, esponente di quelle correnti dello Stato Maggiore nipponico fautrici di una politica antirussa e preoccupate per l'isolamento determinato dall'impresa della Manciuria, l'uscita dalla S. d. N. ed i molteplici contrasti di interessi con Mosca. Comunque, l'intero negoziato venne condotto al di fuori dei normali canali diplomatici ed all'insaputa di Neurath. Per conto della Dienststelle Ribbentrop le trattative erano dirette dal capo-gabinetto, H. Raumer, mentre l'ambasciatore Dirksen seppe qualche cosa unicamente dal proprio addetto militare (e poi successore) generale E. Ott, il quale a sua volta traeva le sue informazioni dallo Stato Maggiore giapponese. Neurath cercò di sabotare l'iniziativa e forse si deve al suo comportamento l'eccezionale durata del negoziato e la forma speciale dell'accordo sottoscritto finalmente il 25 novembre 1936 dall'ambasciatore K. Mushakoii e da Ribbentrop. Il testo della convenzione, pubblicato in tale occasione, constava di un preambolo di 3 articoli e di un protocollo aggiuntivo. Il preambolo, riconosciuto essere scopo del Comintern lo "scompaginare ed opprimere gli stati esistenti con tutti i mezzi possibili", affermava la volontà dei due governi "di cooperare nella difesa comune contro l'opera disgregatrice comunista". L'art. 2 prevedeva l'adesione di terzi stati alla convenzione o alle misure difensive. L'art. 3 fissava in 5 anni la durata dell'accordo di cui entrambi i testi dovevano avere valore originario. Il protocollo aggiuntivo prevedeva una stretta collaborazione nello scambio di informazioni, nell'opera di chiarimento dell'opinione pubblica, nelle misure di difesa comune, nelle severe misure da adottare nel quadro delle leggi vigenti contro gli agenti comunisti e la creazione di una commissione permanente. Contemporaneamente Ribbentrop e Mushakoji sottoscrivevano un protocollo segreto di due articoli. Il primo stabiliva che in caso di attacco non provocato o di minaccia di attacco da parte dell'URSS, l'altro contraente si impegnava a non prendere misure che avrebbero potuto alleviare la posizione dell'URSS. Le due parti avrebbero in tale eventualità iniziato consultazioni immediate circa i provvedimenti atti a salvaguardare i loro interessi comuni. Il secondo impegnava i due governi a non concludere, per la durata del patto, senza intesa preliminare, nessun accordo politico con l'URSS, contrario allo spirito di esso. L'esistenza di questo protocollo era conosciuta solo da pochissimi. Lo stesso H. Göring, al pari di Schmidt, l'apprese unicamente in occasione del processo di Norimberga. Quando l'Italia aderì al Tripartito, la cosa venne tenuta celata anche a G. Ciano che pure aveva formulato una precisa richiesta in proposito a Raumer ed a Ribbentrop. Eppure queste due clausole segrete costituivano il primo obiettivo perseguito dai nazisti. Il patto anticomintern provocò subito vivaci reazioni negative a Mosca, a Londra ed a Parigi. Di una sua estensione all'Italia non si parlò immediatamente. Tōkyō aveva allora intavolato trattative con Roma in vista di un accordo a due di molto favorevole neutralità. In seguito alle pressioni di Berlino, il governo giapponese mutò idea e nell'autunno del 1937 si pronunciava in favore di un patto a tre. A tal fine, Ribbentrop, preceduto da Raumer, si incontrava il 22 ottobre con B. Mussolini e con G. Ciano i quali davano la loro adesione di massima alla progettata intesa tripartita, il cui protocollo doveva essere sottoscritto a Roma il 6 novembre successivo da Ciano, Ribbentrop e dall'ambasciatore giapponese Hotta. Il nuovo accordo riproduceva i testi di Berlino e stabiliva che l'Italia doveva essere considerata come firmataria originaria. Anche il Tripartito fu avversato dalla Wilhelmstrasse, il che doveva porre l'ambasciatore a Roma Ch. H. von Hassell in una situazione eccezionalmente imbarazzante durante la visita di Ribbentrop. La sua conclusione doveva costituire il punto di partenza di quella politica che doveva portare agli accordi triangolari del 27 settembre 1940. Al patto anticomintern aderirono successivamente il Manciukuo (25 febbraio 1939), l'Ungheria (25 febbraio 1939) e la Spagna (15 aprile 1939). La politica di riavvicinamento di Berlino con Mosca, doveva peraltro mettere in sordina il patto Anticomintern limitandone gli sviluppi. Gli accordi Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939, conclusi in violazione dell'art. 2 del protocollo segreto di Berlino, provocarono una vibrata protesta di Tōkyō e determinarono praticamente la sospensione del patto, i cui motivi ideologici vennero ripresi dall'Asse solo dopo l'inizio delle ostilità con l'URSS. Allora la Germania prese l'iniziativa del prolungamento del patto Anticomintern ed il 25 novembre 1941 veniva a tale fine sottoscritto a Berlino un protocollo dalla Germania, dal Giappone, dall'Italia, dal Manciukuo, dall'Ungheria e dalla Spagna. Lo stesso giorno aderirono al patto la Bulgaria, la Romania, la Slovacchia, la Danimarca, la Croazia, la Finlandia e la Cina (governo di Nanchino) Dopo lo scioglimento del Comintern (22 maggio 1943) formalmente venne meno l'oggetto del patto stesso, che tuttavia restò teoricamente in vigore fino al crollo delle potenze del Tripartito.
Bibl.: De Witt C. Poole, Light on Nazi Foreign Policy, in Foreign Affairs, fasc. ottobre 1946; G. Ciano, L'Europa verso la catastrofe, Milano 1948; Records of Proceedings of the International Military Tribunal for the Far East, Tokyo 1946-48; The Trial of 14 German Major War criminals: Proceedings of the International Military Tribunal sitting at Nuremberg, Londra 1946-48.