ANTICRESI (dal gr. ἀντί "in cambio" e χρῆσις "uso"; fr. antichrèse; sp. anticresis; ted. Erpfîndung des Niessbrauch; ingl. gage immovables)
Significa il contratto con il quale, data la preesistenza di un rapporto di credito e corrispondente debito tra due persone, il debitore, o altri per lui, consegna al creditore un immobile, rustico o urbano, con il diritto per il creditore di far suoi i frutti, ma con l'obbligo d'imputarli annualmente a sconto degli interessi, se sono dovuti, e del capitale del suo credito. Sostanzialmente l'anticresi serve a garantire il credito, analogamente al pegno, e nel tempo stesso è un modo di pagamento del debito. L'istituto risale al diritto romano, nel quale costituiva un patto che si poteva aggiungere al pegno, che per quel diritto era applicabile anche alle cose immobili, e aveva per oggetto di autorizzare il creditore a far suoi i frutti del pegno a soddisfazione degl'interessi del debito. Nell'età di mezzo, per influenza del diritto canonico, che considerava illecito qualsiasi interesse di un credito in danaro, l'anticresi fu poco in uso, ma pur resistette per la sua bontà intrinseca e l'utilità pratica, specialmente per la mancanza o imperfezione dell'ipoteca, e fu ammessa comun. emente ogni volta che gl'interessi fossero dovuti per una causa legittima. Ben regolato poi l'istituto dell'ipoteca per le cose immobili, e ristretto il pegno alle cose mobili, l'anticresi perdette importanza, e non senza contrasto trovò posto nel codice napoleonico, dal quale passò ai codici italiani preesistenti e da questi all'attuale codice civile, che la regola negli articoli 1891-1897, con notevoli miglioramenti in confronto del testo francese.
Quasi tutte le altre legislazioni moderne hanno accolto questo istituto, regolandolo in modo press'a poco simile all'italiano.
L'anticresi non attribuisce al creditore un diritto reale sull'immobile che ne forma l'oggetto, e in ciò differisce fondamentalmente dal pegno e dall'ipoteca; gli attribuisce soltanto il diritto di possedere il fondo e percepirne i frutti, diritto valevole solo in confronto del debitore e degli eredi di questo (art. 1897). Di fronte ai terzi, e specialmente di fronte a coloro che abbiano acquistato un diritto reale sull'immobile, è res inter alios acta, e non ha alcun effetto; perciò il creditore non ha sull'immobile nessun diritto di privilegio né di ritenzione verso i terzi che abbiano comunque acquistato un diritto reale sull'immobile, e solo ha il diritto di ritenzione di fronte al debitore finché questi non abbia pagato il debito. Così, ad esempio, se il debitore avesse venduto il fondo dato in anticresi, anche dopo la costituzione di questa, il compratore ha diritto di avere il fondo con i frutti dal giorno della vendita, anche se il creditore anticresista non sia stato pagato; il debitore naturalmente è responsabile verso il creditore per il danno arrecatogli con il vendere il fondo che aveva dato in anticresi, ma il compratore non ha nessun obbligo di rispettare l'anticresi, che, come è stato detto, non produce effetti che nei rapporti tra creditore e debitore. Tali effetti si estendono, naturalmente, agli eredi dell'uno e dell'altro (art. 1897), perché, com'è noto, gli eredi continuano la persona del defunto formando quasi un solo soggetto di diritti; ma non mai possono estendersi di fronte ai terzi, anche se aventi causa dal debitore o dal creditore.
La legge non riehiede una forma speciale per l'anticresi; e, data la natura di questa, è facile intendere che non è soggetta all'obbligo della trascrizione. La prova è regolata dai principî generali
Per poter dare validamente un immobile in anticresi, è necessario esserne il proprietario, o almeno avere il diritto di percepirne i frutti, quale l'hanno l'usuîruttuario o l'enfiteuta. L'amministratore dell'immobile altrui può darlo in anticresi secondo le norme stabilite per gli atti di straordinaria amministrazione, non potendo l'anticresi considerarsi quale atto di ordinaria amministrazione in quanto produce l'alienazione dei frutti per un tempo indeterminato.
Mediante l'anticresi, il creditore acquista il possesso dell'immobile, e il debitore non può rientrare nel godimento di esso se non dopo che il debito sia stato interamente soddisfatto (art. 1893). È facile comprendere che il possesso del creditore non può convertirsi in diritto di proprietà, anche se sia durato per un tempo lunghissimo, essendo un possesso a titolo precario, salvo che sia intervenuta un'inversione del titolo (artt. 2106, 2115, 2116); non solo, ma è nullo qualsiasi patto tendente a rendere il creditore proprietario dell'immobile per mancanza del pagamento del debito. Un simile patto, che chiamasi patto commissorio, è proibito, per l'anticresi come anche per il pegno, a tutela del debitore che, stretto dal bisogno, potrebbe facilmente consentirlo al momento di ricevere il prestito. Il creditore anticresista ha quindi, in caso di mancanza del pagamento, soltanto il diritto, comune a qualsiasi altro creditore, di domandare con i mezzi legali l'espropriazione forzata dell'immobile (art. 1894). Naturalmente il divieto del patto commissorio non impedisce che, dopo costituita l'anticresi, il debitore venda il fondo al creditore.
Il creditore anticresista ha diritto di far suoi i frutti dell'immobile con l'obbligo d'imputarli annualmente a sconto del suo credito, prima degl'interessi, se sono dovuti, poi del capitale (art. 1891). Egli deve a fin d'anno rendere il conto al debitore; è permesso però, al fine di evitare i fastidî di un rendiconto, pattuire che i frutti si compensino senz'altro, in tutto o in parte, con gl'interessi (art. 1895). Questo patto può, specialmente quando non sia stata determinata la misura degl'interessi, mascherare l'usura, ma, com'è noto, nel nostro diritto non vi è alcun limite alla misura degl'interessi.
Il creditore ha l'obbligo di amministrare l'immobile come un buon padre di famiglia; quindi deve provvedere alla manutenzione e alle riparazioni necessarie, salvo, beninteso, a prelevare dai frutti le spese relative (art. 1892, capov. 2° e 3°), quando i frutti non bastassero, il debitore ha l'obbligo di rimborsarle. Inoltre il creditore ha l'obbligo, se non fu convenuto diversamente, di pagare i tributi e i pesi annui che gravano sull'immobile, salvo, anche per queste spese, il diritto di prelevarle dai frutti o di ripeterle dal debitore in caso d'insufficienza dei frutti (art. 1892. capov. 1° e 3°). Questi obblighi che incombono sul creditore possono in qualche caso essere tanto gravosi, da annullare ogni beneficio dell'anticresi; perciò la legge opportunamente gli concede la facoltà di liberarsene restituendo il fondo al debitore, il quale è obbligato a riprenderlo salvo che siasi pattuito diversamente (art. 1893, capov. 2°).
Se oltre alle spese per la manutenzione e per le riparazioni necessarie, cui il creditore è obbligato, come sopra è detto, il creditore abbia fatto altre spese per migliorare l'immobile, i suoi diritti rispetto a queste spese sono retti dai principî comuni, e cioè egli può pretendere, restituendo l'immobile, la somma minore che risulterà tra lo speso e il migliorato (artt. 705, 1150), salvo il diritto di togliere i miglioramenti se possa farlo senza deteriorare il fondo.
L'anticresi è indivisibile, anche se il debito per il quale fu costituita sia divisibile e anche se effettivamente sia diviso tra gli eredi del debitore o del creditore; quindi uno degli eredi del debitore non può, pagando la sua parte, pretendere la restituzione di una corrispondente parte del fondo; né può pretenderla il debitore che abbia pagato a uno degli eredi del creditore la parte del credito a esso spettante (artt. 1896, 1889). Solo dopo che il debito sia interamente pagato, in capitale e accessorî, il debitore ha diritto di rientrare nel godimento dell'immobile (art. 1893). Non solo, ma se il debitore a esse contratto un altro debito con lo stesso creditore, e questo nuovo debito divenuto esigibile prima del precedente fosse stato pagato, l'anticresi si estende ipso iure, e senza bisogno di patto espresso, al nuovo credito e il creditore non può esser costretto a rilasciare l'immobile prima di essere stato interamente soddisfatto di entrambi.
L'anticresi è un contratto che, com'è facile intendere, è poco o nulla usato tra commercianti. Il codice di commercio si occupa dell'anticresi in materia fallimentare, e precisamente nell'art. 709, n. 4, nel quale dichiara che si presumono fatte in frode dei creditori, e quindi sono nulle rispetto ai medesimi, le anticresi costituite posteriormente alla data di cessazione dei pagamenti. È ammessa però la prova contraria, e cioè la prova della buona fede del creditore che ha ricevuto il fondo in anticresi. Ma dopo la dichiarazione del fallimento, e precisamente dal giorno della sentenza dichiarativa di esso, l'anticresi è resa inefficace in ogni caso, sia il creditore in buona o in mala fede, per effetto dell'art. 1897 cod. civile, che, come sopra si è visto, limita l'efficacia dell'anticresi ai soli rapporti tra debitore e creditore e i loro eredi; e anche per effetto dell'art. 700 cod. comm., per il quale la sentenza dichiarativa del fallimento sospende il corso degl'interessi non garantiti con pegno o ipoteca o altro privilegio. Come abbiamo sopra notato, l'anticresi non attribuisce alcun privilegio al creditore, e quindi il debito da essa garantito segue la sorte di tutti gli altri debiti chirografarî; d'altronde l'anticresi è sostanzialmente un modo di pagamento del debito, e quindi non può più sussistere quando il debitore per il sopravvenuto fallimento, perde la facoltà di far pagamenti, e i suoi beni, destinati alla soddisfazione, in eguale misurai di tutti i creditori, sono sottoposti ad amministrazione giudiziale.
Bibl.: Oltre ai trattati generali di diritto civile, v. G. Mirabelli, Del diritto dei terzi secondo il cod. civ. it., Torino 1889; T. Villa, Il contratto d'anticresi, in Riv. it. per le scienze giur., 1889, p. 390; A. Rinaldi, Saggio sul diritto d'anticresi, in Arch. giur., XXI, p. 229 segg.; T. Besia, Del pegno e dell'anticresi, Napoli 1891; M. Ricca-Barberis, Il diritto di ritenzione del creditore anticretico, in La Pretura, 1926, p. 71; E. Caberlotto, in Dig. it., s. v. Anticresi; F. Ciccaglione, in Enc. giur., s. v. Anticresi.