Anticristo
Comp. di ἀντί «contro» e Cristo. Il nemico di Cristo che tenta di soppiantarlo, ma che da Cristo sarà annientato nel suo ritorno trionfale (παρουσία) alla fine dei tempi. La concezione, svolta nel Nuovo Testamento, proviene dall’escatologia e dall’apocalittica giudaica (da Daniele sono ripresi alcuni dei lineamenti con cui l’A. è descritto). Nei Vangeli non si parla espressamente dell’A.; le raffigurazioni più caratteristiche sono nella seconda lettera di s. Paolo ai Tessalonicesi e nell’Apocalisse. Nella prima, l’A. è «l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio» (è dunque «l’abominio della desolazione» di Daniele 9, 27; Matteo 24, 15; Marco 13, 14), la cui manifestazione («apostasia» o ribellione) e venuta «avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno»; senonché il Signore Gesù apparirà e lo annienterà. Nell’Apocalisse, la lotta tra Cristo e l’A. costituisce il tema centrale; ma in essa agli elementi derivati da Daniele (e che alludono ad Antioco IV Epifane) se ne aggiungono altri, che sembrano alludere a Nerone: la leggenda del cui ritorno (Nero redivivus) appare altresì nella letteratura apocalittica giudaica e cristiana, e anche nella letteratura patristica. In genere il presentimento della prossima apparizione dell’A., e cioè dell’imminenza della fine del mondo, è sempre riaffiorato nelle grandi crisi del cristianesimo (primi secoli, Medioevo, in correnti ereticali del Rinascimento), ossia nei momenti e nei movimenti in cui si ridestò l’attesa escatologica, spesso secondo i temi del millenarismo. A parte l’identificazione dell’A. con Satana, accolta nell’antichità e nel Medioevo (critici recenti, per es., la scuola ‘storico-religiosa’ – W. Bousset, H. Gunkel e altri – ritengono che la figura dell’A. possa venir riportata, in quanto alla sua origine, alle raffigurazioni di mostri delle cosmogonie mesopotamiche), due tendenze si contendono il campo nella storia dell’esegesi: quella che ravvisa nell’A. un individuo più o meno determinato (e le identificazioni furono numerosissime, secondo i tempi e le circostanze: per es., il Messia atteso dai Giudei, ossia uno della tribù di Dan; Nerone, Attila, Maometto, Federico II di Svevia, Napoleone, ecc.), e quella che vede in esso un simbolo di un’istituzione o di una tendenza. Così, per es., gli eretici medievali e poi Lutero, seguito da tutta la Riforma, identificarono l’A. con il papa; altre correnti ravvisarono l’A. nell’ideologia del progresso meccanico e materialista, nel laicismo anticlericale, nella società moderna atea e paganeggiante: e non sono mancati accenni in tal senso anche in documenti ufficiali della Chiesa. Tra i recenti esegeti cattolici sembra infatti prevalere ormai l’interpretazione «collettiva»: l’A. è il regno del male.