ANTICRISTO (gr. ἀντίχριστος, lat. antichristus; fr. antéchrist; sp. anticristo; ted. Antichrisi; ingl. antichrist)
È, nell'apocalittica il personaggio contrapposto al Messia o Cristo, prima del giudizio finale. Lo sviluppo massimo di questa credenza si ha nel cristianesimo, ma molti indizî mostrano che essa aveva una funzione nell'apocalittica giudaica. Infatti la designazione dell'anticristo (come Beliar, o meglio Belial, interpretato dai rabbini in maniera etimologicamente inesatta "il senza legge, colui che ha scosso il giogo della legge"; mentre il suo vero senso è "il buono a nulla l'inutile") si trova anche in taluni apocrifi dell'Antico Testamento e nella Mishna; la suprema empietà dell'anticristo è raffigurata nel suo insediamento come nume presente nel Tempio di Gerusalemme: ancora nella forma cristiana è conservato il motivo dei Giudei che riconosciuto finalmente l'anticristo, fuggono nel deserto: tutto ciò ci riconduce a una fase giudaica della leggenda dell'antimessia. E non solo: ma secondo il Gunkel e altri critici tedeschi, la concezione giudaica dell'anticristo sarebbe la trasposizione alla fine dei tempi di un antichissimo mito sulla lotta fra la divinità e i mostri del caos, che, vinti e uccisi o incatenati all'origine del mondo, avrebbero dovuto scatenarsi un'ultima volta prima della sua fine. Il documento più antico del mito cosmogonico è il poema babilonese della lotta di Marduk, dio solare, con i mostri del caos. Un riflesso di questo mito può essere visto in quei passi dell'Antico Testamento, dove Jahvé, creatore del mondo, è il domatore dei mostri d'abisso; ma non è detto che tali mostri faranno un ultimo conato di ribellione alla consumazione dei tempi. In forme affini il mito delle forze demoniache incatenate ritorna nell'escatologia iranica (lo scatenarsi del serpente Azhi Dahaka, Bundahišn, 30); in quella germanica dell'Edda (Lokis, il lupo Fernis ecc.); e in derivazione dall'iranismo, nella lotta delle potenze o Uthra della luce e i demoni delle tenebre nella letteratura mandaica (cfr. per es. Ginza destra, lib. III, ed. Lidzbarski, Die Ginza, Gottinga 1925, p. 63 segg.); su questi miti ha recentemente rivolto la sua attenzione R. Reitzenstein. Un elemento giudaico-cristiano differenzia l'anticristo dalla concezione iranica; ed è che esso poggia tutto sull'antitesi di bene e di male ed ha perciò un carattere etico che supera l'ingenuità del mito naturistico babilonese. Nell'aspetto che assume nella tradizione giudaico-cristiana, l'anticristo è perciò la forma umanizzata delle forze demoniache ribelli a Dio, contrapposta alla forma umana del Messia in cui si esplica la provvidenza divina. Nell'antico aspetto qualche traccia rimane nella sua figurazione come mostro, drago, serpente: è stato anche concepito come un morto risuscitato, tanto che l'Apocalisse giovannea si induce a conguagliarlo a Nerone redivivo: questa risurrezione del mostro ucciso agli inizî dei tempi è l'antitesi della risurrezione del Cristo.
Nella leggenda l'anticristo ora è un demonio, o addirittura il diavolo incarnato, ora è un puro uomo in cui Satana esplica tutta la sua potenza. Siccome la sua figura è simmetricamente antitetica a quella del Messia o Cristo (di cui costituise un'invidiosa e ipocrita contraffazione) essa subisce oscillazioni consimili a quelle del concetto del Messia nell'ambito delle speranze messianico-escatologiche. Nella letteratura giudaica, le tracce di tale credenza sono ora scarse, poiché essa fu in gran parte scalpellata via quando cadde il rigoglio della speranza messianica. Ne rimangono però qua e là ruderi in cui si vanno ad innestare gli elementi più antichi della leggenda cristiana.
La più grandiosa figurazione cristiana dell'anticristo è quella dell'Apocalisse (XI segg.). L'anticristo è suscitato da Satana, il drago, che l'investe d'ogni suo potere. È figurato, seguendo la ispirazione del libro di Daniele (VII), come il mostro dalle sette teste e dalle dieci corna. Una delle dieci teste par morta ed è viva ed impersona in sé stessa tutta la mostruosa bestia. L'anticristo uccide i due profeti (probabilmente Mosè ed Elia o Enoch ed Elia) inviati da Dio a dissuadere dall'empietà; obbliga, con l'aiuto d'un falso profeta, gli uomini ad adorarlo e a ricevere sulla fronte o nella mano la sua sigla 666; perseguita i santi di Cristo. In rapporto con lui è la grande meretrice, la città dai sette colli, la quale poi è distrutta in un impeto di collera dalla stessa bestia dalla testa morta e rediviva, in unione con le dieci corna che rappresentano dieci re (probabilmente re d'Oriente). Alla manifestazione del Cristo, la Bestia con Satana e il falso profeta è gettata nell'abisso. Da tutti i segni che dà l'Apocalisse, l'anticristo è insieme l'Impero romano e Nerone: la testa vulnerata e rediviva il cui numero è 666 (somma dei numeri rappresentati dalle lettere ebraiche del nome Neron Caesar) sembra essere Nerone che, tornando dall'Oriente a capo d'altri dieci re, distruggerà Roma stessa. La forza satanica contraria a Cristo è quindi l'Impero che usurpa pel suo sovrano gli attributi divini del Figlio di Dio; la sua acme è nel malvagio Cesare, di cui più volte nel sec. I si attese il ritorno dall'Oriente.
La tradizione dell'anticristo Nerone si continua negli Oracoli Sibillini (libri III-V), in parte nel Carmen apologeticum di Commodiano, e presso i Padri della Chiesa più antichi. Però sbiadisce sempre di più e tende a scomparire agli inizî del Medioevo. Invece perdura e si consolida un'altra tradizione, che, come ha dimostrato il Bousset, risale al giudaismo precristiano, secondo cui l'anticristo non è un potere pagano, bensì un falso Messia, che opera e muove dal giudaismo, seduce i cuori con falsa dolcezza, con falsa devozione verso la Legge, con segni e prodigi d'ogni genere. Egli si presenta come un angelo di luce, e si leva al supremo attentato: di seder come Dio nel Tempio. Ciò finisce con l'aprir gli occhi agli stessi Giudei che fuggono nel deserto. Alla manifestazione dell'anticristo segue quella del Cristo che pone termine all'abbominio della desolazione. Molti particolari della leggenda sono sviluppi della haggadà giudaica. Così si afferma che l'anticristo è della tribù di Dan; che sarà circonciso; che avrà rapporto con l'invasione di Gog e Magog. Come del Cristo, si presagiscono i segni dell'anticristo: paurosa corruzione, disfrenamento d'odî, carestie pestilenze, ecc. Si giunge persino a dare i segni fisionomici dello strumento di Satana: raffigurazioni in sommo grado grottesche. In certe narrazioni l'anticristo è presentato come vincitore, a capo di Gog e Magog, del Messia giosefita della tarda credenza giudaica: in altre egli pare una trasfigurazione di questo Messia giosefita in contrasto col Messia della tribù di Giuda, così come nello sviluppo cristiano tale leggenda può parere una trasformazione ingiuriosa del Messia giudeo, pur restando nel tema giudaico del grande seduttore del popolo. Tracce di questa figurazione giudaica si trovano nel Nuovo Testamento. Nel vangelo di Marco (XIII; e paralleli di Matteo e Luca: la cosiddetta piccola "apocalisse sinottica") è posta in bocca a Gesù la profezia sull'abominio della desolazione insediato nel tempio e la fuga nel deserto: nel secondo capitolo di II Tessalonicesi è detto esplicitamente che prima del Cristo deve rivelarsi nel Tempio di Dio il senza legge, e si accenna enigmaticamente ad una forza (ὁ κατέχων, τὸ κατέχων) che impedisce per il momento la piena manifestazione di questa potenza di Satana, che di già opera. L'antica esegesi dei Padri, e anche, in gran parte, quella recente, scorge in questo impedimento l'' Impero romano. Siamo perciò nell'ambito della leggenda sull'anticristo giudeo, impedito dall'Impero, e tale concezione contrasta con l'anticristo pagano dell'Apocalisse giovannea. L'autenticità paolina di II Tess. è messa in dubbio da varî critici; però, anche da altri luoghi (cfr. II Corinzî, VI, 15) appare che Paolo conosceva la figura di Beliar (Belial) antitesi di Cristo. Un accenno all'anticristo giudeo si trova anche in Giovanni, V, 43. Ma nelle lettere giovannee, che sole nominano apertamente l'anticristo (I Giov., II, 18-22; IV, 13; II Giov., 7), l'anticristo va diventando una categoria (molti anticristi) che riassume tutti gli scandali degli ultimi tempi. E a cagione dei diversi elementi conglobati nella leggenda, nella tradizione più tarda si manifesta una tendenza a moltiplicare gli anticristi (due o più) così come già nell'Apocalisse giovannea lo pseudoprofeta è in realtà un secondo anticristo affiancato alla bestia Nerone.
La tragica fantasia dell'anticristo riaffiorava in tutte le grandi crisi del cristianesimo. Allora si riprendevano i temi tradizionali, e con varianti e sforzi esegetici si cercava di prospettare la crisi dell'anticristo come conclusione dei segni nefasti già presenti. I Padri della Chiesa che commentano l'Apocalisse, le omelie che si pronunziano nelle chiese, le apocalissi che continuano a circolare, rielaborano gli elementi tradizionali fino alla Commedia di Dante. Le fonti principali pervenuteci sono, oltre all'Apocalisse canonica, le tarde apocalissi cristiane (gli scritti sibillini, la cosiddetta apocalisse greca di Daniele, quella armena, il V e VI libro di Esdra, l'apocalisse di Sofonia). Inoltre abbiamo le interpretazioni patristiche: lo scritto d'Ippolito romano sull'anticristo e lo scritto dello pseudo Ippolito Περὶ τῆς συντελείας τοῦ κόσμου; Vittorino di Pettau nel commentario all'Apocalisse; Commodiano nel Carmen Apologeticum; Lattanzio nel VII libro delle Institutiones; Cirillo di Gerusalemme nella 15ª delle sue κατηχήσεις; Efrem nel Λόγος εἰς τὸν 'Αντίχριστον e nel sermone siriaco De fine extremo (forse ambedue spurî) e un alto scritto attribuito ad Efrem pubblicato dal Caspari (Briefeund Abhandlungen, 1890, p. 208); una collana di profezie sull'anticristo attribuita a Metodio, il II dialogo di Sulpicio Severo, il XX libro del De civitate Dei di Santo Agostino; uno scritto sull'anticristo a torto attribuito al Crisostomo; Giovanni Damasceno nel IV libro della sua esposizione della fede ortodossa. Nel Medioevo la credenza dilaga talmente che non è facile seguirla in tutte le sue fasi. I principali autori che si occupano dell'anticristo sono il monaco Adsone del sec. X uno scritto sibillino a torto attribnito a Beda; Goffredo da Viterbo e Gioachino da Fiore nel sec. XII. Da Gioachino da Fiore e dal suo commento all'Apocalisse attinsero rigoglio nei secoli successivi le speculazioni escatologiche, e l'anticristo ebbe un posto notevole nelle leggende religiose delle nuove letterature romanze (p. es. in Italia Uguccione da Lodi, e Ubertino da Casale). Personaggi la cui fama era fondata su singolari crudelta o devastazioni della cristianità erano a volta a volta identificati coll'anticristo, e il loro avvento interpretato come segno dell'imminenza della fine del mondo (Attila, Maometto). Alla credenza realistica si sovrapponeva spesso un'interpretazione spirituale, consona all'interpretazione dell'Apocalisse iniziata nel sec. IV da Ticonio. Tuttavia la leggenda va assumendo aspetti sempre più rigidi e, sullo schema dell'anticristo falso messia giudeo, viene sistemata da Alberto Magno e da S. Tommaso. Un altro teologo della fine del sec. XIII, Arnaldo da Villanova, preannunziò imminente l'avvento dell'anticristo, ma dovette poi ritrattarsi. Al tema dell'anticristo s'ispira Dante nella figurazione del gigante e della meretrice nel carro della Chiesa, nella visione apocalittica nel Paradiso terrestre.
Di anticristo si parlava poi nelle controversie politiche e religiose. Celebre la diffamazione di Federico II come anticristo. Nelle conventicole religiose orientate verso riforme spirituali della Chiesa, i mali presenti, la corruzione ecclesiastica specialmente, ravvivano la credenza. E tra gli "spirituali" in lotta col papato si divulgò il convincimento che l'anticristo fosse il papa. In varie forme e varî gradi, sia nell'affermazione rude sia nell'interpretazione allegorica, tale identificazione continuò a circolare fra Hussiti, fratelli Boemi, Begardi ecc. Prima della Riforma la credenza nell'anticristo era in pieno rigoglio in Germania, come attestano incunaboli, incisioni in legno e in rame, quadri e disegni di grandi pittori (p. es. Dürer) che si compiacevano dell'Apocalisse. Perciò, nella lotta di Lutero contro il papato, l'anticristo riappare nella controversia fra protestanti e cattolici. I primi affermano senz'altro, sul fondamento dell'Apocalisse, che l'anticristo era un potere romano: il papa, l'abominio della desolazione che siede nel tempio di Dio, la falsificazione del cristianesimo. L'anticristo e l'insediamento suo nel tempio di Dio erano temi biblici che giustificavano la Riforma. Di contro, i dotti cattolici, p. es. Bellarmino e Malvenda, per confutare i protestanti studiarono e rimisero in luce tutti i momenti della tradizione sull'anticristo, e diedero così il primo avviamento alla ricerca storica su di essa, che si svolge poi nell'interpretazione storico-critica del Nuovo Testamento.
Il concetto e la leggenda dell'anticristo sono penetrati anche nell'Islamismo: il nome stesso dell'anticristo (ad-Daggiàl) è tolto dal siriaco ("il mentitore"), e la sua venuta è accompagnata da manifestazioni tipiche dell'escatologia giudaica e cristiana (l'invasione di Gog e Magog, la comparsa della "Bestia terrestre", dàbbat al-ard, ecc.), cui si accompagnano altre specificamente musulmane (p. es. la caduta di Costantinopoli). Per maggiori particolari, v. escatologia.
Bibl.: Fondamentale è sempre la vasta silloge di Tommaso Malvenda, De Antichristo, Roma 1604 (posseduta dalla Bibl. V. E. di Roma 37, 26, D. 11); id., 3ª ed., Lione 1647. Per l'inquadramento del mito nella storia delle religioni hanno importanza le seguenti opere, che pure non si occupano dell'argomento ex-professo: H. Gunkel, Schöpfung und Chaos in Urzeit und Endzeit, 2ª ed., Gottinga 1921; R. Reitzenstein, Die Weltuntergangsvorstellungen, in Kyrkhist. Arsskrift, Upsala 1924; lo sceveramento delle tradizioni antiche è stato compiuto acutamente da W. Bousset, Der Antichrist, Gottinga 1895. Dell'anticristo nel giudaismo si sono occupati M. Friedländer, Der A. in der vorchrist. jüd. Quellen, Gottinga 1901, e Kaufmann Kohler, in Jewish Encyclopädia, I, s. v. Intorno alla leggenda medievale dell'anticristo cfr. E. Wadstein, Die eschat. Ideengruppe: Antichrist, Weltsabbat, Weltende u. Weltgericht, Lipsia 1896; E. Levi, La leggenda simbolica del pessimismo, in Studi critici in onore di G. A. Cesareo, Palermo 1924; id., Uguccione da Lodi, Firenze, s. a.; Newman, The Protestant Idea of Antichrist, in Essays, Londra 1897; A. Lémann, L'Antéchrist, Parigi 1905; I. L. Ratton, Antechrist. An historical Review, Londra 1917. Sulla controversia fra protestanti e cattolici cfr. H. Preuss, Die Vorstellungen von Antichrist im späteren Mittelalter, Lipsia 1906.