Antidepressivi
I farmaci antidepressivi agiscono sui principali sintomi che caratterizzano il quadro clinico della depressione: abbassamento del tono dell'umore, inibizione psicomotoria, ideazione depressiva, stato ansioso. Lo studio dei loro meccanismi d'azione ha fornito un contributo essenziale per la comprensione delle basi biochimiche della depressione e ha contribuito in modo determinante a migliorare la prognosi e la qualità della vita di coloro che ne sono affetti (v. depressione). Gli antidepressivi, nonostante la loro eterogeneità di struttura chimica e di meccanismo d'azione, presentano una comune proprietà farmacologica: la capacità di aumentare a livello cerebrale la disponibilità di neurotrasmettitori, in particolare di noradrenalina (NA), serotonina (5HT) e dopamina (DA), la cui carenza sembra costituire un fattore di primaria importanza nella patogenesi della depressione.
All'inizio degli anni Cinquanta furono scoperte casualmente le proprietà antidepressive della isoproniazide, un farmaco fino a quell'epoca ampiamente utilizzato nella terapia della tubercolosi. Infatti, pazienti affetti da tubercolosi, e che presentavano concomitante sintomatologia depressiva, miglioravano sul piano dell'umore quando venivano trattati con iproniazide, che si mostrò in seguito efficace anche in pazienti depressi non tubercolotici. L'isoproniazide ha rappresentato il primo degli antidepressivi IMAO (inibitori delle monoaminossidasi). Successivamente, nel 1957, venne sintetizzata l'imipramina, capostipite degli antidepressivi triciclici, così denominati per la loro struttura chimica. Gli IMAO e i triciclici rappresentano i farmaci antidepressivi tipici o di prima generazione. Negli ultimi anni è stata accertata l'attività antidepressiva di una serie di composti di recente sintesi, denominati antidepressivi atipici o di nuova generazione.
I farmaci maggiormente impiegati nella terapia della depressione sono i triciclici che, utilizzati in modo appropriato, risultano efficaci nell'80% circa dei casi. Essi devono questa denominazione alla loro tipica struttura chimica, costituita da tre anelli: due anelli benzenici, a cinque o, più spesso, sei atomi di carbonio, uniti tra loro da un nucleo centrale, provvisto, a sua volta, di una catena laterale la cui composizione conferisce caratteristiche specifiche ai diversi farmaci e ne condiziona la risposta clinica. I composti in cui la catena laterale contiene un gruppo aminico terziario (imipramina, clorimipramina, amitriptilina) inibiscono preferenzialmente il recupero della serotonina, mentre la presenza di un'amina secondaria (desimipramina e nortriptilina) conferisce al composto una maggiore specificità per il recupero della noradrenalina. I principali meccanismi d'azione consistono nell'inibizione della ricaptazione nel neurone presinaptico di serotonina e di noradrenalina e in una diminuizione del numero e della sensibilità dei recettori postsinaptici adrenergici e serotoninergici, proprietà nota come downregulation.
Considerando che l'efficacia clinica sulla sintomatologia depressiva è equivalente per tutti i triciclici, la disomogeneità della selettività d'azione può rappresentare una guida utile per la scelta del farmaco più idoneo nei vari quadri clinici depressivi. Nei casi in cui l'abbassamento del tono dell'umore sia accompagnato da notevole inibizione psicomotoria e apatia, è più indicato un triciclico con azione disinibente, come, per es., la desipramina, la nortriptilina e l'imipramina, che aumentano prevalentemente la disponibilità della noradrenalina. Se, viceversa, lo stato depressivo è associato ad ansia, irrequietezza, agitazione psicomotoria, si preferisce un triciclico che produca un effetto ansiolitico e sedativo, come, per es., l'amitriptilina e la doxepina. La specificità d'azione, tuttavia, risulta di importanza relativa per quanto riguarda l'imipramina e l'amitriptilina. In corso di trattamento cronico queste sostanze, infatti, vengono demetilate, dando luogo, rispettivamente, a desipramina e nortriptilina che, già provviste di attività antidepressiva, agiscono sul recupero di noradrenalina. I triciclici, oltre che sui sistemi aminergici cerebrali, agiscono anche su altri sistemi di neurotrasmettitori, dando luogo a effetti indesiderati come l'espressione di affinità per recettori a livello centrale e periferico.
L'effetto sedativo è collegato a un'elevata capacità inibitoria dei recettori H1 istaminici, più marcato per i composti metilati, quali amitriptilina e doxepina, minore, invece, per desimipramina e protriptilina. Questo effetto, sfruttato terapeuticamente sui pazienti in cui è presente marcata ansia e insonnia, spiega la frequente comparsa di sonnolenza, che si manifesta soprattutto all'inizio del trattamento e tende generalmente a scomparire dopo pochi giorni. I farmaci triciclici sono inoltre caratterizzati da una proprietà anticolinergica più o meno marcata, e ciò può determinare alcuni effetti collaterali piuttosto comuni, quali secchezza delle fauci, stipsi, ritenzione urinaria, aumento della pressione endoculare, sintomi che regrediscono con il proseguimento della terapia; più grave, invece, l'ipotensione ortostatica dovuta a un'azione di blocco sui recettori alfa1 adrenergici vasali. Molto più rari, e comunque prevalenti nell'anziano, sono gli stati confusionali conseguenti all'attività anticolinergica a livello cerebrale.
Nella terapia della depressione vengono anche utilizzati gli inibitori delle monoaminossidasi, gli IMAO, il cui effetto antidepressivo è collegato alla loro capacità di bloccare il catabolismo delle amine cerebrali (noradrenalina, serotonina e dopamina), aumentandone quindi la disponibilità per la trasmissione sinaptica. Gli IMAO agiscono, appunto, sulle monoaminossidasi (MAO), sistemi enzimatici mitocondriali presenti in vari tessuti dell'organismo, quali encefalo, fegato, cute, piastrine, e deputati all'inattivazione delle monoamine. Sono stati identificati due tipi di MAO: il tipo A, che catabolizza la noradrenalina e la serotonina, e il tipo B, che agisce selettivamente sulla dopamina. Gli IMAO che agiscono sulle MAO di tipo B, quali il deprenil, non hanno attività antidepressiva, ma sono efficaci nella terapia del morbo di Parkinson, in cui la carenza di dopamina rappresenta l'alterazione biochimica essenziale. Benché l'efficacia antidepressiva degli IMAO sia notevole e spesso si manifesti anche in pazienti che non rispondono ad altri farmaci, il loro impiego è limitato a causa dei possibili e importanti effetti collaterali, per lo più a carico del fegato e del sistema cardiocircolatorio. La loro assunzione rende necessarie talune precauzioni, come, per es., evitare formaggi fermentati, pesce affumicato, lievito di birra, salsicce, fegato, birra e vino, che contengono amine vasopressorie, i cui effetti vengono potenziati dagli IMAO. L'assunzione concomitante di IMAO e di questi alimenti può indurre gravi crisi ipertensive.
Infatti, gli IMAO usati comunemente in terapia inibiscono non solo le monoaminossidasi cerebrali, ma anche quelle epatiche, che, in condizioni fisiologiche, metabolizzano le monoamine del sangue e quelle di origine alimentare. Poiché l'inibizione delle monoaminossidasi è irreversibile e permane anche dopo la sospensione del trattamento, il ripristino della normale attività MAO avviene in due settimane circa, grazie alla graduale sintesi di nuove molecole dell'enzima. È per questo motivo che si evita la somministrazione contemporanea di IMAO e triciclici; quest'ultimi possono essere somministrati solo due o tre settimane dopo la sospensione di un trattamento con IMAO. Molto recentemente è stato introdotto in terapia il moclobemide, un IMAO di nuova generazione con azione reversibile e selettiva sulle MAO di tipo A, e che è caratterizzato da un'incidenza notevolmente ridotta di effetti collaterali.
Alcuni farmaci vengono definiti antidepressivi di nuova generazione o atipici per sottolinearne la più recente introduzione nella pratica clinica, nonché la diversità della struttura chimica e dei meccanismi d'azione rispetto agli IMAO e ai triciclici. Un'importante caratteristica degli antidepressivi di nuova generazione è la maggiore selettività nei riguardi dei diversi neurotrasmettitori (Na, 5HT e DA), di cui sono in grado di aumentare l'attività, sia pure con meccanismi diversi per i vari composti e finora non completamente chiari. Alcuni di questi farmaci incrementano la disponibilità di neurotrasmettitori inibendone la ricaptazione. Il citalopram, la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina e la sertralina inibiscono selettivamente la ricaptazione di serotonina e sono efficaci nelle depressioni lievi e moderate. La venlafaxina inibisce selettivamente la ricaptazione di serotonina e adrenalina, e non ha affinità per i sistemi istaminergico, colinergico e dopaminergico. La mirtazapina, infine, blocca la ricaptazione di serotonina e adrenalina esercitando anche una potente azione di blocco sui recettori 5-HT₂ e 5-HT₃. L'amineptina ha azione prevalente sulla dopamina ed è in grado anche di aumentarne la sintesi. La mianserina favorisce invece la liberazione di noradrenalina dal neurone presinaptico, mentre il trazodone agisce sui recettori postsinaptici.
Anche se molti autori considerano i triciclici come i farmaci di prima scelta nella terapia delle forme più severe di depressione, depressione maggiore o endogena, l'efficacia clinica dei farmaci di nuova generazione è generalmente sovrapponibile a quella degli antidepressivi classici nel trattamento delle altre forme depressive. Un grande vantaggio di questi ultimi farmaci è la maggiore tollerabilità, specie per quanto riguarda gli effetti collaterali di tipo anticolinergico e sul sistema cardiovascolare. Essi possono essere utilizzati con sicurezza anche quando, a causa di ipertrofia prostatica, glaucoma, ipotensione arteriosa, patologia cardiaca ecc., i triciclici sono controindicati, o se questi risultano inefficaci.
Comprehensive textbook of psychiatry, ed. H.I. Kaplan, B.J. Sadok, Baltimore, Williams & Wilkins, 19895
Depression and mania, ed. A. Georgotas, R. Cancro, New York, Elsevier, 1989.