antineoplastico
Farmaco che impedisce la proliferazione di una neoplasia. La maggioranza degli a. sono sostanze citotossiche: di conseguenza, essi non sono in grado di discriminare tra cellule sane e cellule neoplastiche ma, essendo più attivi sulle cellule in fase di replicazione, esplicano la loro azione tossica maggiormente nei confronti di queste ultime. Usualmente, in modo inesatto, una terapia antineoplastica viene denominata chemioterapia, termine che indica una terapia con agenti di sintesi. Il capostipite di questa classe di farmaci è stata infatti l’iprite, già usata come gas tossico durante il primo conflitto mondiale. A.G. Gilman e T.F. Dougherty, avendo osservato l’azione di questa sostanza sulle cellule in fase attiva di replicazione, come quelle del midollo osseo, decisero di sperimentarla su tumori indotti nei topi, ottenendone la completa regressione. Attualmente sono utilizzati farmaci alchilanti (mostarde azotate, etilenimine e metilmelamine, alchil-solfonati, nitrosouree, triazeni), antimetaboliti (analoghi dell’acido folico, della pirimidina e della purina), prodotti naturali (alcaloidi della vinca, taxani, epipodofillotossine, camptotecine, antibiotici, enzimi), ormoni e loro antagonisti, alcuni complessi del platino, il mitoxantrone, l’idrossiurea, la procarbazina, il mitotano, gli anticorpi monoclonali.
Tutti gli a., ad eccezione degli anticorpi monoclonali che possono agire legandosi a specifici recettori, bloccano la replicazione cellulare attraverso vari meccanismi: inibendo varie fasi della biosintesi del DNA, rompendo la doppia elica del DNA, interferendo con la formazione dell’RNA messaggero e delle proteine o sul funzionamento dei microtubuli.
Dal momento che questi farmaci non sono generalmente selettivi, ma agiscono su tutte le popolazioni di cellule in rapida proliferazione, il midollo osseo costituisce il bersaglio di molti di essi, con conseguente eliminazione della produzione di cellule del sangue da parte del midollo stesso (mielosoppressione). Inoltre, pressoché tutti gli agenti citotossici possono produrre alopecia, nausea, vomito e diarrea. Oltre a quelli già descritti, ciascuna molecola esplica anche altri effetti tossici specifici. Poiché essi agiscono danneggiando il DNA, la maggior parte degli a. può indurre genotossicità e, quindi, trasformare una cellula sana in neoplastica. È infatti noto che nei pazienti trattati con a. si possono sviluppare neoplasie secondarie iatrogene, indipendenti da quelle primarie.
Le cellule possono rendere inefficaci gli a. con diversi meccanismi, quali l’inibizione del trasporto intracellulare, l’aumento dell’inattivazione del farmaco o l’inibizione della sua bioattivazione. Il meccanismo principale di resistenza consiste nell’espressione di proteine transmembrana – glicoproteina P e MRP-1 (Multidrug Resistance Protein -1) – capaci di espellere attivamente gli a. dalla cellula, impedendone così le azioni.