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ANTINOO

di Giorgio PASQUALI - Roberto PARIBENI - - Enciclopedia Italiana (1929)
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ANTINOO ('Αντίνοος, Antinŏus)

Giorgio PASQUALI
Roberto PARIBENI

1. Figlio di Eupite (Εὐπείϑης), è secondo l'Odissea il più scellerato e il più insolente dei proci, i pretendenti di Penelope. Benché dovesse gratitudine a Ulisse, che ne aveva accolto il padre straniero e fuggiasco, è insolente con Penelope e con Telemaco, e va macchinando ripetutamente la morte di quest'ultimo. Insulta Ulisse travestito da mendicante (e quindi, secondo il concetto omerico, sacro ospite) e anzi lo colpisce alla spalla destra con uno sgabello. Cerca, più che può, d'impedire o ritardare il certame dell'arco. Quindi ben giustamente è ucciso per primo tra i proci da Ulisse con un dardo, mentre tiene alzata la coppa per bere. Il padre cerca di vendicarlo, ma ha la peggio, ed è ucciso dal vecchio Laerte, al quale Atena dà forza soprannaturale.

Del tutto isolata è la notizia dello pseudo-Apollodoro, Epit. Sab., 237, 3, che Penelope gli avesse ceduto e fosse stata per ciò rimandata da Ulisse al padre Icario.

Fonte letteraria unica è, si può dire, l'Odissea: non a caso, perché A., come altri Proci, pare, dal nome di perspicua composizione (da ἀντί contro" e νόος "mente") e comodo per l'esametro, non antica figura mitica, ma invenzione di poeta epico. Anche le rappresentazioni artistiche che lo effigiano sembrano ispirate all'Odissea: così la figurazione dell'heroon di Trisa (Winter, Kunstgeschichte in Bildern, I, 9/8, tav. 262, 3/4); v. anche la bella celebe attica in A. Furtwängler, K. Reichhold e F. Huser, Griechische Vasenmalerei, Monaco 1900-1910, III, figg. 48-49 Cfr. poi Wernicke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altert., I, col. 2438.

2. Favorito dell'imperatore. Adriano. Nacque a Bithynium-Claudiopolis, città della Bitinia, non si sa precisamente in quale anno, ma un 27 novembre, nel quale giorno il collegium cultorum Dianae et Antinoi di Lanuvio ne celebrava il natale (Corpus Inscr. Lat., XIV, 2112, 1, 5; 11, 11).

Non è noto quando o dove l'imperatore lo abbia conosciuto; certo la profonda, affascinatrice, quasi triste bellezza del giovane bitinio fece su di lui una profonda impressione. Antinoo fece parte del corteo imperiale che accompagnò Adriano nel suo viaggio del 130 in Egitto, e durante tale viaggio venne a morire in modo non del tutto chiaro e palese. Cassio Dione (LXIX, 11) riferisce che Adriano stesso avrebbe scritto esser egli caduto nel Nilo, ma accenna anche a versioni diverse, p. es., che A. sia stato o si sia sacrificato per rendere attuabili oscure pratiche di magia dell'imperatore o per stornare dal capo di lui un pericolo mortale. Certo Adriano fu della perdita profondamente addolorato, lo pianse con femminee disperazioni, dice la Historia Augusta, e gli decretò ogni sorta di onori: dalla erezione di statue numerosissime alla fondazione di una città, Antinoupolis, nel luogo dov'egli annegò nel Nilo, dalla dedica di templi e dall'ammissione tra gli dei alla diffusione della voce della metamorfosi di A. in un astro. I templi e le iscrizioni sacre si ebbero specialmente in Egitto e nei paesi orientali.

In Roma fu ad A. dedicato un cenotafio non lungi dall'Anfiteatro castrense, probabilmente ornato con obelischi coperti di iscrizioni geroglifiche, uno dei quali, conservato, fu da Pio VI eretto al Pincio. L'ipotesi presentata dal Huelsen di riconoscere tale sepolcro nel monumento sotterraneo coperto da stucchi presso Porta Maggiore (Berl. Philol. Wochenschr., 15 marzo 1919) non presenta alcuna seria probabilità.

Frequenti sono le figurazioni, statue e rilievi, di Antinoo: in essi il personaggio si presenta come un giovane dalle forme piene e quadrate, ma carnose e molli: il volto, di una bellezza perfetta, è sempre soffuso di un velo di melanconia. Non di rado ad Antinoo vengono dati gli attributi di altre divinità giovanili, come Dioniso, Apollo, Silvano.

Bibl.: W. Weber, Untersuchungen über die Geschichte des Kaits. Hadrian, Lipsia 1907, passim; per l'iconografia, v. P. Marconi, Antinoo. Saggio sull'arte dell'età adrianea, in Monum. Lincei, XXIX, coll. 161-302.

Vedi anche
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