ANTIOCHIA
(gr. 'Αντιόχεια; turco Antakya)
Città della Turchia meridionale, capoluogo della prov. di Hatay (territorio di Alessandretta), sulla riva sinistra dell'Oronte. Dell'impianto urbano a scacchiera della città ellenistica, fondata nel 300-299 a.C. da Seleuco I Nicatore, gli scavi effettuati nel 1932-1939 hanno restituito solo scarsi e frammentari elementi (via porticata, stadio, ecc.), ma è certo che in età giustinianea la sua area dovette essere ristretta entro un nuovo circuito che escluse dalle mura l'isola sull'Oronte.In epoca tardoantica e protobizantina sorsero alcuni importanti edifici di culto: la 'grande chiesa' fatta costruire da Costantino (oggi scomparsa); il martyrium di S. Babila, a pianta cruciforme, eretto alla fine del sec. 4° e restaurato nel corso dei secc. 5° e 6°; infine, sul Saman Daği, monte nelle vicinanze della città, due basiliche poste sul sito della colonna dell'ascesi dello stilita s. Simeone il Giovane (ultimo quarto del sec. 6°).Al principio del sec. 6°, comunque, A. era ancora la città opulenta e artisticamente brillante che era stata in epoca romana, come dimostrano soprattutto i mosaici ritrovati nel ricco sobborgo di Dafne. In quest'ambito di produzione si era imposto, durante il sec. 5°, un nuovo stile in cui la spiritualità prevaleva sul naturalismo, lo schematismo sull'illusionismo; anche il repertorio tematico si era modificato e le scene narrative avevano lasciato il posto a composizioni puramente decorative (intrecci, quadrettature ed elementi floreali), in cui comparivano diversi motivi ripresi dal repertorio persiano: nastri fluttuanti al collo di animali, teste di arieti con corna divergenti (mosaici dalle case della Fenice, delle Teste d'ariete, dei Pappagalli con nastri). Erano particolarmente diffuse le rappresentazioni di animali: scene di caccia decoravano le case (cacce c.d. 'di Worchester', 'di Honolulu', di 'Dumbarton Oaks', dal nome del luogo di conservazione attuale), mentre 'paradisi' di animali ornavano le chiese (martyrium di Seleucia Pieria presso A.). Nulla è rimasto invece delle pitture murali che certamente dovevano abbellire questi edifici.Tra i bassorilievi e i rilievi incisi, sono di particolare importanza le frammentarie lastre decorative in marmo provenienti dal martyrium di Seleucia (Princeton, Art Mus.), che costituiscono in effetti il primo gruppo di opere a soggetto cristiano scoperto ad Antiochia. Vi sono rappresentate scene tratte da diversi cicli dell'Antico e del Nuovo Testamento (Ottateuco, Libro dei Re, Vangeli), secondo un programma coerente che conferisce a questa decorazione un posto a sé nell'iconografia paleocristiana.Fra le arti fiorenti ad A. era compresa senza dubbio la lavorazione dell'argento, ma, nonostante il grande numero di tesori ritrovati nella Siria del Nord (Riha, Ḥamā) o a Cipro (Kerynia), non si può attribuire con certezza nessun pezzo alla produzione della metropoli, neppure il famoso calice detto 'di Antiochia' (New York, Metropolitan Mus. of Art), forse del sec. 6°, la cui autenticità, in passato più volte posta in discussione, sembra oggi definitivamente confermata.La prosperità della città volse presto al termine: eventi come l'incendio del 525, catastrofi naturali, come i terremoti del 526 e del 528, e invasioni, come l'incursione di Cosroe del 540, determinarono gradualmente il suo declino, malgrado gli sforzi di rinnovamento messi in atto dagli imperatori Giustino I (518-527) e Giustiniano (527-565), preoccupati di conservare l'antico prestigio della città. Nel 528 la città fu ribattezzata Theopolis per attirarle la benevolenza divina. Vennero riedificate o messe in cantiere numerose costruzioni: le chiese dedicate alla Vergine, ai ss. Cosma e Damiano, all'arcangelo Michele, l'ottagono di Costantino, la basilica di Anatolio, un ospedale, delle terme. Dopo il sacco del 540, la ricostruzione proseguì con lo stesso ritmo: a questo periodo risale in particolare la realizzazione dei bastioni, splendido esempio di architettura militare e unica testimonianza ancor oggi visibile di questo sforzo di ripresa. Tuttavia, nonostante la volontà imperiale, la città decadde e si spopolò: si ebbe un vero e proprio esodo verso Costantinopoli e l'Occidente.L'inizio del sec. 7° vide infine l'occupazione della città da parte dei Persiani e il saccheggio sistematico dei tesori delle chiese. La breve ripresa a opera di Eraclio (610-641) non riuscì a frenare l'avanzata degli Arabi verso la Siria del Nord: A. venne conquistata nel 637-638. Senza dubbio a quest'epoca la città non era più paragonabile a quella che era stata in passato; tuttavia c'è da chiedersi se gli storici antichi non abbiano enfatizzato il carattere definitivo della decadenza di A. dopo il 540. Il discorso attribuito da Leone Diacono a Niceforo II Foca mostra quale ammirazione suscitasse ancora la città nel sec. 10°: dopo tre secoli di occupazione araba essa appariva sempre "la terza città del mondo per la bellezza e la grandiosità dei suoi bastioni [...], l'importanza della sua popolazione e la qualità straordinaria dei suoi edifici" (Hist., IV, 11; PG, CXVII, col. 765).Nel 969 A. venne strappata agli Arabi e tornò a essere bizantina. Risale a quest'epoca un interessante reliquiario in argento dorato, conservato ad Aquisgrana (Domschatzkammer), che reca, oltre a tre iscrizioni tratte dai Salmi, una dedica a Eustathios, stratega di A., e a Likandos, personaggio noto anche da altre fonti, la cui presenza ad A. è attestata nel 969-970. L'oggetto, che ha forma di chiesa absidata con cupola - a immagine del Santo Sepolcro - serve oggi come reliquiario, ma la sua funzione originaria ha sollevato numerose controversie. La produzione di un'opera di questo genere implica senza alcun dubbio il perdurare nei secoli ad A. di una tradizione artistica di alta qualità. Un'altra testimonianza è costituita dalla cittadella, rinforzata da quattordici torri rotonde, costruita alla sommità del Silpio, all'interno della cinta di Giustiniano.Strappata ai Bizantini nel 1084 dai Turchi Selgiuqidi, A. fu presa dai crociati nel 1098. Si sono conservate solo poche vestigia risalenti a questo periodo, durante il quale la città era ancora prospera, se si presta fede ai testi: drappi e sete di lusso vengono citati più volte come principali articoli di esportazione. L'unico monumento superstite è la piccola chiesa di S. Pietro (m. 159,50), scavata nella roccia forse nei primi tempi del cristianesimo; prolungata da una campata costruita al tempo delle crociate, essa presenta a O una facciata con tre portali, ciascuno sormontato da un piccolo rosone di esecuzione alquanto rozza. Frammenti di mosaici ricoprono il pavimento; sul muro di fondo appaiono alcune tracce di pittura. Dopo 170 anni di esistenza il principato franco di A. venne annientato nel 1268 dal sultano mamelucco Baybars I; la città, completamente saccheggiata e distrutta, da quel momento divenne una modesta borgata.
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