GIOVANNI, antipapa
Di lui sappiamo soltanto che era un diacono della Chiesa romana, che venne eletto pontefice il 25 genn. 844 e che fu deposto lo stesso giorno della sua elezione. Non è chiaro cosa sia avvenuto dopo la morte di Gregorio IV e come si sia arrivati al tentativo di G. di farsi proclamare papa.
Il biografo di Sergio II nel Liber pontificalis narra che clero e laicato, alla morte di Gregorio IV, si erano accordati sul nome dell'arciprete Sergio, senza però procedere subito alla proclamazione formale dell'eletto, alle acclamazioni e all'insediamento di rito nel palazzo lateranense. Scioltasi la riunione, sembra che il diacono G. (secondo il Liber pontificalis, spinto dalla sua ambizione) sia stato l'unico a opporsi all'elezione di Sergio; egli scese in campo reclutando i suoi sostenitori tra le file del popolo romano e nelle campagne ("agresti populo") e, messosi alla loro testa, irruppe nel patriarchio, dove si fece intronizzare. Marazzi sostiene che fautore di G. fu anche il clero lateranense che, non a caso, non compare tra le file dei sostenitori di Sergio II.
Nel Liber pontificalis non vengono risparmiate parole dure per l'operato di G.; il biografo si premura di mettere in risalto il totale isolamento nel quale l'intruso si trovò appena un'ora dopo la sua irruzione all'interno del patriarchio. Sembra che i suoi sostenitori, colti dal panico, si fossero quasi subito dispersi lasciandolo solo.
La reazione dell'aristocrazia laica fu immediata; i "Quiritum principes" sventarono prontamente il tentativo di G. e, riunitisi nella basilica di S. Martino, elessero papa l'arciprete Sergio; si recarono poi, armati, al patriarchio per intronizzare il nuovo pontefice e giunti lì deposero G. e lo incarcerarono.
L'elezione e la consacrazione di Sergio II si svolsero dunque nella massima fretta per evitare ulteriori disordini, ignorando completamente quanto stabilito dalla Constitutio Romana dell'824; il papa venne consacrato in S. Pietro alla presenza di sacerdoti, grandi dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica e l'intera popolazione romana. Successivamente un numero imprecisato di "Romanae urbis principes" proposero di riunirsi a concilio con i vescovi per giudicare G. e alcuni ne chiesero la condanna a morte. Il Liber pontificalis narra però che il "benignus et sollertissimus" Sergio II volle risparmiare la vita del diacono facendolo rinchiudere in un monastero.
Non conosciamo il luogo e la data della morte di G. né dove venne sepolto.
L'episodio che vide protagonista G. può essere interpretato come un tentativo, mal riuscito, di sottrarre l'elezione pontificia al controllo della nobiltà romana, decisa fautrice della elezione di Sergio II, arciprete già avanti con l'età ma di nobili origini. È probabile che in seguito alla morte di Gregorio IV fossero scoppiati disordini tra le diverse fazioni cittadine e che G. alla testa dei ceti più umili avesse tentato di opporsi all'elezione di Sergio.
Fonti e Bibl.:Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1886, p. 87; L. Duchesne, I primi tempi dello Stato pontificio, Torino 1967, pp. 209 s.; O. Bertolini, Osservazioni sulla "Constitutio Romana" e sul "Sacramentum cleri et populi romani" dell'824, in Id., Scritti scelti di storia medioevale, II, Livorno 1968, pp. 705-738; C. Falconi, Storia dei papi, II, I papi dei secoli di ferro scelgono l'Occidente (Il grande scisma con Bisanzio), Roma-Milano 1968, p. 399; E. Amann, L'epoca carolingia, in Storia della Chiesa, a cura di A. Fliche - V. Martin, VI, Torino 1972, pp. 275 s.; F. Marazzi, G., in Diz. storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, p. 643; Enc. cattolica, VI, col. 582; J.N.D. Kelly, The Oxford Dictionary of popes, Oxford-New York 1986, p. 209; Lexikon des Mittelalters, V, col. 540.