Innocenzo III, antipapa
Le notizie su "Landus setinus", eletto con il nome di I., come quarto antipapa contrapposto ad Alessandro III, sono quanto mai scarse. Le fonti concordano sul luogo di origine, Sezze, castello dei Lepini controllato già in quel momento dai conti da Ceccano; mentre secondo il continuatore "aquicinctinus" della Cronaca di Sigeberto di Gembloux la famiglia di origine sarebbe "de progenie illorum, quos Frangipanes Romani vocant", le altre fonti narrative non avanzano ipotesi sui legami familiari. Il Gregorovius aveva escluso una parentela con la famiglia Frangipane, ritenendo invece che provenisse da uno dei lignaggi di origine tedesca insediati in Campagna e Marittima; gli autori successivi (J.M. Brixius, P.F. Kehr) hanno accettato la proposta e ritengono che l'eletto appartenesse ad una famiglia di origine tedesca stanziata in Campagna. Gli atti non aiutano a definire il gruppo familiare: tenendo conto dell'adesione di Lando al gruppo di dissidenti che appoggiava già Vittore IV, è improbabile un legame con i Frangipane. In quel periodo (1159-1160) questi non avevano certamente un atteggiamento ostile verso Alessandro III, in quanto la politica della famiglia appoggiava completamente Rolando Bandinelli, come lasciano intendere la consacrazione avvenuta a Ninfa, già concessa ai Frangipane, e gli avvenimenti successivi, almeno fino agli ultimi anni di pontificato di Alessandro III. Non è da escludere che Lando facesse capo ad una famiglia, della quale non è possibile verificare l'origine tedesca, che viveva a Sezze o nei castelli vicini. Proprio papa Eugenio III aveva recuperato Sezze ed altri castelli nel 1151 (Le Liber pontificalis, II, p. 387). Non abbiamo notizie certe sui lignaggi che avevano occupato i castelli. Mettendo insieme le scarse notazioni sulle vicende di Sezze nel XII secolo, proprio i da Ceccano potrebbero aver occupato il castello, nella loro avanzata espansiva verso i Monti Lepini, come attesta il possesso di diritti a Sezze ben prima della concessione di Innocenzo III. Ma lo svolgimento degli avvenimenti non lascia supporre in questo periodo una vera ostilità nei confronti del pontefice Alessandro III. Un motivo di scontento per i Setini poteva derivare dall'unione della sede episcopale di Sezze, insieme a Priverno, a quella di Terracina, avvenuta alla fine dell'XI secolo, ma nessun indizio depone a favore di un'azione del clero locale contro la Curia pontificia. Pertanto le fonti locali non aiutano a delineare con maggiore precisione la famiglia cui apparteneva "Landus setinus". Egli certamente deve aver fatto parte del gruppo dei sostenitori dell'antipapa Vittore IV, che seguì a Pavia dove l'imperatore Federico I aveva convocato il concilio per appoggiare il suo candidato. Lando forse era stato già ordinato cardinale diacono del titolo di S. Angelo, e in tale veste sottoscrisse i privilegi di Vittore IV per le chiese di Marienthal (Halberstadt), Deutz presso Colonia e per Erlebaldo, abate "Stabulensi". Si spostò poi al seguito dell'antipapa a Cremona e a Parma e restò al suo fianco fino alla sua morte (20 aprile 1164). A Lucca, il 22 aprile 1164, insieme agli altri cardinali di Vittore IV e con Rainaldo di Dassel arcivescovo di Colonia, Lando prese parte all'elezione di Guido di Crema (Pasquale III), continuando a partecipare all'attività della Curia del secondo antipapa e seguendolo nelle varie sedi di residenza, a Viterbo prima e poi a Roma in S. Pietro. Le sottoscrizioni di alcune lettere di Pasquale III confermano gli spostamenti e le sedi di residenza. Ancora nel gruppo dei dissidenti, Lando fu presente all'elezione dell'antipapa Callisto III a Roma nel settembre del 1168 e seguitò a svolgere una funzione di appoggio. Come cardinale diacono di S. Angelo, sottoscrisse un nuovo privilegio per l'abate Erlebaldo il 15 aprile 1172: dopo tale data non si conoscono altre sue sottoscrizioni in questa veste. In effetti dall'elenco dei cardinali di Alessandro III risulta che, dal 14 marzo 1173, titolari di S. Angelo erano stati prima Ugo e, in seguito, Giovanni, attivi in diversi affari, mentre fino a quella data nessun cardinale di Alessandro III aveva ricoperto quel titolo. Con tutta probabilità, dopo "Bonadies" promosso cardinale da Eugenio III e che restò in carica fino al 1159, la sede doveva essere ricoperta da Lando, al quale era stata assegnata da Vittore IV, subito dopo la sua consacrazione. Alessandro III aveva proceduto ad altre nomine ma non aveva disposto di questa chiesa, probabilmente per una forma di rispetto, quasi una spartizione dei titoli cardinalizi di Roma, a seconda dell'obbedienza. Gli anni successivi sia a Roma che in Italia sono segnati da eventi largamente favorevoli ad Alessandro III: netta e decisa la sua affermazione nei confronti dell'imperatore Federico I, come si deduce dai termini del "pactum anagninum" (novembre 1176), che contiene le principali proposizioni approvate nella pace di Venezia (luglio 1177). I termini degli accordi, oltre al riconoscimento di papa Alessandro come pontefice legittimo, prevedevano la restituzione al papa della "Praefectura Urbis". L'imperatore rinunciava quindi ad intervenire nel governo di Roma e riconosceva anche i diritti della Chiesa sulle terre del Patrimonio ed era previsto l'aiuto imperiale per conservare su di esse il controllo pontificio. Si stabiliva inoltre che l'antipapa Callisto avrebbe potuto ricevere, su sua richiesta, un'abbazia e i suoi cardinali avrebbero dovuto mantenere le dignità che ricoprivano prima dello scisma (Pontificum Romanorum, p. 599). Le decisioni della pace, che avallavano la resa di Federico I, erano sfavorevoli tanto al prefetto di Roma, Giovanni di Vico, quanto a Callisto III. Esse dettero perciò nuovo impulso alla resistenza sia degli ecclesiastici favorevoli a Callisto sia dell'aristocrazia laica che si strinse attorno al prefetto. Ma, vuoi per l'abilità di Alessandro III nel trattare con Giovanni di Vico, vuoi per la situazione complessivamente mutata, ora che tra il pontefice e l'imperatore le relazioni erano ristabilite, prima il prefetto e poi Callisto III si sottomisero ad Alessandro III. Non per questo si sciolse il gruppo dei dissidenti, anche se non sono attestate azioni per un anno e poco più (metà 1178 - settembre 1179). Il partito antipapale, secondo l'espressione del continuatore "aquicinctinus" di Sigeberto "quietem non ferentes ecclesiae", cioè non sopportando che la Chiesa fosse in pace, continuava in una sotterranea resistenza, della quale non si colgono le mosse, e attendeva il momento propizio per uscire allo scoperto. Questo si presentò quando Cristiano di Magonza, già consigliere imperiale, divenuto un fervente sostenitore e difensore di Alessandro III, venne catturato da Corrado di Monferrato a Piorago e imprigionato ad Acquapendente e poi a Montefiascone (ibid., pp. 647-48) restando fuori della scena per quindici mesi. In assenza di Cristiano il gruppo degli scismatici, oppositori ad oltranza di Alessandro III, procedette all'elezione di un nuovo antipapa, e la scelta cadde su "Landus setinus". La sua lunga militanza nel partito scismatico costituiva una garanzia per la continuazione dello scisma e per lui significava un riconoscimento della lunga fedeltà. Sulla data dell'elezione le due fonti cronistiche che ne trattano discordano: gli Annales Ceccanenses rimandano al 29 settembre 1178 (p. 286), mentre il continuatore di Sigeberto conferma il 29 settembre ma del 1179. Quasi certamente l'elezione avvenne nel 1179, anno che corrisponde all'inizio della detenzione di Cristiano. Del resto ad un ulteriore antipapa non si fa cenno in nessun atto del concilio Lateranense convocato da Alessandro III, che si era tenuto nel mese di marzo 1179. Nel lungo arco di tempo di sopravvivenza il "partito antipapale" aveva subito mutamenti e alternanze, ma quali, al momento della nuova elezione, ne fossero i componenti è difficile dire. Ne facevano parte i signori insediati nei castelli che circondavano Roma, i signori della Campagna e forse non vi erano estranei allora, circa vent'anni dopo la formazione del gruppo, né i Frangipane né i conti da Ceccano: però, oltre ai parenti di Ottaviano di Monticelli (Vittore IV), probabilmente suo fratello, non conosciamo altri nomi. Considerando le vicende successive, i rapporti del papato con i due lignaggi Frangipane e da Ceccano sicuramente avevano subito un peggioramento: i primi avevano completamente snaturato i termini della concessione pontificia della città di Terracina, trasformandola dal godimento di alcuni diritti in una vera e propria signoria, come è possibile dedurre dalle lamentele degli stessi Terracinesi al pontefice Lucio III; i da Ceccano avevano ampliato i propri domini includendo il castello di Castro, che resero poi a papa Lucio III (Annales Ceccanenses, p. 287). Nessuna azione dell'antipapa è ricordata: trascorse i pochi mesi, tra il settembre 1179 e i primi di gennaio 1180, nel castello di Palombara di proprietà del nobile fratello di Ottaviano di Monticelli, che continuava a nutrire odio e risentimento verso il papa. La nuova elezione rattristò l'animo di Alessandro III, che, nell'occasione, forte del riconoscimento generale, senza frapporre indugi cercò di comporre lo scisma in tempi brevi, con una rapidità di azione che, se chiarisce la raggiunta sicurezza di Alessandro, lascia però adito a supposizioni sul timore che la situazione potesse degenerare. Dopo aver consultato i cardinali, ad Ugo, cardinale diacono di S. Prassede e autorevole esponente della famiglia Pierleoni, il papa affidò l'incarico di venire a patti con il signore del castello. La forma più immediata per concludere gli accordi fu l'acquisto, a caro prezzo, del castello dove era rifugiato l'antipapa, che fu condotto davanti al pontefice; questi fece rinchiudere in prigione l'ennesimo contendente con i suoi sostenitori. Le fonti denominano in maniera diversa il luogo della prigionia: "in Cavea" (Sigiberti Chronica, p. 418); "apud Caveam" (Annales Ceccanenses, p. 287); "ad cavas" (Annales Casinenses, p. 312). L'identificazione più probabile sembrerebbe Cave, castello sul quale la Chiesa romana godeva alcuni diritti, vicino al luogo della cattura e facilmente raggiungibile, ma secondo Ph. Jaffé (Regesta Pontificum Romanorum, p. 431) l'antipapa era stato imprigionato "in monasterio Cavensi", ossia Cava dei Tirreni, luogo di detenzione di altri dissidenti. Con la cattura di Lando da Sezze e dei suoi seguaci furono messi fuori causa gli ultimi epigoni di un gruppo di dissenso che aveva alimentato per un lungo periodo, vent'anni circa, la divisione interna alla Chiesa con dissidi e disagi per la cristianità.
fonti e bibliografia
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