ANTIPARASSITARI
Sono i prodotti chimici usati per la distruzione o la limitazione di organismi dannosi ai prodotti agricoli, sia nella fase di produzione sia in quella di conservazione e trasformazione; in questa definizione, che ricalca quella inglese di pesticide, sono compresi: 1) gli anticrittogamici, oggi più spesso chiamati con l'inglesismo "fungicidi" (v. in questa App.); 2) gl'insetticidi e gli acaricidi; 3) i diserbanti, in quanto le erbe infestanti danneggiano le culture, pur non essendone parassite; 4) molluschicidi, nematocidi, rodenticidi (v. in questa Appendice).
A seconda della destinazione, gli a. vengono chiamati disinfestanti o zoodisinfestanti, se usati per ambienti e attrezzature o rispettivamente allevamenti animali; se usati su culture vegetali in atto si riserva loro il nome di litofarmaci (v. in questa Appendice).
L'uso degli a. cresce di anno in anno e sembra indispensabile per gli aumenti di produzione agricola richiesti dall'accrescersi della popolazione. Nonostante un'insistente propaganda contraria, è generalmente accettato che i benefici derivati dall'uso degli a. sono superiori ai pericoli diretti per la salute umana e ai danni per l'ecosistema.
Mentre si può affermare che senza a. non si potrebbero praticamente produrre, trasformare, conservare e distribuire prodotti agricoli nemmeno in quantità più volte minori di quelle attuali, esistono grandi difficoltà sia tecniche che concettuali per precisare quantitativamente gli svantaggi. Oltre alla tossicità acuta, è importante studiare la tossicità cronica degli a., di norma non determinata direttamente sull'uomo ma ricorrendo a esperimenti su animali. Per ogni a. esiste, si suppone, una certa quantità massima che può essere quotidianamente ingerita senza nessun danno (questa ipotesi è concettualmente indeterminata ed oggetto di vivaci critiche) e una volta stimata questa quantità ADI (Accettable Daily Intake) su un certo numero di animali di diversa specie, si può estrapolare all'uomo, compensando le incertezze e i rischi dell'estrapolazione con l'introduzione di un ampio margine di sicurezza.
Per stabilire se la concentrazione residua di un dato a. in un certo alimento è sufficientemente bassa da non presentare pericoli sanitari, una volta noto l'ADI, si stima la quantità dell'alimento che entra nella dieta media, tenendo conto però delle grandi variazioni di consumo che possono aversi in un medesimo luogo (per es., bibite e dolciumi consumati da bambini in quantità molto superiore alla media) e tra luoghi diversi (per es., il vino e l'olio d'oliva nei paesi mediterranei). Ogni nazione stabilisce su queste basi "tolleranze", cioè concentrazioni massime ammissibili negli alimenti per ogni a.; in alcuni casi è prescritta tolleranza zero. Questo solleva altre difficoltà concettuali, in quanto la concentrazione minima rilevabile dipende dal metodo di analisi e una concentrazione nulla è definibile solo con un metodo di analisi infinitamente sensibile.
La legislazione stabilisce spesso anche tempi di carenza, cioè minimi intervalli di tempo che debbono trascorrere tra l'ultima applicazione dell'a. e la raccolta o la commercializzazione, considerando che la concentrazione di alcuni residui diminuisce spontaneamente. Un rischio aggiuntivo è la formazione di metaboliti, che possono essere più tossici del prodotto da cui hanno origine e che a volte sono diversi a seconda dell'organismo che li elabora.
Nella maggior parte dei casi i residui di a. sono ben al di sotto dei massimi compatibili con l'ADI, quando la produzione e trasformazione dell'alimento sono correttamente eseguite. Ciò non esclude che alcuni consumatori possano venire esposti a dosi pericolose di alcuni a. a causa di errori tecnici: si possono citare le cardiopatie, alcune delle quali mortali, derivate dall'uso di birra contenente cobalto, in quantità maggiori dei quattro litri/giorno stimati come media per i forti bevitori; gli avvelenamenti da mercurio-organici dovuti al consumo alimentare di granaglie destinate alla semina. D'altra parte, come il concetto stesso di ADI è sottoposto a continuo affinamento, così i valori numerici che assume sono soggetti a revisione in dipendenza dei molti fattori che lo determinano.
L'uso degli a. comporta anche rischi ecologici, dovuti sia al trattamento stesso che perturba l'equilibrio limitando lo sviluppo di varie popolazioni di organismi, sia ai residui di a. che possono avere conseguenze a lungo termine di grande portata.
Per quanto detto, è indispensabile un controllo analitico costante dei residui di a. nelle derrate alimentari, sia per i rischi sanitari ed ecologici sia per la necessità, per i prodotti esportati, di soddisfare alle regolamentazioni sulle tolleranze stabilite dai vari paesi. L'analisi degli a., dei loro residui e dei metaboliti è una branca estremamente vasta e articolata della chimica analitica e si vale delle tecniche e delle strumentazioni più avanzate, al cui sviluppo essa ha probabilmente dato notevole impulso. Le principali difficoltà sono presentate dalle concentrazioni a volte estremamente basse di a. (le tolleranze sono date di solito in ppm, cioè in milionesimi di g/g e gli ADI in frazioni di mg/kg di peso corporeo) e dalla varietà della composizione chimica delle sostanze alimentari in cui devono essere determinate. La maggior parte dei procedimenti analitici è basato su separazioni cromatografiche. In particolare con la gascromatografia si separano con rapidità, ma spesso dopo una purificazione preliminare, e al tempo stesso si determinano quantitativamente i residui, la cui struttura può essere contemporaneamente confermata quando al gascromatografo sia collegato uno spettrografo di massa; con la cromatografia liquido/liquido ad alta pressione, recentemente introdotta, si separano e determinano con analoga sensibilità e rapidità residui di a., con l'addizionale vantaggio di poter operare anche su sostanze poco volatili o termolabili, quali sono a volte i metaboliti degli antiparassitari.
Grande importanza ha assunto lo studio delle trasformazioni che gli a. subiscono ad opera di organismi viventi. La conoscenza del metabolismo nell'uomo (o negli animali superiori) permette d'identificare eventuali metaboliti tossici e di prevedere eventuali interazioni con altri a., mentre negli organismi da distruggere e in altri organismi permette di progettare altri a. più efficaci o più selettivi e quindi tecnologicamente più validi e più sicuri ecologicamente. L'uso di prodotti marcati con isotopi radioattivi è uno dei principali metodi di studio di questi come di altri metabolismi.
Le preoccupazioni igieniche ed ecologiche rendono sempre più lento, difficile e costoso il processo di scoperta e introduzione nel mercato di nuovi principi attivi. È probabile che nel prossimo futuro un numero sempre minore di nuovi prodotti venga a unirsi ai vecchi e che gli sviluppi consistano in usi sempre più accorti dei prodotti esistenti. Le tecniche agricole, tuttavia, richiedono in continuazione principi attivi essenzialmente nuovi, sia per sostituire altri tossici o ecologicamente pericolosi, sia per superare i fenomeni di resistenza dovuti a selezione, fenomeni frequenti fra gl'insetti e fra le erbe infestanti.
Il consumo di a. nel mondo è crescente. I dati aggregati non sono tuttavia stimabili. La produzione e il consumo in Italia sono riportati in grafico per gli anni 1961-74, assieme ad alcune previsioni formulate nel 1970: la crescita è stata superiore non solo per il deprezzamento della moneta e l'aumento del costo unitario dei prodotti, ma anche per l'aumento della produzione.
Le esportazioni italiane nel 1973 erano stimate a 275 milioni di dollari (totale mondiale 1055, europeo 773,5) mentre le importazioni a 42 (mondiale 1102, europeo 483). Gli aumenti rispetto agli anni precedenti sono percentualmente molto maggiori che per le macchine agricole e i concimi chimici. Sembra difficile che quest'andamento possa rovesciarsi in un prossimo futuro grazie a nuove tecniche di lotta biologica. L'uso sempre più massiccio di a. vecchi e nuovi porterà certamente, soprattutto in paesi a tecnologia arretrata, a inquinamenti crescenti su scala mondiale, che solo ricerche sempre più avanzate potranno contenere.
Bibl.: Elenchi di a., corredati dei dati essenziali: A. M. Sisto, Repertorio sistematico delle formulazioni antiparassitarie ad uso agricolo ed igienico-sanitario, Pavia 1969; H. Martin, Pesticide manual, British crop protection Council 1971 M. Muccinelli, Prontuario dei fitofarmaci, Bologna 1973. Per i dati sulla produzione e consumo in Italia: Annali di statistica agraria, ISTAT Roma. Per i metodi analitici, il problema dei residui e dei metaboliti: G. Zweig, Analytical methods for pesticides, plant growth regulators, and food additives, New York, 4 voll. 1963-64; R. E. Duggan, Pesticides analytical manual, Washington 1969; le riviste: Residue reviews, dal 1962; Pesticide biochemistry and physiology, dal 1971; oltre alle riviste di chimica analitica, tra cui in particolare: Journal of agricultural and food chemistry, dal 1953; Journal of the Association of official agricultural chemists, dal 1966.