antipolitica
antipolìtica s. f. – Con questo termine si intende comunemente un sentimento di avversione spontaneo e generalizzato contro la politica che può avere diverse manifestazioni: dall’astensionismo elettorale alla delegittimazione della classe politica, al successo di movimenti neopopulisti grazie al ricorso a formule e slogan che accentuano un senso di rifiuto della politica tradizionale. Dalla fine degli anni Novanta del 20° sec., il vocabolo ricorre con un’intensità sempre più frequente sulla stampa, nei mass media, nelle pubblicazioni scientifiche specializzate, ma il significato che viene attribuito a questa espressione è quantomeno mutevole, a seconda del contesto nel quale viene adoperata. Il fenomeno dell’a. rivela, infatti, insieme al sentimento di alienazione e ostilità della cittadinanza verso la classe dirigente, una crescente esigenza di partecipazione alla gestione della cosa pubblica e alle tematiche che riguardano la collettività. Da ciò il bisogno di distinguere, da un lato, l’a. come argomento usato da leader, movimenti, partiti, ma anche dai media, e, dall’altro, come diffuso sentimento sociale. Considerata da questo punto di vista, l’a. rivela non solo protesta, ma una diffusa domanda di politica, un’estesa disponibilità a partecipare, condivisa da milioni di cittadini: non rifiuto, quindi, del sistema politico (ordinamento democratico, Parlamento, partiti, governo) ma di una classe politica divenuta sempre più lontana dagli interessi del Paese, chiusa in giochi di potere e nella difesa di privilegi di casta (a volte inquinati da una corruzione sistemica), senza capacità di rinnovarsi nei programmi e negli uomini. In questa prospettiva l’a. diviene richiesta di una politica diversa fatta di uomini nuovi e di programmi non genericamente ripetitivi ma fondati su un diretto rapporto con i cittadini e sulla conoscenza dei problemi reali del Paese. Spesso il discrimine fra l’a. come generica protesta e l’a. come richiesta di una nuova classe dirigente e di un diverso esercizio del potere è tenue, ma sarebbe fuorviante non tentare di capire la presenza delle varie componenti di un fenomeno che viene assumendo, nei diversi paesi, forme sempre più incisive, critiche e non convenzionali di partecipazione sociale. Si può parlare di un insieme di pratiche, coadiuvate anche dall’uso delle nuove tecnologie informatiche, attraverso le quali i cittadini esercitano una possibilità di correzione, controllo e pressione sulle istituzioni democratiche e sugli attori della rappresentanza, primi fra tutti i partiti. In Italia la distanza sempre maggiore che ha segnato il rapporto tra elettori e classe dirigente è stata l’humus ideale per il diffondersi degli slogan e delle idee con cui viene generalmente connotata l’a., soprattutto a partire dalla seconda repubblica. È da notare che anche Silvio Berlusconi, sin dalla sua prima campagna elettorale per le elezioni del 1994, proponeva tra i suoi messaggi quello del rifiuto integrale della classe dirigente che lo aveva preceduto, proponendosi come uomo del fare e come imprenditore estraneo alle logiche corrotte della vecchia politica. Non a caso suo alleato era la Lega Nord, che cavalcava nelle regioni settentrionali dei diffusi sentimenti antisistema facilmente riconducibili al concetto di antipolitica. Negli ultimi anni si sono affermati movimenti di natura – almeno inizialmente – non partitica, che hanno saputo raccogliere grande seguito e popolarità facendo leva sull’avversione dei comuni cittadini nei confronti dell’inadeguatezza e dei troppi privilegi della classe politica. L’attività legislativa e di governo in Italia durante il primo decennio del 21° sec. ha scatenato a più riprese dibattiti e proteste contro il mantenimento del sistema di benefici e dell’impunità dei gruppi di vertice, vedendo aumentato il risentimento di ampi strati della popolazione. Anche l’opposizione è sembrata incapace di contrastare una gestione del potere sempre più sorda alle reali esigenze della società italiana e incapace di interpretarne i mutamenti. Un forte impulso alle diverse istanze dell’a. è stato dato dall’entrata in vigore, nel 2005, della legge elettorale denominata sarcasticamente porcellum, che tra i dispositivi principali esclude il voto di preferenza e quindi riserva ai partiti la scelta degli eletti secondo la posizione in lista. Nel primo decennio di inizio secolo è stato sempre più spesso associato al termine a. il nome di Beppe Grillo, comico che è andato a identificarsi con la figura del tribuno popolare. Le sue aspre critiche al sistema dei partiti e all’organizzazione della cosa pubblica italiana hanno assunto, durante i suoi spettacoli e poi durante i comizi, toni sempre più irrisori e verbalmente violenti. Una certa rilevanza mediatica hanno avuto poi i V-day del 2007 e 2008, le manifestazioni indette da Grillo per catalizzare i sentimenti diffusi tra i cittadini ostili al regime partitocratico. Nel 2009, l’attivista ha fondato un vero e proprio partito, il Movimento 5 stelle, al quale non sono mancate accuse di populismo e opportunismo da ogni parte politica, e che tuttavia ha raggiunto notevoli e sorprendenti risultati elettorali alle consultazioni amministrative del maggio 2012.