antipsichiatria
Movimento di contestazione sorto all’interno della psichiatria e della psicanalisi anglosassoni a partire dal 1965. Le sue origini vanno individuate nel recupero di istanze esistenzialistiche con accentuazione del diritto alla libertà di scelta soggettiva e, soprattutto in Francia, in suggestioni provenienti dagli studi sull’archeologia del sapere di M. Foucault. Partendo dalla terapia delle psicosi e della schizofrenia, il movimento ha criticato radicalmente il concetto di malattia mentale considerandola come una scelta dell’individuo in risposta a contraddizioni sociali, circostanze di vita e condizionamenti psicologici familiari, piuttosto che come risultato di malattie, disfunzioni e disturbi. Secondo i teorici dell’a., la stessa istituzione psichiatrica deve tendere alla propria negazione per presentarsi come semplice struttura sociopolitica aperta. Particolare sviluppo ha ricevuto tale ultimo aspetto in Italia all’interno del movimento Psichiatria democratica che ha contestato alla psichiatria tradizionale, e ai nosocomi psichiatrici, un ruolo di conservazione sociale e politica. Sono emerse le figure di F. Basaglia, E. Cotti e R. Vigevani, la cui azione ha influito sulle nuove norme previste dalla l. 431 del 18 marzo 1968 in merito al ricovero, al trattamento, alla dimissione e allo status giuridico di coloro che soffrono di disturbi psichici, e sulla successiva legge di riforma psichiatrica, n. 180 del 13 maggio 1978.