antitrust
<ä'ntitrḁst> (it. <antitràst>), agg. ingl., usato in it. come agg. e s. m. – Al termine, che in astratto è suscettibile di esprimere vari significati, sono attribuiti due principali sensi: da un lato, l’insieme delle norme volte a disciplinare un certo statuto giuridico degli scambi (in tale senso è usato anche come agg.: legge, disciplina a.); dall’altro, l’autorità deputata all’applicazione di tale disciplina. In base al primo significato, a. sta per disciplina o diritto della concorrenza tra imprese; in base al secondo, per Autorità garante della concorrenza e del mercato o per Commissione CE, a seconda che si consideri l’ordinamento nazionale o quello comunitario. L’origine della disciplina a. è correntemente associata all’emanazione dello Sherman antitrust act, vale a dire la prima legge del Congresso degli Stati Uniti d’America in materia di concorrenza. In Europa, la disciplina della concorrenza si è diffusa a partire dalla seconda metà dello scorso secolo: dapprima in ambito comunitario, con l’approvazione del Trattato di Roma (1957); successivamente nei singoli stati membri, con l’emanazione di leggi concepite sul modello del regime europeo. In Italia, la disciplina a. è stata introdotta con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990, la quale pone il divieto di intese, abusi di posizione dominante e concentrazioni, suscettibili di alterare la competizione tra le imprese. La legge istituisce, inoltre, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, alla quale spetta di reprimere tali comportamenti, accertando l’esistenza di illeciti concorrenziali e applicando provvedimenti inibitori dei contegni vietati o di condanna al pagamento di sanzioni commisurate sino al 10% del fatturato delle imprese coinvolte. Tra i contegni vietati dalla legge n. 287/1990, risultano di peculiare interesse le intese descritte nell’art. 2. Tali sono gli accordi, le pratiche concordate e le deliberazioni di associazioni di imprese, che abbiano per oggetto o per effetto di pregiudicare in maniera consistente la concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Nel quadro degli orientamenti emersi nella giurisprudenza comunitaria con riferimento alle omologhe fattispecie contemplate nei trattati, l’A. ha individuato una vasta schiera di comportamenti idonei a configurare una collusione tra imprese e, per questa via, idonei a generare un’intesa anticoncorrenziale. La vocazione della disciplina a. è di stabilire un pieno regime di competizione negli scambi, sul presupposto che la concorrenza sia la condizione più efficiente dei traffici. In particolare, la concorrenza implicherebbe, per un verso, lo sviluppo e l’affermazione delle imprese sulla base esclusivamente delle proprie capacità competitive e, per altro verso, un’ottimale allocazione delle risorse. In ordine a quest’ultimo profilo, si reputa comunemente che, determinando la riduzione dei prezzi e l’incremento della qualità dei beni e servizi offerti, la disciplina della concorrenza riuscirebbe in vantaggio dei consumatori.