Scrittore (Firenze 1513 - Monselice 1574). Spirito inquieto e curioso, ingegno versatile e bizzarro, fu autore prolifico. Sua opera maggiore sono I marmi (1553).
Frate servita, abbandonò nel 1540 l'ordine per trasformarsi in prete secolare. Peregrinò per l'Italia settentrionale (Genova, Alessandria, Pavia, poi Milano, dove strinse amicizia con nobili signori, infine Piacenza, dove frequentò i corsi di giurisprudenza); fu poi a Roma e di qui tornò a Firenze, ove aprì una stamperia con poca fortuna. Dopo altri vagabondaggi, si fermò a Venezia dove fu tra i primi componenti dell'Accademia Pellegrina con il nome di Bizzarro. Si ritirò poi a Monselice dove visse solo e in modo stravagante fino alla morte.
Polemizzò con L. Domenichi e soprattutto con l'Aretino e scrisse moltissimo, in versi e in prosa, sui più svariati argomenti (Dialoghi della musica, Libraria prima e seconda, Pistolotti amorosi, La Zucca, I Mondi e soprattutto Le lettere). Opera sua principale sono I marmi (1553), in cui, fingendo di riferire i discorsi tenuti da gente seduta a chiacchierare presso i "marmi" di Santa Reparata a Firenze, il D. rappresenta la vita intellettuale, morale, sociale del suo tempo, combatte vizî e superstizioni, precorre idee sociali e dottrine scientifiche moderne. Per suggestione dell'Elogio della pazzia di Erasmo, amò chiamarsi "pazzo", e su questa autodefinizione insisté a lungo come sul più alto riconoscimento d'una fervida nobiltà d'ingegno, inquieta e perplessa dinanzi all'umana stoltezza e all'universale infelicità.