GORI, Anton Francesco
Nacque a Firenze il 9 nov. 1691 da Carlo Giacinto e Pellegrina Sacconi, di famiglia agiata. Della sua educazione conosciamo ben poco. Il padre avrebbe voluto che si esercitasse nella pittura come molti in famiglia (tra questi il cugino Giovanni Domenico Ferretti, autore di un noto ritratto di Giuseppe Averani), ma prevalse la sua vocazione alla vita ecclesiastica. Dall'età di otto anni fu chierico della chiesa di S. Giovanni, sotto la guida di A. Colzi, finché a 25 anni venne ordinato sacerdote. La sua educazione nelle scuole dei chierici regolari della Gran Madre di Dio fu poi indirizzata verso il classico (poesia ed eloquenza latina, calligrafia, pittura, musica e canto); apprese la filosofia e la teologia scolastica dal padre A. Politi. Una svolta nella sua formazione fu segnata da A.M. Salvini, "praeceptor meus" (Inscriptiones, p. XVI), che non solo avviò il G. a tradurre dal greco Aristofane, Isocrate, Luciano e Dionisio Longino, ma gli istillò l'amore per lo studio dei monumenti antichi e le tecniche per la comprensione e descrizione delle epigrafi e delle iscrizioni marmoree. Con quella del Salvini fu per lui fondamentale la frequentazione del senatore F. Buonarroti, altro riconosciuto maestro del G. nello studio delle antichità etrusche. Grazie a loro poté frequentare già durante gli studi le più illustri biblioteche fiorentine e conoscere a fondo i ricchissimi tesori dei musei privati dell'aristocrazia, che prese a proteggerlo. Il palazzo Gaddi, il giardino Corsini, la collezione Andreini sono solo alcuni dei musei e delle raccolte delle quali il G. fu appassionato e ricercato cicerone e dai quali trasse la miniera di informazioni antiquarie che ritroviamo in tutti i suoi eruditissimi scritti. Fu benvoluto a corte anche grazie all'amicizia influente di Marc-Antoine de Beauvau principe di Craon; il 5 apr. 1743 la segreteria di Stato, nella persona di Gaetano Antinori, lo incluse fra i Deputati alla revisione delle opere che si stampavano a Firenze.
Le prime opere del G. (Inscriptiones antiquaein Etruriae urbibus exstantes, Florentiae 1727-43; Monumentum sive colombarium libertorum et servorum Liviae Augustae et CaesarumRomae detectum in via Appia a. 1726, ibid. 1727) furono edite in stretta collaborazione con il Salvini e arricchite dalle note di questo. Nelle Inscriptiones, iniziate nel 1726 e dedicate a Violante Beatrice di Wittelsbach, vedova del principe Ferdinando de' Medici, il G. riunì in un unico corpo le antiche iscrizioni fiorentine e toscane disperse nei numerosi luoghi e musei del Granducato, per salvarle "ab interitu et oblivione" (p. VIII). Oggetto dello studio erano tutte le vestigia antiche (urne, basi, are, cippi, lapidi, tavole, corone, statue ecc.), investigate con l'aiuto della storia sacra e profana e della teologia. Nei tre volumi in quarto il G. raccolse oltre tremila iscrizioni, sulle orme di Ian Gruter, Ottavio Falconieri, Bernard de Montfaucon, grazie anche alla preziosa collaborazione di Sebastiano Bianchi, prefetto del Tesoro mediceo e alla costante protezione del conte Ferrante Capponi (dei cui figli il G. fu istitutore), unita al favore dei patrizi fiorentini Carlo Tommaso Strozzi e Francesco Guicciardini. Ognuna delle preziose tavole che arricchivano il testo era dedicata al fior fiore del mecenatismo fiorentino: G.M. Martelli, arcivescovo della città, il marchese Neri Corsini, i senatori Pandolfo Pandolfini e Antonio Del Rosso, il conte Camillo Capponi. Ma le dediche omaggiavano anche personaggi inglesi ben noti in Toscana, quali Thomas Coke e Thomas Deheram.
Nello stesso periodo il G. riscoprì e valorizzò le schedature inedite di iscrizioni antiche dovute a G.B. Doni, pubblicandone una cospicua parte (Inscriptiones antiquae, Florentiae 1731). Del Doni raccolse, annotò e dette alle stampe anche la corrispondenza (Commercium litterarium, ibid. 1754), mentre il trattato di musica intitolato Lira Barberina, ancora in stampa alla morte del G., fu pubblicato postumo da G.B. Passeri (ibid. 1763). Il G. lavorò anche a una traduzione dal greco del Del sublime attribuito a Dionisio Longino (Veronae 1733, con testo in latino, francese e italiano), la cui fortuna è testimoniata dalle numerose edizioni (Firenze 1734; Bologna 1748; Firenze 1816; Firenze 1819; Milano 1822).
Le fatiche storiche e letterarie del giovane erudito furono premiate nel 1730, allorché il granduca Gian Gastone de' Medici lo nominò pubblico professore di storia sacra e profana nello Studio fiorentino (cattedra già tenuta dall'abate G.B. Casotti), con stipendio di 100 e poi 120 scudi. Nello stesso tempo il G. dette inizio a un'altra colossale raccolta antiquaria, il Museum Florentinum exhibens insignioria vetustatis monumenta quae Florentiae sunt (Florentiae 1731-43), dedicata al granduca, della quale riuscì a pubblicare solo sei dei dieci volumi in folio previsti.
Per i primi due volumi, dedicati alle gemme antiche recanti immagini di imperatori, re, regine, eroi, filosofi, oratori, poeti, dei e dee, oppure raffiguranti scene omeriche, di storia e mitologia, aveva attinto non solo all'ampia raccolta medicea, ma anche alle dattilioteche private più insigni: in primis a quella ricchissima di casa Strozzi, poi a quelle dei marchesi Riccardi e Niccolini, del conte Della Gherardesca, dei musei Gaddi e Guadagni. Gli altri volumi, pubblicati nel 1743, furono invece dedicati ai medaglioni e monete antichi e allo studio delle loro raffigurazioni e iscrizioni. Nel suo De monetis Italiae del 1750-59 anche Filippo Argelati accolse alcune osservazioni del G. sulla composizione aurifera e argentea di certe monete antiche.
Il G. partecipò fin dall'inizio alle dotte riunioni che avrebbero dato origine alla Società Colombaria fiorentina; il 15 maggio 1735, con il nome di Adescato, fu tra i sedici amici fondatori: tra essi, oltre a Giovan Girolamo de' Pazzi, che ospitava il consesso, B.S. Peruzzi, G.B. Dei, G. Targioni Tozzetti, N. Bargiacchi e D.M. Manni. Il G. fu tra i soci più attivi. Sollecitò e collaborò alla pubblicazione del primo volume delle Memorie di varia erudizione della Società Colombaria fiorentina (Firenze 1747) curandone la prefazione, dove sottolineò che tutta l'"enciclopedia" era oggetto delle discussioni della dotta Società fiorentina e ricordò l'approvazione data al nuovo istituto dall'illustre L.A. Muratori, con il quale egli tenne un ventennale scambio epistolare (1730-49). L'antiquario fiorentino fu anche sollecito ed entusiasta propugnatore delle due colonie della Colombaria: quella palermitana, emanazione della locale Accademia del Buon Gusto, della quale fu attivo socio il sacerdote D. Schiavo, poi autore di un'Orazione funerale in lode del proposto A.F. G. (Venezia 1760); quella livornese, nei primi anni Cinquanta animata e presieduta dal prevosto Filippo Venuti, alla quale, pur essendo volta principalmente all'antiquaria, parteciparono studiosi come i medici G. Gentili, G. Cei e A. Gatti. Della seconda un appunto inedito del G. fornisce un prezioso elenco delle ventotto riunioni tenute tra il novembre 1753 e il giugno 1754.
Nel 1737 uscirono a Firenze i due ponderosi volumi in folio del Museum Etruscum exhibens insignia veterum Etruscorum monumenta, che raccoglieva il frutto delle annose ricerche del G. sulle antichità etrusche. L'opera passò alle cronache dell'epoca non solo per l'ampia erudizione che vi profuse, ma anche per l'aspra polemica innescata su di essa dal marchese Scipione Maffei, che nel quarto tomo delle Osservazioni letterarie (Verona 1739) contestò molti punti dell'opera, pure approvata dai Nova Acta eruditorum di quell'anno. In particolare la contesa riguardò l'alfabeto etrusco proposto dal G., ben diverso per numero, tipo e forma delle lettere da quello accolto dal Maffei. Altro punto discusso fu la derivazione greca non solo della lingua, ma anche di molti miti etruschi, sostenuta dal G. e avversata dal Maffei, che propendeva per un'origine orientale. Il G. non tardò a scrivere una Risposta al Maffei (Firenze 1739) molto decisa, che attribuiva l'astio del dotto marchese, pure suo corrispondente e amico almeno dal 1724 al 1737, a varie ragioni, per lo più estranee ai contenuti scientifici dell'opera. Secondo il G. il Maffei gli rinfacciava non solo una costante corrispondenza con mons. G. Fontanini, suo acerrimo nemico, ma soprattutto l'aver assegnato la primogenitura degli studi sulle antichità etrusche a F. Buonarroti, che in effetti fin dal 1726 aveva pubblicato le Aggiunte all'edizione fiorentina dell'Etruria reale di Thomas Dempster, mentre solo nel 1727 il Maffei, visionata l'opera del Buonarroti fornitagli da Sebastiano Bianchi, aveva aggiunto alla sua Storia diplomatica il ragionamento Degl'Itali primitivi, che riprendeva certe osservazioni del Buonarroti senza citarlo. Il G. dunque reclamò in primis una certa onestà da parte del Maffei che, oltre al Buonarroti, avrebbe dovuto ricordare almeno i nomi di A.M. Salvini e S. Bianchi, e inoltre smentì risolutamente di far parte di una "spezie di congiura" ordita contro il Maffei. Qualche anno dopo tornò sull'argomento nella Difesa dell'alfabeto degli antichi toscani (Firenze 1742), dove a una prima breve storia degli studi e dei progressi degli studi etruschi dalle origini al presente fece seguire una disamina più approfondita di quella della Risposta del 1729. Sostenne che le tavole eugubine contenessero canti devozionali dei sacerdoti arvali, non contratti, come asserito dal Maffei. Inoltre si ripromise di argomentare in seguito e con maggiore ampiezza sui profondi legami che riteneva esistere tra le lingue e culture etrusca e greca, e sul fatto che l'ultima poteva essere usata nell'interpretare la prima. Nella polemica si inserì anche G. Lami, che nelle note Lettere Gualfondiane (Firenze 1744), pubblicate con lo pseudonimo di Giuseppe Clemente Bini, tenne una posizione ancora diversa, ritenendo la lingua etrusca un dialetto collaterale della lingua latina, avente in comune con essa l'origine e molti tratti, e che la tavola eugubina contenesse la storia di una fuga della popolazione da Gubbio. Il G. scrisse così contro il Lami le Lettere critiche scritte da un accademico fiorentino a un accademico etrusco sopra le osservazioni fatte a una tavola di metallo scritta che si conserva in Firenze nel Museo Riccardiano (Lucca 1745). Comunque fu anche grazie a polemiche come questa che l'etruscologia divenne materia di sempre maggior interesse tra gli studiosi. Il G. fu un punto di riferimento anche riguardo la stampa e riproduzione dei caratteri etruschi: la sua preziosa strumentazione tipografica (punzoni e madri), già servita per l'edizione del Dempster e da lui acquistata alla morte del Buonarroti nel 1733, passò successivamente a Roma alla Sacra Tipografia di Propaganda Fide per dono e geloso interessamento di mons. Stefano Borgia.
Tra il 1740 e il 1741 il G. era stato, con il canonico P. Gentili e il dott. G. Targioni Tozzetti, uno dei primi collaboratori delle Novelle letterarie del Lami, ma se ne era allontanato dopo pochi mesi, ancor prima della polemica. Nei primi anni Quaranta si dedicò a studi ed edizioni critiche; attese alla pubblicazione del De partu Virginis di J. Sannazzaro tradotto in rime toscane dal conte genovese Giovanni Bartolomeo Casaregi (Firenze 1740), integrandolo con quattro illustrazioni di antichi monumenti. Curò poi l'edizione dei Sonetti e canzoni toscane (Firenze 1740) dello stesso Casaregi, cruscante e arcade a lui molto legato. Quest'ultima opera era dedicata al Metastasio, con il quale il G. corrispose tra 1740 e 1743. Da questa corrispondenza si evincono alcune amicizie comuni - come quella del poeta e vicario di Volterra, Mattia Damiani, o del poeta "scientifico" Rinaldo Bracci -, e il tentativo non riuscito del G. di procurare al fratello Giovanni un incarico presso la corte viennese, tramite il Metastasio. La sua stima per questo sarà testimoniata nel 1754 dalla medaglia donata al poeta da una società della quale fecero parte, oltre a lui, F.R. Adami, L. Ximenes, A. Cocchi, i Guadagni, S. Manetti e numerosi altri studiosi fiorentini. Nella stessa direzione di arricchimento della scena letteraria e culturale toscana andarono altre edizioni curate e annotate dal G.: una Vita di Michelangelo Buonarroti di A. Condivi (Firenze 1746); le Lezioni toscane di G. Averani (Firenze 1744-63) e un'operetta sul calendario egizio di N. Averani, testimonianze dello stretto legame tra il G. e quella famiglia; i Componimenti poetici toscani (Firenze 1750), che univano rime già stampate del Casaregi a quelle inedite del canonico Salvino Salvini, fratello di Anton Maria; le Satire toscane di Iacopo Soldani, arricchite dalla Storia della traslazione delle ossa di Galileo Galilei (Firenze 1751); il Teocrito volgarizzato da A.M. Salvini, con le note di R. Desmarais (Arezzo 1754).
Altro lavoro meritorio del G. fu la revisione e la compilazione degli indici dell'edizione in folio dell'inedito Bibliothecae Mediceae Laurentianae et Palatinae codicum mss. orientalium catalogus di Stefano Evodio Assemani (Florentiae 1743). Il suo contributo all'erudizione storica e antiquaria si perfezionò in opere di compilazione: i primi volumi delle Symbolae litterariae (Firenze e Roma 1748-68), raccolta di suoi scritti, ristampe e inediti di operette di argomento storico, antiquario e storico-artistico; la Toscana illustrata nella sua storia con varii scelti monumenti e documenti per l'avanti inediti o molto rari (Livorno 1755), nella quale il G. raccolse alla maniera del Muratori fonti edite e inedite di storia toscana (atti, documenti, memorie, ricordanze, relazioni, atti pubblici, registri, orazioni funebri ecc.). Il suo contributo non si limitò al prezioso ritrovamento del materiale sparso o dimenticato nelle biblioteche pubbliche e private: raccolse anche segnalazioni e documenti forniti da altri studiosi, e annotò dottamente e corresse i testi presentati. L'ultima sua opera di compilazione, il Thesaurus veterum dypticorum consularium etecclesiasticorum, progettato in quattro volumi e avviato nel 1754, fu completato postumo dall'allievo e amico G.B. Passeri (Florentiae 1759).
Il 16 nov. 1746 il G. fu nominato prevosto del battistero di S. Giovanni, carica che mantenne fino alla morte, avvenuta a Firenze il 20 genn. 1757.
Fu sepolto nel primo chiostro della chiesa di S. Marco, con una iscrizione funebre composta da Pier Andrea Giulianelli, canonico di S. Lorenzo e suo curatore testamentario. Con il G., G.B. Vico, S. Maffei, A. Zeno e il Muratori, morti in quegli stessi anni, si spegneva la generazione dei grandi eruditi. Una più ampia comprensione della sua infaticabile opera può derivare solo dallo spoglio dell'enorme patrimonio manoscritto conservato nella Biblioteca Marucelliana di Firenze: oltre a note, versioni, bozze e appunti, circa 10.000 lettere di ben 732 corrispondenti. Il G. non si mosse mai dalla patria toscana, ma dotti italiani e di parte dell'Europa ricorsero sovente alle sue vaste conoscenze per consigli, note, pareri. Tra i corrispondenti vanno ricordati almeno Muratori, i fratelli Venuti, S. Maffei, F. Argelati, A.M. Querini, F. Galiani e l'olandese S. Havercamp. Gian Rinaldo Carli gli dedicò il saggio Delle navi turrite degli antichi (Padova 1748).
Fonti e Bibl.: Manoscritti, appunti, lettere e altro materiale inedito si trovano in Firenze, Biblioteca Marucelliana: la corrispondenza vi è in parte ordinata in 40 voll. (da B.VII.1 a B.VII.26, e da B.VIII.1 a B.VIII.14), in parte sparsa: Il carteggio di A.F. G., a cura di L. Giuliani, Roma 1987. Altre lettere sono in A.F. Gori, Tre lettere inedite al p. Giuseppe Bernardini, a cura di A. Celani, Roma 1889; M. Fileti Mazza - B. Tomasello, A. Cocchi primo antiquario dellaGalleria fiorentina, Modena 1996, ad indicem. P.A. Giulianelli, Iscrizione funebre per il monumento per il proposto A.F. G., in Novelle letterarie, XVIII (1757), pp. 113 s.; Catalogo delle opere di A.F. G., ibid., pp. 337 s.; D. Schiavo, Orazione funerale in lode del sig. dott. A.F. G., in Nuova Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, VII, Venezia 1760, pp. 305-337; G. Pelli, Elogio del proposto A.F. G., in Elogi degli uomini illustri toscani, Lucca 1772, IV, pp. 648 s.; P. Metastasio, Tutte le opere. Lettere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, ad ind.; G. Prezziner, Storia del Pubblico Studio e delle società scientifiche in Firenze, Firenze 1810, II, pp. 129 s.; P. Ducati, Tommaso Dempster ed i primi studi etruschi, in Atti del I Congresso internazionale etrusco, Firenze 1929, pp. 324-329; R. Dumas, De quelques lettres italiennes, in Revue des études italiennes, n.s., VI (1959), pp. 197-210; A. Cosatti, Accademia nazionale dei Lincei eCorsiniana.I periodici e gli atti accademici italiani dei secc. XVII e XVIII posseduti dalla Biblioteca, Roma 1962, ad ind.; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Torino 1969, pp. 331, 468; M. Cristofani, La scoperta degli Etruschi. Archeologia e antiquaria nel '700, Roma 1983, ad ind.; D. Gallo, Filippo Buonarroti e la cultura antiquaria sotto gli ultimi Medici, Firenze 1986, ad ind.; G. Mazzatinti, Inventari deimanoscritti delle biblioteche italiane, VII, p. 237; Enc. Italiana, XVII, p. 555.