Bragaglia, Anton Giulio
Regista teatrale e cinematografico, nato a Frosinone l'11 febbraio 1890 e morto a Roma il 15 luglio 1960. Fu il più celebre dei fratelli Bragaglia, ma, a differenza di Carlo Ludovico e di Arturo, militò più nel teatro che nel cinema. Accanto a un'esperienza di palcoscenico quasi quarantennale, che durò fino al momento della sua scomparsa, B. intraprese infatti un'attività cinematografica breve, ma sperimentale, che diede i suoi frutti tra la metà degli anni Dieci e l'inizio degli anni Trenta, e anticipò l'esperienza cinematografica espressionista tedesca nel rendere situazioni e ambienti fantastici e demoniaci.
Il padre Francesco, ingegnere, trasferì la famiglia da Frosinone a Roma dove, nel 1906, era stato assunto come direttore artistico della Cines; in tal modo i suoi tre figli (cui va aggiunto un quarto, Alberto, che però si occupò di pittura) entrarono precocemente in quel mondo del cinema, appena nato, in cui avrebbero svolto la loro attività come registi e come fotografi, campo, quello della fotografia, in cui furono pionieri e maestri.
A differenza dei fratelli, Anton Giulio, legato al movimento futurista, abbandonò però ben presto le sperimentazioni tecniche della fotografia per dedicarsi soprattutto all'approfondimento teorico. Fu così che nel 1911 nacque il progetto del 'fotodinamismo', ossia l'arte della fotografia in movimento, tentativo di liberare l'immagine fotografica dalla fissità dell'impressione istantanea della realtà, per ottenere invece una rappresentazione dinamica del reale trasmettendo all'osservatore la sensazione del movimento, analiticamente ricostruito attraverso la sua traiettoria (a questo tema B. dedicò il saggio Fotodinamismo futurista, 1911, rist. 1970). Di matrice futurista, la fotodinamica di B. venne salutata come forma intermedia tra la fotografia e il cinema, e, di fatto, ispirò l'autore nelle sue realizzazioni cinematografiche Il mio cadavere e Thaïs, entrambi del 1917, e Perfido incanto del 1918. Opere, queste, che, prodotte dalla Novissima Film di E. De Medio, oltre ad avvalersi dell'interpretazione dell'attrice Thaïs Galitzky e della collaborazione scenografica di Enrico Prampolini, furono caratterizzate, per l'appunto, da alcuni giochi fotografici astrattisti e surreali. Questi film, la cui struttura risulta costruita da materiali che continuamente vengono scomposti e ricomposti e che sono caratterizzati da effetti ottici ottenuti con obiettivi prismatici e specchi concavi e convessi, sono considerati tra i primi d'avanguardia realizzati. Dopo aver pubblicato i saggi Il film sonoro. Nuovi orizzonti della cinematografia (1929) ed Evoluzione del mimo (1930), in cui viene posto l'accento soprattutto sul confronto teorico tra cinema sonoro e teatro, B. girò, nel 1931, Vele ammainate, uno dei primi film sonori italiani, di cui all'epoca si elogiò sia l'elemento acustico sia quello fotografico, sia la scenografia di Gastone Medin sia l'interpretazione di Dria Paola, pur criticandone la generale frammentazione e assenza di compattezza, dovute, probabilmente, alle traversie produttive subite. Di ambientazione portuale, girato in interni, presso gli stabilimenti della Cines-Pittaluga di Roma, e in esterni, presso il porto di Savona, il film, tratto da un soggetto di Aldo Vergano, si avvalse della sceneggiatura di Carlo Ludovico Bragaglia, oltre che dell'assistenza alla regia di Ferdinando Maria Poggioli.
Tra le tappe extracinematografiche, occorre ricordare che B. svolse un'intensa attività giornalistica e fu scrittore sagace, autore di numerosi articoli e saggi, molti dei quali dedicati all'archeologia, nonché di alcuni volumi sulla fotografia, sul cinema e sul teatro. Inoltre, dal 1918, fu promotore ‒ assieme a Carlo Ludovico ‒ della galleria d'avanguardia Casa d'arte Bragaglia, dove organizzò mostre e conferenze e di cui pubblicò il Bollettino delle attività (1921-1929). Nel 1921 fondò a Roma il Teatro degli indipendenti, di ispirazione sperimentale, che diresse, sempre aiutato dal fratello, fino al 1936. L'anno seguente assunse la direzione del nuovo Teatro delle arti, che mantenne fino al suo scioglimento nel 1943. Come direttore artistico e come regista, proponendo un repertorio eclettico e innovativo (contemporaneo o poco frequentato), operò uno svecchiamento e un'apertura del teatro italiano ai modelli internazionali. Negli anni Trenta ricoprì alcuni incarichi ufficiali (consigliere presso la Corporazione dello spettacolo, segretario del Comitato nazionale scenotecnici e poi nell'ambito del Direttorio dei sindacati del teatro e del Sindacato nazionale registi e scenotecnici) e fu attratto nell'orbita del regime fascista, nei confronti del quale mantenne però sempre una certa indipendenza. Nello stesso periodo compì numerose tournée all'estero (in Brasile, Argentina e Uruguay). Dopo la guerra riprese la sua attività di regista solo occasionalmente, in particolare come regista lirico, alternandola a quella di studioso di tradizioni popolari. Allestì la sua ultima regia nel 1960 presso il Teatro dell'opera di Roma. L'anno successivo alla sua morte fu istituito nella capitale un Centro studi dedicato alla memoria di questo grande intellettuale e artista, dalla sfaccettata e ricca personalità.
M. Verdone, Anton Giulio Bragaglia, Roma 1965; S. Sallusti, Bragaglia, Anton Giulio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 13°, Roma 1971, ad vocem; M. Verdone, I fratelli Bragaglia, Roma 1991.