BORGA, Anton Maria
Nacque il 25 marzo 1723 a Rasa, piccolo paese nei pressi di Locamo, ma fu bergamasco di origine e più esattamente di Zogno, che ancor oggi fa parte della provincia di Bergamo. Al suo paese d'origine tornò ben presto per studiare grammatica, ma poi proseguì i suoi studi a Bergamo e a Milano, dove vestì l'abito clericale e studiò teologia sino a conseguire il titolo di dottore, di cui fu sempre orgoglioso. A Bergamo conobbe Pierantonio Serassi, il benemerito erudito settecentesco, di poco più anziano di lui, il quale provvide alla presentazione del suo primo libro di poesie (Rime del signor abate Anton Maria Borga pastor arcade e accademico ricovrato di Padova..., Bergamo 1743) e successivamente compilò una scheda biografica del B. per il Mazzuchelli.
Delle Rime dettero nel 1754 giudizio benevolo le Novelle letterarie di Venezia, ma ben diversamente furono giudicate dall'autore, che in una lettera premessa a un'altra sua opera scriveva: "Io pure nell'età mia più giovinetta, anzi puerile composi un Canzoniere, che dal chiarissimo, amico mio Pierantonio Serassi fu fatto stampare, ma troppo servilmente ho io allora imitato quel divino Poeta; e penso coll'occasione di qualche stampa fare una solenne protesta alla Repubblica de' Letterati che io intendo che tal Canzoniere sia considerato un libro non mio, e come una cosa da me non approvata".
Terminati gli studi e ordinato prete dal vescovo di Como, monsignor Cernuschi, il B. risiedette per alcuni anni sempre nel Bergamasco, prima a Cavernago, che era un feudo della famiglia Martinengo Colleoni, dove ebbe l'ufficio di rettore, e poi a Lepreno come parroco dell'antichissima chiesa madre di quel paese. Trascorse alcuni anni anche nel Veneto, e a Venezia conobbe il Goldoni, per cui scrisse, secondo l'uso del tempo, una lettera e un carme che furono premessi alla stampa della commedia La serva amorosa. Nel 1760 era sicuramente a Milano e fece in tempo a partecipare alla famosa polemica che, ristretta dapprima al Branda e al Parini, si allargò poi al Tanzi, al Balestrieri e a molti altri. A Milano conobbe anche il Baretti, da poco rientrato dall'Inghilterra, del quale divenne amico per qualche tempo. Quest'amicizia non rimase senza effetto su quella che è da considerare la sua opera più importante e riuscita, in cui poté meglio sfogare il suo umore bizzarro e smanioso di novità e di rinomanza. Anche questa fu stampata dal Serassi con il titolo: Alcuni versi piacevoli da Anton Maria Borga composti,e da un Pastor Arcade suo Amico ora per la prima volta fatti stampare in Amsterdam [ma Lugano] ilprimo marzo 1760.
Il libro fu recensito dalle Novelle letterarie di Firenze del 1760 e nel tomo IV delle Nuove memorie per servire alla storia letteraria. Nella lettera premessa all'edizione si afferma che i versi sono stati stampati senza il consenso dell'autore, il quale per la verità avrebbe potuto pubblicare molte altre poesie liriche piacevoli ed aveva composto anche una tragedia a cui mancava solo l'ultima mano. Interessante nella stessa lettera è l'accenno ai metri dal B. inventati o rinnovati: sonettesse, capitolesse, ottave codate, capitoli con la coda, dozzine, decine, a cui bisogna aggiungere le madrigalesse già usate da Anton Francesco Grazzini. Abbastanza rilevante è il fatto che accanto al Berni, modello incontrastato per tutta la letteratura giocosa del sec. XVIII, l'autore ponga il Grazzini. Il Berni era stato anche il modello del Baretti per Le piacevoli poesie, che egli scrisse e stampò da giovane e poi ristampò nel 1764. A parte il titolo molto simile dell'una e dell'altra raccolta, è da supporre che il B. abbia ricalcato temi e immagini già usufruiti dal Baretti.
L'amicizia col Baretti durò poco. Subito dopo il primo numero della Frusta letteraria apparve Il Frustatore frustato del dotto "Agarimanto Baronio", che è l'anagramma del B. (Casale Monferrato 1763). Al violentissimo libretto fece seguito non molto dopo la Lettera,colla giunta d'un po' di prosa e di alcuni versi che ponno benissimo aver per titolo frustatore rifrustato. Con note e intagli bellissimi, Parigi 1764, "satira la più viva e la più piccante contro il Baretti".
Il primo di questi opuscoli ha il frontespizio adorno di un rame in cui un satiro è battuto con la scopa dal boia: naturalmente il Baretti è il satiro e il B. il boia. A sua volta il Baretti, pur non rispondendo alle invettive, cita più volte il B. nella Frusta, accompagnando il nome spesso con l'appellativo di ladro, con giudizi rapidi e sprezzanti, e alterando il suo anagramma in quello di "Agarimanto Bricconio sopranomato Rubacuori". Tra i due corse anche una corrispondenza privata, come appare da una lunga nota contenuta nel n. XXVI della Frusta (1º apr. 1765). In tale nota (vol. II, pp. 286-288) il Baretti afferma che il B., dopo poco tempo che si erano conosciuti a Milano, gli aveva rubato una borsa contenente denaro; era anzi un ladro di professione, avendo derubato due corrieri, di cui si fa anche il nome, nonché i parrocchiani di Leprenno. Nella stessa nota s'insinua anche che tutta la vita del poeta bergamasco era dissoluta e che di ciò era convinto lo stesso suo vescovo che mai gli avrebbe rilasciato "una buona fede de vita et moribus". A sua volta, il B. accusa il Baretti di averlo diffamato presso i suoi amici di Milano.
È inutile ricordare quale peso abbiano le parole in queste polemiche letterarie del '700. Ciò non toglie che la vita del B. si sia svolta al limite tra quella del letterato e quella dell'avventuriero, come è forseprovato anche dalla morte che lo raggiunse a soli quarantacinque anni e a cui non dovette essere estranea la sua vita disordinata. Trascorse i suoi ultimi anni a Venezia. Dopo il 1760 andò pubblicando versi d'occasione, poemi e poemetti anche a fine di lucro. Tra essi ricorderemo: Amore schernito, Venezia 1761; Lettera prima a un frate, Roveredo 1761; Lettera seconda a un frate e Poscritta alla seconda lettera, Roveredo 1761; Madrigalone d'Agarimanto Baronio, Lucca 1761; Delle rime nuziali, Venezia 1767; Gli arcani di Venere, poemetto; La Pipa, ditirambo, s.l. né d.; Il sogno,poema per Maestro Garbo. In Aleppo (ma Bari) 1765. Il poema consta di cinque canti in ottava rima, in cui si satireggiano gli ordini religiosi.
Fonti e Bibl.: G. Baretti, La Frusta letteraria, II, Bari 1932, ad Indicem;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1715 s.; E. De Tipaldo, Biografia degli ital. illustri, II, Venezia 1835, pp. 327 s.; A. G. Spinelli, Di A. M. B., in Boll. stor. della Svizzera ital., X (1888), pp. 1-8; C. Bizioli, Variazioni impertinenti di una polemica letteraria,ovvero A. Baronio contro A. Scannabue, s.l. né d.; Id., Il B. rivoluziona le regole del sonetto, in Ecodi Bergamo, 5 marzo 1963; G. Natali, Il Settecento, Milano 1929, p. 66 s.