SALVINI, Anton Maria. –
Nacque a Firenze il 12 gennaio 1653 da Andrea e da Eleonora Del Dua, primogenito di sette figli maschi (oltre lui, Attilio, Vincenzo, Ippolito, Giovan Francesco, Salvino e Settimio).
Compì i suoi primi studi nel collegio di S. Giovannino retto dai padri della Compagnia di Gesù e nel 1671 fu avviato dal padre, impiegato nella Magona del ferro, all’Università di Pisa per perfezionarsi nel diritto. Prima di dedicarsi esclusivamente alle lettere e vivere celibe vestendo l’abito ecclesiastico di abate, non rinunciò alla professione legale, tanto che tra il 1674 e il 1675 entrò in contatto con il cardinale Pietro Vidoni per chiedere un impiego presso di lui a Roma. Nel 1669 fu ascritto all’Accademia degli Apatisti, fondata da Agostino Coltellini (1632) con intenti enciclopedici e che Salvini ricorderà come «maestra e condottiera» della sua gioventù nei suoi Discorsi accademici, Firenze 1712, p. 117.
Nel 1677 fu nominato da Cosimo III de’ Medici professore di greco nello Studio fiorentino, succedendo in questo insegnamento a Carlo Roberto Dati. Maestro di greco di Salvini era stato l’amico Benedetto Averani, che nel 1676 aveva ottenuto dallo stesso granduca la cattedra per l’insegnamento di questa lingua nello Studio pisano. Molti furono gli allievi più o meno illustri che intrapresero lo studio del greco con Salvini, sia laici sia ecclesiastici, dottori in utroque e docenti all’Università di Pisa, ministri e cortigiani, medici e scienziati, segno di come tale interesse fosse motivato non da mera erudizione, ma anche da fini pratici e professionali, quelli che, fra gli altri, condussero allo Studio fiorentino un giovane tedesco, certo Mülbacher, che dopo essersi addottorato in medicina nello Studio di Padova e di Pisa, avrebbe poi esercitato l’arte a Vienna (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatini, 1177, cc. 113r-116v). Tra i diretti allievi che sempre si dichiararono grati a Salvini del suo insegnamento vanno annoverati Giovanni Lami e Anton Francesco Gori. Salvini corredò di sue annotazioni l’opera di Gori sulle iscrizioni greche e latine conservate nelle città toscane, opera nella quale si trova il ricordo dell’anziano maestro fatto dall’allievo (Inscriptionum antiquarum Graecarum et Romanarum quae exstant in Etruriae urbibus..., Florentiae 1727, p. XVII).
Amici e coetanei di Salvini, i fratelli Benedetto, Giuseppe e Niccolò Averani, Stefano e Giulio Lorenzini, Antonio, Annibale e Giovan Francesco Rilli, condivisero con lui momenti ludici e di malinconia testimoniati dalle lettere che si scambiarono dal 1678, quando tutti erano studenti a Pisa e poi giovani docenti o giuristi. Platone, Epicuro e gli stoici sono i riferimenti costanti per questo gruppo di amici, a volte bonariamente invidiosi dell’otium umanistico in cui Salvini poteva coltivare lo studio di «galanti poesie franzesi e galatei castigliani», invece di scartabellare, come l’amico Antonio Rilli, «libracci di legge polverosi e disadatti» (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., A.43, c. 261r).
Raggiunta una certa notorietà che gli valse l’incarico di precettore del granprincipe Gian Gastone de’ Medici e l’ascrizione all’Accademia della Crusca e all’Accademia fiorentina, Salvini fra il 1677 e il 1729 intrattenne uno scambio epistolare con alcuni dotti italiani tra i quali Lodovico Antonio Muratori, Francesco Redi, Giusto Fontanini e molti stranieri: inglesi, francesi, tedeschi, danesi, olandesi, per lo più eruditi, filologi, teologi, giuristi, diplomatici quali Jean Mabillon, Jean Le Clerc, Henry Newton, Eusèbe Renaudot. Alcuni di questi corrispondenti, appartenenti a varie confessioni religiose, furono anche corrispondenti del ginevrino calvinista Le Clerc e non lo furono di Antonio Magliabechi, il bibliotecario granducale con il quale Salvini, nonostante ne avesse tessuto un lusinghiero elogio funebre (Delle lodi di Antonio Magliabechi. Orazione funerale, Firenze 1715), non ebbe né numerosi né troppo cordiali rapporti.
Fatta eccezione per alcune lettere scambiate con i fratelli e con il padre inerenti ad affari domestici, sono da considerarsi vere e proprie lettere familiari, oltre che erudite, quelle indirizzate all’allievo e amico Antonio Montauti, affermatosi come scultore. Edite postume in varie raccolte a partire da quella intitolata Lettere serie, erudite e famigliari di diversi uomini scienziati e illustri... pubblicata in due parti a Venezia nel 1735, queste lettere di Salvini, che coprono gli anni della sua età più matura, dal 1707 al 1718, contengono, insieme con le personali teorie sulla traduzione che intendeva proporre fedele al testo originale, alcune pagine autobiografiche che descrivono la sua inclinazione al cosmopolitismo corroborato dal diletto per le lingue moderne, spagnola, francese e inglese, alla critica, al rifiuto per ogni genere di affettazione.
Poche, rispetto alla mole della sua produzione, furono le pubblicazioni delle sue opere finché fu in vita. Annotazioni, discorsi, orazioni, traduzioni, sonetti circolarono manoscritti ed erano recitati e discussi nelle conversazioni e nelle accademie. Mentre fu costante la sua partecipazione all’attività della Crusca e alla terza (1691) e quarta edizione del Vocabolario (1729-38), la prima opera di Salvini a vedere la luce fu la prima parte dei Discorsi accademici recitati nell’Accademia degli Apatisti (Firenze 1695), cui seguirà nel 1712 la pubblicazione della Seconda parte e nel 1733 l’edizione postuma della terza e ultima parte, seguita poi da successive edizioni complete delle tre parti. La varietà dei temi affrontati, frutto di dispute e discorsi recitati spesso all’improvviso, si allontana dalla fiorentinità dei dibattiti della Crusca incentrati sulla lingua. Salvini apatista, dando alle stampe i Discorsi a poca distanza dalla morte di Agostino Coltellini fondatore del sodalizio, nell’orazione in sua memoria mette in rilievo il fine principale degli Apatisti, ovvero quello di formare soggetti utili alla città sull’esempio dello stesso Coltellini, «filosofo ritirato, ma civile» (pp. 2-4).
Argomenti morali e dissimulatamente politici si alternano all’elogio dello studio delle lingue antiche, compresa l’ebraica, come funzionali alla più corretta comprensione delle Sacre Scritture nelle fonti originali e non solo sulla base della Vulgata. La filosofia greca, molto amata da Salvini nelle opere di Platone, gli ispirò le lodi del bel sesso e in particolare delle doti letterarie e delle virtù morali della poetessa pisana Selvaggia Borghini, protetta dell’archiatra Francesco Redi e di Magliabechi (Discorsi accademici, 1712, pp. 62-67; 1733, p. 9).
Sempre nel 1695 a Firenze vide la luce la sua traduzione dal greco in versi toscani delle poesie di Anacreonte. La fama di conoscitore dei codici greci conservati nella Biblioteca Laurenziana gli procurò varie richieste di consulenze, tra cui quelle che il granduca Cosimo III gli ordinò a nome del padre Massimiliano Dezza della Congregazione della Madre di Dio, interessato alle opere di Alberto Magno, s. Basilio e di Eutelio diacono (Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 368, vol. I, cc. 522r-524r).
L’interesse per antichi e dimenticati autori e testi greci si alimentò dei proficui contatti avuti a Firenze con i benedettini francesi della congregazione di Saint Maur, Jean Mabillon e Bernard de Montfaucon, giunti a Firenze rispettivamente nel 1686 e nel 1700; entrambi furono introdotti da Salvini e Magliabechi nella Biblioteca Laurenziana, prezioso deposito di rari codici greci, latini e orientali. Altrettanto decisivi furono per Salvini i contatti stretti nel primo decennio del Settecento con la cerchia dei residenti inglesi in Toscana: Henry Newton, John Molesworth, Henry Davenant, che lo stimolarono a tradurre in italiano e a pubblicare la tragedia di Joseph Addison Cato (Il Catone. Tragedia tradotta dall’originale inglese, Firenze 1715), divenuta simbolo dei filoni antidispotici repubblicani europei.
La ricaduta delle correnti libertine e protomassoniche inglesi sull’ambiente culturale toscano, che coinvolse più direttamente Lorenzo Magalotti, Antonio Cocchi e Tommaso Crudeli, riguardò anche Salvini, dall’aprile del 1716 ascritto alla Royal Society. Con le sue traduzioni, tra cui quella meno nota della Letter from Italy di Addison pubblicata nel 1721 nel primo volume delle opere di questo autore, edite a Londra a cura di Thomas Tickell e Jacob Tonson, si creò un circuito virtuoso che portò anche alla diffusione nel Regno Unito delle traduzioni dal greco fatte da Salvini, in particolare dell’Iliade di Omero edita a Firenze nel 1723 con dedica al re Giorgio I di Hannover. Motivi censori ritardarono di un trentennio l’edizione italiana della traduzione della Letter di Addison, infarcita di spunti anticlericali, mentre, grazie al solito appoggio di Davenant e per il tramite di Paolo Rolli e John Pickard, nel 1723 fu pubblicata con il luogo di stampa di Londra la traduzione salviniana del romanzo erotico di Senofonte Efesio, condotta su un raro codice della seconda metà del XIII secolo conservato nella Biblioteca Laurenziana e riscoperto da Montfaucon nel suo soggiorno fiorentino (Di Senofonte Efesio degli Amori di Abrocome e d’Anthia libri V. Tradotti da Anton Maria Salvini, Londra 1723). Uno studio recente ha messo in luce le postille di Salvini al codice di Senofonte Efesio conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze (Bianchi, 2006, pp. 86-88).
Molti elementi utili a ricostruire gli atteggiamenti culturali e religiosi di Salvini sono nelle numerose lezioni e orazioni accademiche e nei sermoni recitati in alcune confraternite fiorentine, pubblicati nel 1715 per i tipi della Stamperia granducale rispettivamente con il titolo di Prose toscane con dedica al principe Gian Gastone e di Prose sacre con dedica al granduca Cosimo III. Nella lezione LVI delle Prose toscane, dal titolo Lettera sopra il citare i passi degli autori indirizzata all’Illustrissimo Sig. Conte Pietro Biringucci aiutante di Camera dell’Altezza reale del Gran Principe di Toscana, è bene espressa l’opinione dell’abate sull’idea del progresso delle conoscenze che, appoggiandosi alle auctoritates, non devono farsene schiave, evitando allo stesso tempo che l’«illuminato secolo liberato da questa cieca irragionevole servitù» cada nell’errore contrario di dimenticare gli antichi (p. 572).
Dei suoi preziosi contributi volti a chiarire vocaboli ed espressioni della lingua toscana, nonché a difenderne il primato, si avvalse Muratori per l’opera Della perfetta poesia italiana... edita con le note di Salvini (Venezia 1724). Altre sue note filologiche e di varia erudizione corredarono La Fiera e La Tancia di Michelangelo Buonarroti il Giovane (Firenze 1726), le Satire di Benedetto Menzini uscite postume a Berna nel 1752 e quelle di Salvator Rosa edite a Livorno con il falso luogo di Londra nel 1781. Coronamento dei suoi successi fu l’ascrizione a varie accademie, l’Arcadia di Roma, l’Accademia del Disegno di Firenze, gli Innominati di Bra, i Filoponi di Faenza, i Gelati e i Difettuosi di Bologna, i Rinvigoriti di Foligno, i Riformati di Cesena, gli Spensierati di Rossano, i Novelli di Poppi, i Concordi di Ravenna.
Morì a Firenze il 16 maggio 1729; fu sepolto nel chiostro della chiesa di S. Spirito.
Fonti e Bibl.: La maggioranza delle notizie riguardanti Salvini e la sua famiglia, comprese alcune sue opere, annotazioni, traduzioni ed epigrafi ancora inedite, insieme con molte lettere inviate e ricevute, è contenuta nei codici della Biblioteca Marucelliana di Firenze segnati come A.70, 75, 85, 89, 108, 109, 110, 117, 122, 139, 143, 145, 166, 171, 172, 176, 186, 252, 257; nel codice A.75 è conservata gran parte delle lettere di corrispondenti stranieri indirizzate a Salvini e delle quali il fratello Salvino aveva intenzione di fare un’edizione, cosa che poi non avvenne. Per le lettere edite si veda C. Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico, Verona 2004, pp. 520 s. Libri e manoscritti appartenuti a Salvini e da lui postillati sono conservati in gran parte nella Biblioteca Riccardiana di Firenze. Un profilo in parte inedito di Salvini si trova in Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., IX.70, cc. 1587r-1590r: Notizie dell’Ab.e Ant. M.a Salvini distese dal S.r canonico Salvino suo fratello; inoltre: Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 368, vol. I, cc. 522r-524r: Diligenze fatte da me Anton Maria Salvini in ordine ai comandi del Ser.mo Padrone intorno alla lista de’ libri dimandati dal p. Dezza.
B.S. Peruzzi, Delle lodi dell’abate A.M. S, gentiluomo fiorentino, Firenze 1729; G.B. Casaregi, In morte dell’abate A.M. S., Canzone detta nell’Accademia della Crusca, In Firenze 1731; M.A. de’ Mozzi, Delle lodi dell’abate A.M. S., orazione funerale..., In Firenze 1731; B.S. Peruzzi, Delle lodi dell’abate A.M. S., orazione funerale..., Firenze 1731; G. Lami, Memorabilium Italorum eruditione praestantium quibus vertens Saeculum gloriantur, I, Florentiae 1742, pp. 147-149; M. Guarnacci, Vita di A.M. S. detto Aristeo Cratio..., in Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi Autori e pubblicate d’ordine della Generale Adunanza da Michel Giuseppe Morei Custode d’Arcadia, V, In Roma 1751, pp. 85-103; M. Lastri, Elogio di A.M. S., in Elogi degli uomini illustri toscani, IV, Lucca 1774, pp. 604-609; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, II, Firenze 1805, pp. 299 s.; C. Vanbianchi, Raccolte e raccoglitori di autografi in Italia, con 102 tavole di fac-simili di autografi e ritratti, Milano 1901, p. 166; C. Cordaro, A.M. S. Saggio critico biografico, Piacenza 1906; M. Rosa, Dispotismo e libertà nel Settecento. Interpretazioni ‘repubblicane’ di Machiavelli, Bari 1964, pp. 14 s.; G. Costa, Un avversario di Addison e Voltaire: John Shebbeare, alias Battista Angeloni s.j. Contributo allo studio dei rapporti italo-britannici da S. a Baretti (con due inediti addisoniani), in Atti dell’Accademia della scienze di Torino, classe di scienze morali, storiche e filologiche, XCIX (1964-1965), pp. 565-761; V. Placella, Il padre dei traduttori greci settecenteschi A.M. S., in Filologia e letteratura, XV (1969), pp. 379-409; M. Hunter, The Royal Society and its fellows 1660-1700: the morphology of an early scientific institution, Chalfont St.Giles 1982, ad ind.; L. Guerrini, L’erudizione al servizio della scienza: A.M. S. traduttore del Galilei e commentatore del Torricelli, in Giornale critico della filosofia italiana, LXXVI (1997), pp. 250-262; M.P. Paoli, “Come se mi fosse sorella”. Maria Selvaggia Borghini nella Repubblica delle lettere, in Per Lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVII, a cura di G. Zarri, Roma 1999, pp. 491-534; Gli accademici del Disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 289; A. Politiani, Liber Epigrammatum graecorum, a cura di F.M. Pontani, Roma 2002, pp. 3, 266; M.P. Paoli, A.M. S. (1653-1729). Il ritratto di un “letterato” nella Firenze di fine Seicento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), diretto da J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Rome 2005, pp. 501-544; N. Bianchi, Il codice del romanzo: tradizione manoscritta e ricezione dei romanzi greci, Bari 2006, pp. 83-88; Carteggio muratoriano. Corrispondenti e bibliografia, a cura di F. Missere Fontana - R. Turricchia, Bologna 2008, ad ind.; G. Bartoletti, I manoscritti riccardiani provenienti dalla Libreria di A.M. S., in Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, LXXIV (2009), pp. 122-134; S. Forlesi, Committenza diplomatica whig e antigesuitismo: A.M. S. e la traduzione della Letter from Italy di Joseph Addison, in Versants, LX (2014), 2, pp. 13-27; T. Galanti, Francesco Feroni ritratto come “cives” virtuoso dall’abate A.M. S., in Studi sulla santissima Annunziata in memoria di Eugenio Casalini OSM, a cura di L. Crociani - D. Liscia Bemporad, Bibliografia a cura di G. Lambroni, Firenze 2014, pp. 97-118; Z. Verlato, Le inedite postille di Niccolò Bargiacchi e A.M. S. alla terza impressione del “Vocabolario della Crusca”, in Studi di lessicografia italiana, XXXI (2014), pp. 81-187; S. Forlesi, Diplomazia, letteratura ed editoria nella Toscana del primo Settecento: Henry Davenant e A.M. S., in Il libro. Editoria e pratiche di lettura nel Settecento, a cura di L. Braida - S. Tatti, Postfazione di A. Alimento, Roma 2016, pp. 293-304; Id., Tra erudizione classica e propaganda whig: S. e i diplomatici inglesi a Firenze, in Diplomazia e comunicazione letteraria nel secolo XVIII tra Inghilterra e Italia, a cura di F. Fedi - D. Tongiorgi, Roma 2017, pp. 103-118.