STEFANINI, Antonina
STEFANINI, Antonina (Antonella Steni). – Nacque a Montefiascone, nel Viterbese, il 3 dicembre 1926. Primogenita di quattro sorelle e un fratello, in tenera età si trasferì a Roma con la famiglia.
Il padre Lavinio era un commerciante e poeta dilettante di origine abruzzese, la madre, Ludovica Gennari, una casalinga vivace che favorì il talento della figlia.
Nonostante l’opposizione paterna, l’attività artistica della Steni prese avvio nell’infanzia: a circa cinque anni salì sul palco del teatro dei Fanciulli; a otto Michele Galdieri la mise in scena con la diva Wanda Osiris nella rivista E se ti dice va’, tranquillo vai, anche in tournée, accompagnata dalla mamma. A nove anni si trovò al microfono dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) per dare voce ai personaggi dei ‘bambinacci’; a undici si procurò l’occasione di fare la comparsa in un film, Scipione l’Africano (1937, di Carmine Gallone), accanto ad Alberto Sordi diciassettenne al debutto; a quindici comparve nello spettacolo Orlando curioso (1942, di Michele Galdieri) con Totò.
Fu iscritta dal padre a ragioneria, ma la inquieta Antonella abbandonò la famiglia per darsi al teatro. Nei primi anni Quaranta si unì alla compagnia dei Fratelli Bonos, trio di fantasisti comici (noti come Luigi, Gianni e Vittorio) nati da genitori circensi berlinesi. Nel 1944 ne sposò uno, Louis Williams, detto il Pulenta, da cui ebbe un figlio a diciannove anni, chiamato Giovanni. Durante la guerra seguì marito e cognati per alcuni anni in tournée all’estero, facendo il suo apprendistato.
Tornata in Italia dopo la Liberazione era pronta a gettarsi nella mischia. Iniziò ai microfoni di Radio Roma, passò poi a quelli della RAI, dove fu chiamata da Silvio Gigli: ebbe modo di crescere nel cast di Campidoglio, settimanale domenicale di vita romana. Nel 1952 entrò nella Compagnia del teatro comico musicale della RAI, lavorando a fianco di Elio Pandolfi e Febo Conti nel varietà I cinque sensi sono sei, regia di Mario Landi. Tra le riviste radiofoniche cui prese parte: Bisarca, Chi sarà sarà, Campo de’ fiori, Rosso e nero, Gran Galà, varietà musicale di cui fu una delle presentatrici.
A metà degli anni Cinquanta tornò a esibirsi dal vivo: nel 1954 entrò nella compagnia di Walter Chiari per Saltimbanchi, spettacolo tra i migliori del comico milanese con la regia di Franco Zeffirelli. Nel 1955 fu tra i primi talenti radiofonici a passare alla neonata televisione con il programma Ti conosco mascherina di Marcello Marchesi, Vittorio Metz e altri, regia di Vito Molinari, con Alberto Bonucci, Monica Vitti, Ferruccio Amendola e Sandra Mondaini, sua partner nella parodia delle Dolly Sisters in Mambo italiano.
Nell’estate del 1957 andò in scena Tre e simpatia, rivista di Antonio Amurri, Faele (nome d’arte di Raffaele Sposito) e Bernardino Zapponi con «il bravissimo Raffaele Pisu, l’indiavolata Antonella Steni e la bella e brava Franca Rame» (V. Riva, in L’Avanti, 14 agosto 1957), ma c’erano anche Gigi Bonos e Gino Bramieri.
Nel cinema l’attrice partecipò a Rascel-Fifì (1957, di Guido Leoni), nei panni di una presentatrice televisiva, accanto a Dario Fo, Franca Rame e Renato Rascel. Nello stesso anno partecipò al televisivo Voci e volti della fortuna con musiche di Gorni Kramer. In varie trasmissioni degli anni Cinquanta la Steni fu efficace interprete di sketch comici con Gianni Agus, Carlo Campanini e Chiari, colleghi, come lei, di formazione teatrale. «Il palcoscenico è il mio elemento naturale: mi piace cantare, recitare, mi piace scatenarmi» (dichiarò a Bella, ottobre 1973, p. 19)
Nell’estate del 1961 si esibì con Pisu nell’elegante caffè-teatro romano Casina delle Rose con un copione di Dino Verde. Quando il collega dovette assentarsi lei si ricordò del giovane Pandolfi, che aveva incontrato alla radio, coetaneo, romano, diplomato all’Accademia d’arte drammatica. I due attori trovarono una buona intesa e nacque così la più longeva coppia non sposata della scena italiana (anche se spesso il pubblico li credeva marito e moglie): condivisero molti spettacoli e programmi radio con l’imitatore Alighiero Noschese (Il teatrino delle ore 14, Ventiquattresima ora e Giudicateli voi). Il duo comico con Pandolfi si consolidò nel 1963 con il debutto al teatro Parioli di Scanzonatissimo, fortunato adattamento scenico della rivista scritta per la radio da Verde, che fu ripreso fino al 1966, diventando anche un film.
Con Noschese, Steni prese a parodiare vari personaggi, grazie alla voce versatile e all’esuberanza fisica, che quello stesso anno le valsero il premio Maschera d’argento. Imitava Mina e Monica Vitti, ma il piatto forte era la satira politica, con battute come questa: «Roma bella, Roma sparita, Giulio Cesare è partito: semo ridotti che adesso come Giulio c’è Andreotti». Anche i politici presi di mira, come Giovanni Leone e Amintore Fanfani, applaudivano le loro satire. Tanto che Steni dichiarò: «ridevano tutti, Andreotti per primo. Semmai qualcuno si arrabbiava se non imitavamo anche lui» (Il Mattino, 17 febbraio 1983).
Nel novembre del 1964 Steni e Pandolfi approdarono insieme in televisione in Sveglia ragazzi! di e con Marchesi, con il divertente sketch I siculissimi, e l’anno dopo nel popolarissimo Za-Bum 2 di Mario Mattoli con la rubrica fissa I paravientos in abiti messicani.
Nell’estate del 1965 l’attrice si separò dal marito che, non avendo ottenuto lo stesso successo, non gradiva le sue trasferte di lavoro. Poi si legò al produttore Mario Smeriglio, adottando uno stile di vita che qualcuno definiva hollywoodiano. Era molto richiesta e lavorava su più fronti: caroselli, radio, televisione, ribalta, spesso nella collaudata coppia con Pandolfi. Gli scatenati imitatori teatrali moderavano in video la loro satira, ma non conquistarono mai la conduzione rimanendo, per volere della dirigenza, solo ospiti, come nelle trasmissioni La domenica è un’altra cosa, Un disco per l’estate, I tarocchi.
Continuarono a fare radio (Campo de’ fiori, La canasta, Rosso e nero, 20.30 Express, Gran Gala, Cappello a cilindro), riviste teatrali (I romani, Lo stivale dei miei stivali, I compromessi sposi, Gran Premio, Indiavolation). Nel 1966 Steni fu nel cast tutto femminile della rivista La minidonna di Antonio Amurri, Maurizio Jurgens e Franco Torti, con Sandra Mondaini e Ave Ninchi.
Varie le sue apparizioni nel cinema: Le signore (1960), regia di Turi Vasile, Obiettivo ragazze (1963) di Mattoli con Chiari e, soprattutto, Il tigre (1967) di Dino Risi con Vittorio Gassman, Ma lei diceva: «Lo considero troppo meccanico: ho bisogno di improvvisare, di avere il pubblico davanti» (Bella, ottobre 1973, p. 19).
Si affermò come abile caratterista, dotata di occhi vivacissimi, voce squillante e gusto del trasformismo. Secondo il critico Giuseppe Tabasso «Antonella Steni discende dalla Donnarumma, passando per Gilda Mignonette, Lucy D’Albert e Anna Magnani prima maniera» (Radio Corriere, giugno 1971, p. 98).
Negli anni Settanta alternò piccoli ruoli nel cinema a show dal vivo come Il grande bluff, firmato Paul Dexter (alias Paolo Mosca), a programmi radio come Il fischiatutto, a firma Faele e Bruno Broccoli, registrato dal vivo con il pubblico libero di fischiare o applaudire. Con Pandolfi fece ancora lo spettacolo Che brutta epoque! di Verde, il loro autore specializzato nella satira, ma il genere era ormai passato di moda.
Chiusa la collaborazione con Pandolfi, Steni debuttò nel 1979 in Celestina, gatta gattina, storia comico-patetica di una ‘gattara’ che vive lungo il Tevere. Nel 1979 fu poi nel cast di Luv di Murray Schisgal con Corrado Pani, regia di Vittorio Caprioli. Ma lei non amava la prosa e si definiva «figlia della RAI» (Famiglia cristiana, 18 marzo 1979, p. 51).
Nel 1981 lavorò con Franco Califano in Non toccate Frankie e Tony, regia di Tonino Pulci, musical su due banditi alla Bonnie e Clyde. Quindi fece ditta con Riccardo Garrone per Ti amo, gente di Mario Amendola e Bruno Corbucci, autobiografia scanzonata di un’attrice al tramonto, Ti presento Roma mia... (1985), di Ghigo De Chiara e Fiorenzo Fiorentini, e Lily e Lily, di Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, regia di Pandolfi, nel quale Steni sosteneva il doppio ruolo di due sorelle dal carattere opposto.
Nel 1982 partecipò alla trasmissione televisiva Cinquant’anni d’amore, diretta da Molinari, con Paolo Poli, basata sugli atti unici di Georges Feydeau. Il regista milanese e Renzo Puntoni scrissero per lei nel 1987 La signora di mezza età, spettacolo ispirato a Il signore di mezza età di Marchesi, che girò con successo tutta l’Italia fino al 1990. Appassionata di pupazzi di peluches, la Steni se ne riempiva il camerino.
Fu per l’ultima volta in teatro dal 2005 al 2007, già colpita da Alzheimeir, protagonista di Édith Piaf. L’hymne à l’amour di Giuseppe Manfridi, per la regia di Carlo Lizzani.
Morì il 18 gennaio 2016 a Bologna.
Fonti e Bibl.: Sentimental, Almanacco Bompiani 1975, a cura di R. Cirio - P. Favari, Milano 1975, ad ind.; M.G. Bevilacqua, Faccio ridere perché sono timida, in Famiglia cristiana, marzo 1979, p. 50; A. Grasso, Storia della televisione italiana, Milano 2000, ad ind.; V. Molinari, Le mie grandi soubrettes, Roma 2017, p. 151.