ANTONINO Liberale
Un solo codice, il Palatino 398 i Heidelberg, scritto nel sec. IX o nella prima metà del seguente, ci ha conservato, con altri scritti paradossografici e con l'opuscolo di Partenio Intorno alle pene d'amore, una Raccolta di Metamorfosi (Μεταμορϕώσεων συναγωγή) di A. L. Nessuna notizia, né indiretta né diretta, abbiamo di tale autore: congettura non improbabile, tratta dal nome stesso, è ch'egli fosse di origine romana, di condizione libertina, e sia da porsi nell'età degli Antonini imperatori. In realtà l'esame della sua lingua e del suo stile lo fa collocare nel secondo secolo dell'era volgare e piuttosto verso la fine di tale epoca: a una data anche più tarda nulla si opporrebbe; non ragioni formali né ragioni culturali. Il suo linguaggio, che conosce vocaboli venuti in uso col fiorire della letteratura ellenistico-giudaica, è notevolmente infiorato di locuzioni poetiche, e ciò dipende in massima dalla sua cultura, essenzialmente di accatto; numerosi ionismi sono, senza dubbio, carattere linguistico dell'epoca.
L'operetta, che letterariamente non ha in sé alcun valore, ha invece una notevolissima importanza per i suoi rapporti con tutta la tradizione mitografica e poetica, che ha per argomento favole di metamorfosi. Essa consta di 41 narrazioni, che non sono fra le più divulgate del genere e in massima risalgono ad eccellenti fonti ellenistiche, ma, per quanto appare, non per via diretta. Come i racconti di Partenio, così questi estratti sono, nel codice, forniti di preziosi indici, nei quali sono significati gli autori antichi, nelle cui opere, o svolte o accennate, si trovavano le singole favole: tre, per altro, mancano di ogni indicazione (VI, XL, XLI), e ciò è probabilmente accidentale, ché la favola VI è nello stile di Boios, e per le XL e XLI nulla si oppone a che si possano ritenere nicandree; quattro hanno invece l'attestazione, che al dotto non fu possibile rintracciarne la fonte (XIV, XXXIV, XXXVI, XXXVII, ου). Tali indici, dei quali molto sì è discusso, risalgono a buona età della cultura greca; non certamente all'epoca nella quale il libretto entrò a far parte del codice che ce lo ha conservato, come, fra l'altro, è dimostrato dalla loro mancanza nelle favole sopra ricordate. I tentativi di discernere una serie di indici come note genuine di Antonino stesso, una serie come aggiunta posteriore, per la loro stessa artificiosità, mancano di ogni fondamento: gl'indici non possono essere se non di un solo autore e, d'altra parte, se ad Antonino fosse piaciuto indicare la fonte, certamente egli avrebbe seguito altro metodo. L'accenno a Panfilo e al suo Λειμών (Prato) nell'indice preposto alla XXIII narraxione mostra come l'annotatore cercasse in fonti erudite il primo sussidio per il suo compito.
La massima parte delle favole risale alle Metamorfosi di Nicandro e all'Ornitogonia di Boios (mascolinizzazione del nome dell'antichissima sacerdotessa delfica, apocrifa autrice del poema, βοιώ), come testimoniano, in modo degno di fede, gl'indici. Naturalmente Antonino dipende da una fonte intermedia: la cosa non può essere revocata in dubbio, anche se non è possibile la sicura determinazione di essa. I frustoli poetici, che si sono voluti rintracciare nella sua prosa, quando non siano, come sono il più delle volte, caratteri proprî della dizione (notevole è il riscontro fra XXXIV, 4, ηὔξατο, νήτε παρὰ ζῶσι, μήτ' ἐν νεικροῖς ϕανζϕναι e Ovidio, Metam., X, v. 485 segg.), non possono essere altro che fedele riproduzione da un manuale, che, più ricco di particolari, più da vicino si atteneva alla sua fonte poetica. A questa fonte intermedia, piuttosto che ad Antonino, è da attribuire il lavoro di contaminazione, evidente in più narrazioni: quando l'argomento viene trattato largamente, o comunque non risulta completo dalla sola testimonianza dei due poeti sopra citati, elementi diversi sono confluiti insieme; notazioni di puro carattere erudito e naturalistico sono state aggiunte. In una parola, allo stato presente dei nostri studî, non soltanto è dimostrato che la raccolta non è affatto un breve sunto prosastico di parti dei poemi di Nicandro e di Boios, ma è reso più che probabile che esso derivi o da un manuale di cose varie, sul tipo del Prato di Panfilo, o da un compendio mitografico, a fondamento del quale erano state prese certamente le due opere più caratteristiche di argomento metamorfico, senza trascurare tradizioni o elementi fluiti per altre vie. Sono dimostrate insussistenti le interpolazioni di carattere mitografico ed erudito, che, a più riprese, si vollero rintracciare negli scarni riassunti, ritenuti pura compilazione di fonti poetiche.
Edizione principe è quella curata da Guglielmo Xilandro a Basilea nel 1568 sul codice Palatino ancora integro, e da essa dipendono le successive, sino all'ultima curata da Edgar Martini, con una nuova revisione del codice, e preceduta da ampî prolegomeni relatìvi alla storia de. testo e ai varî problemi linguistici e mitografici connessi con l'opera Mythographi Graeci, Lipsia 1896, II,1.
Bibl.: Utile ancora l'articolo di G. Wentzel, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, 2572. Per lo studio delle fonti M. Wellmann, in Hermes, 1916, p. 56. Per gl'indici parteniani e antoniniani C. Cessi, in Atti del Reale Ist. Veneto, LXXXI (1922), p. 345 segg.; per il testo, L. Castiglioni, Collectanea Graeca, Pisa 1911, p. 77 segg.; per la materia C. Servadio, Estratto di una ricostru. delle Metam. di Nicandro da Colofone, Ancona 1903.