LONGO, Antonino
Nacque a Nicolosi, presso Catania, il 25 marzo 1874 da Luigi e da Concetta Bonanno, entrambi appartenenti a famiglie di ricchi proprietari terrieri locali. Completati gli studi classici presso il liceo di Acireale, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Catania, ove si laureò nel luglio 1896 discutendo una tesi sull'ereditarietà della tubercolosi. Prestò poi servizio nell'istituto di patologia generale catanese diretto da G.B. Ughetti, che aveva cominciato a frequentare come allievo interno durante gli ultimi anni del corso, con il titolo di assistente, prima volontario e poi effettivo.
Mosso dal desiderio di cogliere favorevoli opportunità scientifiche e professionali, nel 1898, seguendo il consiglio dello zio materno Giuseppe Bonanno, si trasferì a Roma, presso la clinica pediatrica universitaria diretta da L. Concetti. Assistente volontario fino al 1900, quindi effettivo, nel 1905 fu nominato aiuto preparatore. Alla scuola di Concetti il L. si formò secondo quei principi basilari della pediatria che caratterizzarono poi tutta la sua vita professionale: l'attività clinica strettamente collegata a quella didattica, la cui centralità era rappresentata dal piccolo paziente, la costante ricerca scientifica e l'indirizzo sociale di una pratica specialistica rivolta soprattutto a favore dei bambini più bisognosi e indigenti. Dal 1902 al 1905 prestò la sua opera con la qualifica di assistente e di aiuto anche presso gli Ospedali riuniti di Roma, dirigendo di fatto per un biennio il reparto di malattie infettive dell'ospedale di S. Spirito, che era privo di primario.
Durante gli anni trascorsi a Roma si occupò soprattutto di patologia infettiva infantile: studiò la meningite da meningococco, del quale ipotizzò l'esistenza di vari sierogruppi (Contributo allo studio del diplococco intracellulare di Weichselbaum e Jager e della meningite cerebro-spinale epidemica dei bambini, in Il Policlinico, sezione medica, VIII [1901], pp. 70-91); descrisse due casi di noma, la cui etiologia ascrisse a comuni piogeni in grado di favorire l'evoluzione della gangrena grazie alle particolari condizioni del terreno e alla tipologia della flora batterica esistente, non essendo riuscito a confermare in successive ricerche la presenza di un proteo ad azione necrotizzante che aveva inizialmente isolato nella lesione (Reperto batteriologico in un caso di noma, ibid., IX [1902], pp. 269-282; Ulteriore contributo allo studio dell'etiologia del noma, ibid., XI [1904], pp. 229-248); recò contributi alla conoscenza della difterite, mettendone in evidenza l'evoluzione più favorevole delle forme sostenute dai tipi filamentosi dell'agente etiologico, espressione di un carattere involutivo del batterio (Sulla morfologia del bacillo di Loeffler in rapporto alla prognosi delle forme difteriche, in Riv. di clinica pediatrica, I [1903], pp. 478-482), e consigliando, quando non fosse possibile operare la tracheotomia, di ricorrere all'intubazione che, secondo il metodo da lui stesso originalmente introdotto in terapia, il L. praticava in stato di morte apparente alla risoluzione degli spasmi (Sullo spasmo della glottide nella intubazione, ibid., II [1904], pp. 801-816; Considerazioni cliniche ed anatomo-patologiche sulle intubazioni e tracheotomie eseguite durante un biennio nel reparto "difterici" dell'ospedale di S. Spirito, in Atti della Clinica otorinolaringoiatrica della R. Università di Roma, III [1905], pp. 53-79; L'intubazione nelle decanulazioni difficili, in Il Policlinico, sezione pratica, XII [1906], pp. 1025-1031); studiò un caso di patologia da batterio emofilo (Sopra un caso di poliartrite e meningite purulenta da bacterio emofilo, ibid., sezione medica, XIV [1907], pp. 130-140). Alla parassitologia dedicò due interessanti lavori: la dimostrazione che nelle cavie l'iniezione di estratto acquoso di tenia non è seguita da fenomeni tossici a carico del sistema nervoso centrale, bensì determina leucocitosi ed eritroblastosi (Sugli effetti delle iniezioni di estratto acquoso di tenia mediocannellata nelle cavie, in Riv. di clinica pediatrica, IV [1906], pp. 641-665); e le osservazioni sulla permeabilità della parete della cisti da echinococco (Sopra un caso di echinococco in un bambino di 4 anni, in La Riforma medica, XXIII [1907], pp. 258-264). Pubblicò inoltre un pregevole lavoro di semeiotica neurologica, in cui distinse un emitremore dovuto a irritazione del fascio piramidale decorrente nel peduncolo leso e un emitremore intenzionale identificabile in una manifestazione atassica dipendente da lesione dei centri mesencefalici (Contributo allo studio delle sindromi di Weber e di Benedikt nell'età infantile, in Scritti medici in omaggio di Salvatore Tomaselli per il 14° anno del suo insegnamento clinico, I, Catania 1902, pp. 255-304); l'osservazione di un caso di pemfigo acuto (Contributo allo studio del pemfigo acuto della seconda infanzia, con speciale riguardo alla sua etiologia, in Riv. di clinica pediatrica, V [1907], pp. 81-104); gli studi sulla tossicità dei vari alimenti, con i quali poté dimostrare che anche il latte, contrariamente a quanto comunemente ritenuto, può essere tossico (Contributo alla casistica della paralisi da intossicazione gastro-intestinale nell'età infantile, ibid., pp. 467-478; L'autointossicazione (?) intestinale in rapporto alla alimentazione nell'età infantile, ibid., pp. 681-747; Tossicità urinaria e fecale e putrefazione intestinale in bambini nutriti con alimenti ricchi di albumina, in Il Policlinico, sezione medica, XV [1908], pp. 251-266).
Nel 1907 il L. fu abilitato per titoli alla libera docenza, e nell'anno accademico 1909-10 la facoltà medica dell'Università di Catania, con voto unanime, gli affidò l'incarico dell'insegnamento della clinica pediatrica. Con una dotta prolusione, nella quale insieme con la basilare serie di richiami dottrinali e clinici esponeva gli indirizzi programmatici del suo magistero, iniziava l'attività didattica l'8 dic. 1909 (Sull'indirizzo della moderna scuola pediatrica, in Gazzetta internazionale di medicina, chirurgia, igiene e interessi professionali, XIII [1910], pp. 281-287). Fu confermato nell'incarico nei successivi anni accademici fino al 1913, quando, superato il relativo concorso, divenne professore ordinario di clinica pediatrica dell'Università di Catania.
La struttura, ospitata inizialmente presso gli ospedali Vittorio Emanuele, fino al 1913, e Garibaldi, era dotata di pochissimi posti letto, priva di laboratori autonomi e di valide attrezzature didattico-scientifiche, di fatto inadeguata a svolgere i compiti istituzionali di assistenza, di formazione e di ricerca. Grande merito del L. fu l'aver intrapreso la tenace opera di creazione di un efficiente istituto, che condusse ricorrendo al sostegno economico dei marchesi Gravina, dell'amministrazione ospedaliera e di varie associazioni, e che, nonostante alcuni difetti di progettazione, poté vedere realizzata in breve tempo: la sezione pediatrica "Costanza Gravina" dell'ospedale Vittorio Emanuele fu infatti inaugurata da Vittorio Emanuele III il 28 apr. 1922. La nuova clinica pediatrica catanese disponeva di circa 100 posti letto e di vari ambulatori, ed era quindi in grado di assicurare annualmente assistenza ospedaliera e consulenze specialistiche a migliaia di piccoli pazienti; possedeva attrezzati laboratori di ricerca clinica e scientifica; poteva svolgere l'attività didattica grazie a un'aula capace di accogliere 70 studenti e a una biblioteca.
Alla guida della clinica catanese il L. indirizzò l'attività scientifica e clinica secondo criteri che tenevano conto soprattutto delle caratteristiche epidemiologiche siciliane: istituì gli ambulatori-dispensari per la leishmaniosi viscerale e per la profilassi e la cura della tubercolosi, che fu attivo fino al 1930, e il consultorio per i poppanti sani; organizzò per molti anni un corso complementare di fisiopatologia della nutrizione e di igiene alimentare del bambino per gli studenti, e corsi di aggiornamento per medici condotti; diresse i corsi estivi di puericultura organizzati dall'Opera nazionale maternità e infanzia; sostenne varie iniziative sociali a favore dell'infanzia, quali l'istituzione di asili infantili, di colonie marine e di centri di assistenza per bambini portatori di disturbi psichici.
Nella produzione scientifica del L. durante il periodo catanese rilevanti appaiono le ricerche sulla patologia e clinica della leishmaniosi, malattia molto diffusa in Sicilia: ne studiò la coltivabilità dell'agente etiologico, dimostrò l'identità del Kala-azar indiano con la leishmaniosi del bacino del Mediterraneo, confermò l'esistenza in entrambe le forme di una variante ad andamento acuto, segnalò per primo la presenza nella storia naturale della malattia di lipemia e lipuria non accompagnata a degenerazione degli epiteli renali, condusse osservazioni sulla leucopoiesi e sulla leucocitosi nel decorso della parassitosi (Sopra un caso di anemia splenica a Leishmania a decorso acuto, in Riv. di clinica pediatrica, VIII [1910], pp. 597-604; Lipemia e lipuria nella Leishmaniosi, ibid., IX [1911], pp. 827-834; Note ed appunti sulla Leishmania e sulla Leishmaniosi, ibid., pp. 933-969; Osservazioni cliniche sull'anemia splenica a Leishmania a Catania, in Atti del VII Congresso pediatrico,… 1911, Palermo 1912, pp. 387-400; Sulle oscillazioni del contenuto leucocitario del sangue nelle variazioni di temperatura nella Leishmaniosi, in Riv. di clinica pediatrica, X [1912], pp. 881-909; Sull'eccitabilità della leucopoiesi nella Leishmaniosi infantile, ibid., pp. 969-985); studiò la possibilità di pervenire tramite le reazioni immunodiagnostiche alla diagnosi precoce della malattia e il valore della vaccinoterapia alla Wright nella sua cura (Tentativi immunodiagnostici ed immunoterapeutici nella Leishmaniosi infantile, in Il Policlinico, sezione medica, XIX [1912], pp. 446-452); constatata l'inefficacia del trattamento della malattia con il 606 di Ehrlich-Hata (Sopra alcuni casi di Leishmaniosi trattati col 606 di Ehrlich-Hata, in Biochimica e terapia sperimentale, III [1911-12], pp. 193-200), fu uno dei primi ad adottare per la sua terapia l'antimonio sotto forma di tartaro stibiato secondo lo schema messo a punto pochi anni prima da G. Di Cristina e G. Caronia (Sopra alcuni casi di Kala-azar infantile trattati col tartaro stibiato, in Pediatria, XXV [1917], pp. 449-468). Nel settore della parassitologia studiò anche i fenomeni anafilattici osservabili nelle elmintiasi (Contributo allo studio dell'anafilassi da elminti, in Biochimica e terapia sperimentale, IV [1912-13], pp. 66-75); mentre altri importanti contributi recò alla conoscenza delle malattie infettive con indagini sulla funzionalità del fegato nella tubercolosi (Contributo allo studio della funzionalità epatica nella tubercolosi infantile, in Il Policlinico, sezione medica, XVIII [1911], pp. 254-273), con la dimostrazione che la brucellosi può manifestarsi anche nella primissima infanzia ed essere seguita da complicanze a carico delle vie urinarie e del sistema nervoso centrale (Contributo alla conoscenza della febbre di Malta nell'età infantile, in Riv. ospedaliera, III [1913], pp. 3-14) e con lo studio dell'epidemia di meningite cerebrospinale verificatasi in varie città italiane dal 1915, che raggiunse il suo apice a Catania nel 1916 (A proposito di alcuni casi di meningite cerebro-spinale epidemica, in Pediatria, XXV [1917], pp. 321-357). Tra gli altri lavori pubblicati dal L. meritano ancora di essere ricordate la descrizione di un caso di quella singolare forma di poliartrite cronica infantile decorrente con adenomegalia e interessamento viscerale, descritta alla fine dell'Ottocento da G.F. Still (Contributo allo studio della così detta malattia di Still, in Riv. di clinica pediatrica, XV [1917], pp. 225-251), e le osservazioni sulla spasmofilia, che dimostrò essere non un'intossicazione da sali di calcio, come sostenuto da altri autori, bensì la conseguenza di un deficit funzionale degli organi deputati alla difesa dai fattori tossici (Calcio e spasmofilia infantile (a proposito della ipotesi di Stoltzner sulla patogenesi della tetania dei bambini), in Il Policlinico, sezione medica, XVII [1910], pp. 495-514; A proposito di un caso di tetania infantile (Contributo all'anatomia patologica ed alla patogenesi di tale affezione), ibid., XVIII [1911], pp. 496-506).
Il L. morì a Catania il 21 febbr. 1943.
Fonti e Bibl.: F. Paradiso, Ricordo del prof. A. L., Catania 1943; Id., A. L., in Medicina e medici nello Studio catanese, Catania 1970, pp. 121-152; N. Latronico, Storia della pediatria, Torino 1977, p. 672; C. Reitano, Catania, in Riv. italiana di pediatria, XVII (1991), 3, suppl., p. 15; G. Maggioni, Roma, ibid., p. 24; C. Schilirò, Spigolature storiche sull'ematologia pediatrica in Italia, in A. Di Cataldo, Argomenti di ematologia per il pediatra di famiglia, Catania 2001, p. 19; I. Farnetani - F. Farnetani, A. L., fondatore della pediatria a Catania, in Quaderni italiani di pediatria, II (2003), pp. 216 s.; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte [1880-1930], II, p. 940; Enc. di Catania, II, Catania 1980, pp. 45 s.