SERSALE, Antonino. –
Nacque a Sorrento, il 25 giugno 1702, da Cesare e da Anna Antinori.
Il padre discendeva da un’aristocratica famiglia sorrentina, tradizionalmente iscritta anche al seggio napoletano di Nido, la madre dalla nota famiglia nobile toscana.
Entrò giovanissimo nel seminario di Napoli, dove fu ordinato sacerdote il 26 maggio 1725 aderendo ai missionari della Congregazione di S. Maria Regina degli Apostoli e impegnandosi nella catechesi popolare. Mise subito in luce spiccate doti pastorali, tanto da essere notato dal cardinale Giuseppe Spinelli che si adoperò per il conferimento di un canonicato nel 1741. L’anno successivo divenne cappellano della Real cappella del Tesoro di S. Gennaro. Conseguì quindi il dottorato in utroque iure presso l’Università il 2 maggio 1743.
Nello stesso anno, il 9 settembre, per volontà di Carlo di Borbone e su proposta del cardinale Spinelli, divenne vescovo della diocesi di regio patronato di Brindisi. A causa della peste di Messina, ritardò il suo ingresso nella città pugliese e fu consacrato a Napoli da Spinelli il 20 ottobre per indulto di Benedetto XIV. Il 3 novembre per mezzo del suo tesoriere prese possesso della diocesi, dove giunse effettivamente solo l’11 marzo 1744. La solennizzazione del suo ingresso fu celebrata il 14 giugno. Tra i primissimi atti del vescovo ci fu l’inaugurazione del nuovo seminario, il 21 novembre 1744, per il quale dettò le regole, stampate poi a Lecce. Fece portare a termine anche la ricostruzione della cattedrale, duramente colpita, come il seminario, dal terremoto del 20 febbraio 1743.
Nella sua prima santa visita del 1744 il vescovo fu particolarmente attento a verificare i danni dell’evento sismico precedente al suo arrivo e a pianificare quanto necessario per le riparazioni. Nel gennaio del 1749, nella sua ultima visita alla diocesi, Sersale constatò compiaciuto che molti dei lavori programmati erano terminati e i danni alle strutture diocesane riparati.
Il vescovo il 16 novembre 1750 fu trasferito alla più prestigiosa sede vescovile di Taranto, dove giunse nei primi mesi del 1751. Qui non svolse alcuna visita pastorale, né inviò relazioni a Roma. Già nel dicembre del 1753 ottenne l’arcivescovado di Napoli con il conferimento ufficiale l’11 febbraio 1754. Benedetto XIV lo creò cardinale nel concistoro del 22 aprile 1754 e il 20 maggio gli venne conferito il titolo di S. Pudenziana.
Sersale è stato giudicato un vescovo dai modi di buon parroco, coscienzioso e burocrate, ma non all’altezza delle necessità spirituali di una grande città come Napoli. Negli anni napoletani, il cardinale, avvalendosi dei consigli di Alfonso de’ Liguori, organizzò soprattutto una catechesi minuziosa tra gli ambienti popolari. Le cappelle serotine di Alfonso erano nate al tempo del cardinale Francesco Pignatelli (1703-34), il quale aveva sostenuto l’iniziativa assegnando ai redentoristi molti luoghi di culto cittadini. Ma fu soprattutto Sersale a servirsene in maniera organica, riconoscendole nel 1756 come strutture pastorali diocesane e convocando presso di sé i vari responsabili ogni primo martedì del mese, promuovendo un loro funzionamento capillare che fu dismesso solo con il diffondersi, nel XX secolo, dell’Azione cattolica. Nuclei di sacerdoti dalle parrocchie partivano e giravano casa per casa, dando vita a una sorta di missioni interne alla città della durata di otto-dieci giorni, che prevedevano la loro conclusione con una solenne celebrazione liturgica nella parrocchia di partenza. Sempre a seguito dei consigli di Alfonso, Sersale fece costituire una congregazione, da lui presieduta per l’assistenza ai moribondi.
Il cardinale diede prova della sua generosità nel corso della carestia del 1764, quando impegnò i suoi beni personali per assistere i bisognosi della città, dimostrando quanto l’autorità religiosa fosse stata più veloce di quella civile nel capire la gravità della situazione. La relazione ad limina del 1765 evidenzia tutti gli sforzi fatti dalla Chiesa napoletana per fronteggiare la terribile carestia dell’anno precedente.
Il cardinale fu anche molto sensibile alla formazione dei nuovi sacerdoti diocesani, che vennero selezionati da un’apposita congregazione formata da sacerdoti di buona fama e studi che si riuniva nell’arcivescovado. Riconvocò altresì, dal 1758, nella cappella del palazzo arcivescovile, le adunanze dell’Accademia di scienze ecclesiastiche, fondata dal suo predecessore, il cardinale Spinelli. Nelle intenzioni di Sersale l’accademia aveva la finalità soprattutto di addestrare, attraverso le sue conferenze, il clero napoletano alla lotta all’eresia.
Gli associati scelti dal cardinale inizialmente furono dodici, saliti successivamente al numero di trentatré, mentre le materie di discussione inclusero la Sacra Scrittura, la polemistica teologica, la storia ecclesiastica e liturgica.
Per la selezione di un buon clero affidò il rettorato del seminario al qualificato Giuseppe Simioli e aprì, inoltre, nel 1761 un nuovo seminario riservato agli ordinandi non urbani.
Le visite pastorali furono tre, compiute rispettivamente nel 1757-59, nel 1762 e nel 1771. I vescovi del Regno di Napoli dalla seconda metà degli anni Venti del Settecento, a causa della progressiva affermazione della politica regalista della Corona, non avevano più convocato sinodi diocesani e provinciali, temendo che finissero con l’essere dominati e influenzati dal giurisdizionalismo del governo. A questo proposito Sersale fu molto categorico nel 1765 nell’informare Roma di essere deciso a proseguire su quella linea, ripresentando semplicemente gli atti dei sinodi precedenti, per non incorrere in alcun pericolo di contrasto e discussione col potere secolare. Il cardinale in realtà fu giudicato persona vicina alla corte borbonica, tanto da essere criticato da alcuni settori ecclesiastici romani per l’atteggiamento di passiva accettazione, se non di vera e propria approvazione, della soppressione della Compagnia di Gesù. Quando, tuttavia, volle procedere all’apertura del terzo seminario napoletano si scontrò con Bernardo Tanucci, che duramente vi si opponeva, riuscendo però a conseguire il risultato voluto.
Partecipò ai conclavi del 1758, 1769, 1774-75 che elessero rispettivamente Clemente XIII, Clemente XIV e Pio VI. Nel conclave del 1769 fu effettivamente il candidato dei Borbone di Napoli all’elezione pontificia raccogliendo il favore di un variegato fronte di cardinali regalisti filogiansenisti, tutti accomunati dall’antigesuitismo, ma non assolutamente in grado di assicurargli l’ascesa al soglio pontificio. Nonostante qualche parola di appoggio anche da parte di Giuseppe II, l’ostilità dei cardinali francesi e la freddezza spagnola di fatto fecero declinare la candidatura favorendo l’ascesa di Clemente XIV.
Morì a Napoli il 24 giugno 1775.
Fonti e Bibl.: L. Cardarella, Memorie storiche de’ Cardinali della Santa Romana Chiesa, IX, Roma 1798, p. 55; A. de Leo, Dell’antichissima città di Brindisi e suo celebre porto, Napoli 1846, pp. 134 s.; L. Parascandalo, Memorie storiche-critiche-diplomatiche della Chiesa di Napoli, IV, Napoli 1851, pp. 157-160; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli 1971, passim; D. Ambrasi, Riformatori e ribelli a Napoli nella seconda metà del Settecento: ricerche sul giansenismo napoletano, Napoli 1979, passim; E. Chiosi, Andrea Serrao. Apologia e crisi del regalismo nel Settecento napoletano, Napoli 1981, pp. 85-89; F. Venturi, Settecento riformatore. L’Italia dei lumi (1764-1794), V, 1, Torino 1987, p. 254; V. De Marco, La Diocesi di Taranto nell’età moderna (1560-1713), Roma 1988, pp. 74 s.; L. Greco, Storia di Mesagne nell’età barocca, III, L’architettura sacra nella storia e nell’arte, Fasano 2001, pp. 239-245; M. Miele, I concili provinciali del Mezzogiorno in età moderna, Napoli 2001, p. 395; U. Dovere, Il buon governo del clero: cultura e religione nella Napoli di antico regime, Roma 2010, passim.