ALIOTTA, Antonio
Nacque a Palermo il 18 genn. 1881 da Gaetano e da Antonina Latona. Nella città natale seguì gli studi classici e si iscrisse al primo anno di filosofia, fondando nel 1900 insieme con G. A. Borgese il periodico letterario Scintilla. Trasferitosi quindi a Firenze, fu tra i fondatori della rivista Medusa - che visse pochi mesi (1902) e su cui pubblicò tra l'altro un Inno a Pan, che cantava l'idea del processo cosmico come genesi eterna di Dio - e, all'università, fu allievo di Felice Tocco e Francesco De Sarlo. Con quest'ultimo si laureò in filosofia nel 1903 con una tesi di psicologia sperimentale. Nel periodo 1901-1903 scrisse una serie di saggi filosofici raccolti nel volume Scetticismo antico escetticismo moderno (Piacenza 1903), che suscitò l'attenzione del Gentile (vedi la recensione benevola in La Critica, III [1904], pp. 324-327). Subito dopo la laurea, stimolato dalla lettura della prima edizione dell'Estetica crociana (1902), pubblicò il saggio La conoscenza intuitivanell'estetica delCroce (Piacenza 1904), che, partendo proprio dalle sue conoscenze di psicologia sperimentale, sottoponeva a critica alcune idee del filosofo napoletano formulando una prima opposizione al neoidealismo. Ne seguì una breve, ma interessante polemica sulle pagine della rivista del Borgese Hermes: al Croce, che aveva risposto alle sue obiezioni con l'articolo Conoscenza intuitiva ed attività estetica (I [1904], pp. 142-146), l'A. replicò con Il presuppostometafisico dell'Estetica di B. Croce (pp. 187-193), in cui - affermando che il suo metodo procedeva "dall'esperienza comune per arrivare alle teorie e alle sintesi superiori induttivamente" - accusava esplicitamente il Croce di seguire il metodo inverso: egli "parte da un sistema metafisico e ne trae logicamente le conseguenze senza curarsi di esaminare in molti casi se la funzione dell'arte, com'è da lui stabilita a priori, risponda effettivamente ai dati della coscienza umana". In sostanza, rivendicando la potenza creatrice dell'arte (fondata sulla coscienza), negava che essa fosse riconducibile a un fatto teoretico.
Dopo aver diretto per un anno a Firenze l'istituto "Umberto I" per bambini tardivi e deficienti, nel 1905 conseguì la libera docenza e vinse un concorso per l'insegnamento della filosofia nei licei classici che lo portò a Lucera, Senigallia e Palermo fino al 1913. Frattanto, seguendo la strada indicatagli dal maestro F. De Sarlo, divenne un appassionato studioso di psicologia sperimentale; fece ricerche sulla memoria, seguendo i metodi classici di Hermann Ebbinghaus, e sulla percezione del tempo; affrontò poi con conoscenza diretta dei metodi d'indagine psicologica quel problema della misura in psicologia, al quale dedicò, rivedendo e ampliando la sua tesi di laurea, il volume La misura in psicologia sperimentale (Firenze 1905).
In questi anni la posizione teorica dell'A., che sentiva ancora l'influenza dello Spencer e dell'Ardigò, è caratterizzata da una certa simpatia per il concetto di evoluzione. A suo avviso, però, la concezione evolutiva della realtà non poteva spiegarsi meccanicamente, bensì riconoscendo un'attività spirituale creatrice immanente nel fondo della natura, diretta verso un fine: una sorta di "panteismo dinamico" (questa posizione è espressa nel volume La creazione nell'arte e nella natura, Piacenza 1905, che risente dell'intuizionismo del Bergson e dell'idealismo dello Schelling). Sull'evoluzionismo pubblicò negli anni 1907-1908 alcuni articoli nella rivista Cultura filosofica del De Sarlo: L'idea di evoluzione nella chimica (I [1907], pp. 9-13), Il neo-vitalismo (ibid., pp. 34-68), Il momento attuale della lotta fra neolamarckiani e neo-darwinisti (ibid., pp. 64-69), Evoluzionismo e cattolicesimo (ibid., pp. 157-165), L'evoluzione creatrice (ibid., pp. 235-240), La teoria chimica della vita secondo F. Le Dantec (ibid., pp. 323-328), Cangiamento ed evoluzione (II [1908], pp. 49-67).
Bersagli polemici dell'A. in questo periodo erano il declinante positivismo da un lato e l'emergente neoidealismo di Croce e Gentile dall'altro. E sarà proprioquesta sua posizione mediana tra le due culture che lo condurrà verso una forma di "realismo critico" d'impostazione teista. Questo punto d'arrivo si manifesta già con chiarezza in uno dei suoi libri più famosi, Lareazione idealistica contro la scienza (Palermo 1912) - che gli aveva meritato nel 1909 il premio in un concorso bandito dalla Società reale di Napoli e nell'articolo Linee d'una concezione spiritualistica del mondo (in Cultura filosofica, VII [194], pp. 93-113, 360-375).
In questi scritti l'A. prendeva posizione contro l'intellettualismo scientifico, contro la pretesa positivistica di sostituire alla concretezza della vita le astrazioni di una scienza mal compresa nei suoi presupposti epistemologici, e rivendicava al tempo stesso contro il neoidealismo il valore conoscitivo dei concetti scientifici. La realtà veniva concepita come intima connessione di soggetto ed oggetto, l'idea di una "cosa in sé", assolutamente indipendente dal pensiero, gli sembrava un'"assurdità", essendo essere e pensiero indissolubilmente connessi. E Dio, l'"Assoluto Pensiero", faceva un po' da garante della razionalità della nostra conoscenza del mondo. La natura - argomentava l'A. - non sarebbe conoscibile se non si prestasse ad essere compresa nelle forme della nostra mente; ora questo rapporto teleologico presuppone necessariamente un "pensiero" al quale siano presenti i due termini e la loro relazione. Era questo, in sintesi, il senso di quella che egli definiva la "prova gnoseologica dell'esistenza di Dio".
Quest'opera procurò all'A. la cattedra di filosofia teoretica all'università di Padova. La prima guerra mondiale, distruggendo ogni fiducia "nel piano divino del migliore dei mondi possibile", provocò in lui una crisi che lo indusse ad abbandonare il teismo. Ne è testimonianza il saggio La guerra eterna e il dramma dell'esistenza (Napoli 1917; 2ª ediz., ibid. 1919), "uno studio storico critico sul problema del male", nel quale Dio, pur senza essere assolutamente negato, viene tuttavia ridotto al limite ideale dell'inesauribile processo cosmico. L'idea che nel mondo poteva rispecchiarsi un qualche "ordine divino" venne soppiantata da una concezione "pluralistica", secondo la quale l'ordine può essere raggiunto soltanto approssimativamente, per tentativi; concezione, questa, che gli sembrava rispondere meglio alla dura realtà della vita.
Nel 1919 passò a Napoli, ove insegnò filosofia teoretica fino al collocamento a riposo. Nel 1914 fondò la rivista Logos, che fu l'organo della Biblioteca filosofica di Palermo cessando le sue pubblicazioni nel 1943. Della fase più matura del suo pensiero si possono ricordare: La teoria di Einstein e le mutevoli prospettive del mondo (Palermo 1922), Relativismo e idealismo (Napoli 1922), Il problema di Dio e il nuovo pluralismo (Città di Castello 1924), L'esperimento nella scienza, nella filosofia, nella religione (Napoli 1936).
In questi saggi l'A. approfondisce il problema della conoscenza del reale: "In ogni affermazione di realtà è sempre immanente un tacito presupposto: io penso, io ho esperienza": ma l'"io" non può "mai racchiudere in sé tutta la realtà, non può affermare se stesso senza distinguersi dal mondo e porsi in relazione con esso. Anche nel più soggettivo dei sentimenti è l'oscura risonanza dell'infinito universo. Il puro soggettivo non esiste, come non esiste il puro oggettivo. I due termini separati l'uno dall'altro sono astrazioni; reale è solo la loro concreta relazione, che è l'atto dell'esperienza" (Relativismo e idealismo…, p. 37). Da questo punto di vista, l'A. pone l'esperimento come unico criterio di verità. Le sintesi più alte si raggiungono con l'esperimento; nessuna teoria può pretendere una giustificazione a priori; qualsiasi teoria, sia essa scientifica, filosofica o religiosa, può dirsi vera soltanto se le azioni da essa suggerite riescono a realizzare un superiore accordo delle nostre attività umane e delle altre innumerevoli energie operanti nel mondo, cioè un grado superiore di razionalità.
Dal 1940 in poi il pensiero dell'A. subì un'ultima evoluzione, approdando ad "un rinnovato spiritualismo cristiano", in cui la fede, intesa non come dogmatico apriorismo, ma come azione che si mette alla prova nell'esperimento e nell'urto delle forze reali, diventa il fondamento del filosofare: l'etica si "trasforma in religione, perché soltanto la fede in una Coscienza superiore, dalla quale scaturisca l'imperativo dell'unità e che ne garantisca la realizzazione, rende possibile l'azione e ne assicura il successo" (Carbonara, Presentazione, p. 21). Di questo periodo è da citare anzitutto l'opera Ilsacrificio come significato del mondo (Roma 1947), quindi Il problema di Dio e il nuovo pluralismo (Napoli 1949) e Il nuovo positivismo e lo sperimentalismo (ibid. 1954).
Vi è stato chi (Garin, Cronache di filosofia italiana…, pp. 348 ss.) ha voluto vedere nel "relativismo" e nel "pluralismo" dell'A. più che una dottrina filosofica definita, distinta dal neoidealismo, la copertura teorica di una straordinaria capacità di adattamento alle vicende concrete della storia italiana di quei decenni, in linea con la sua adesione al regime fascista, espressa dall'A. - tra l'altro - con la collaborazione al mensile Gerarchia e con la stesura di manuali scolastici di ordinamento corporativo, in cui sosteneva, ad esempio, che "l'individuo e la sua libertà non esistono fuori dello Stato e del suo ordine costituito" e che "la coscienza dello Stato è, reale, non come semplice somma delle coscienze degl'individui, ma ha una sua personalità concreta, che nella sua sintesi ha una fisionomia propria differente da quella somma" (Sommario di ordinamento corporativo, Napoli 1930, p. 11). Comunque sia, va preso atto che l'A., spirito fondamentalmente non dogmatico e aperto a diverse culture e suggestioni, seppe indurre e incoraggiare più generazioni di allievi a seguire vie diverse da quelle indicate dall'egemonia esercitata dal neoidealismo del Croce e del Gentile. Tra questi allievi - che, proprio a causa dell'inesistenza di una dittatura dottrinale dell'A., non fanno parte di una vera e propria scuola, ma sono approdati poi a posizioni più o meno distanti dal pensiero del maestro - vanno ricordati almeno C. Carbonara, P. Filiasi Carcano, R. Lazzarini, G. Martano, N. Petruzzellis, M. F. Sciacca, L. Stefanini e, in un certo senso, anche C. Musatti, spinto allo studio della psicologia dal corso padovano tenuto dall'A. nel 1915-16 e dedicato a questa materia.
L'A. morì a Napoli il 1º febbr. 1964.
Le opere dell'A. sono state raccolte in due serie di pubblicazioni, rispettivamente edite dalla casa editrice Perrella di Napoli (poi trasferitasi a Roma con la ragione sociale Cremonese) tra il 1942 e il 1954 e dalla Libreria scientifica editrice di Napoli tra il 1948 e il 1950; entrambe sono però incomplete.
Fonti e Bibl.: A. Aliotta, Il mio sperimentalismo, in AA. VV., Filosofi italiani contemporanei, a cura di M. F. Sciacca, Milano 1946, pp. 19-39; C. Carbonara, Presentazione, in A. Aliotta, La reazione idealistica contro la scienza, rist. Napoli 1970, pp. 8-26. Vedi inoltre: U. Spirito, L'idealismo italiano e i suoi critici, Firenze 1930, pp. 147-152; T. M. Bartolomei, La teoria dell'esperienza di A. A., in Riv. di filosofia neo-scolastica, XXV (1933), pp. 530-551; A. Tilgher, Presentazione che si prega di leggere, in Antologia di filosofi italiani del dopoguerra, Modena 1937, pp. 13-15; M. F. Sciacca, Il secoloXX, Milano 1947, I, pp. 470-490; D. Scoleri, A. A.: il sacrificio come significato del mondo, in Historica, I (1948), n. 2, pp. 27-30; Id., Moralisti italiani del nostro tempo, Reggio Calabria 1950, pp. 40-53; AA. VV., Lo sperimentalismo di A. A., Napoli 1951 (scritti di C. Carbonara, P. Filiasi Carcano, R. Lazzarini, G. Martano, C. Musatti, N. Petruzzellis, M. F. Sciacca, L. Stefanini); P. Filiasi Carcano, Il pensiero filosofico di A. A., in Riv. di filosofia neo-scolastica, XLIV (1952), pp. 443-454; G. Galli, La cultura, la logica, il sacrificio del prof. A., in Il Saggiatore, II (1952), pp. 160-207; G. Gentiluomo, Il relativismo sperimentale di A. A. nel suo svolgimento storico, Roma 1955; N. Petruzzellis, A. A. e il pensiero del suo tempo, in Rass. di scienze filosofiche, XVII (1964), pp. 1-11; N. Abbagnano, A. A., in Riv. di filosofia, LVI (1964), pp. 442-448; E. Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1943. Quindici anni dopo 1945/1960, Bari 1966, ad Indicem; C. Colmayer, Pluralismo relativismo sperimentalismo in A. A., in Soc. naz. di scienze lettere e arti di Napoli. Atti dell'Acc. di scienze morali e politiche, LXXVII (1967), pp. 211-261; G. L. Pallavicini, Il pensiero di A., Napoli 1968; C. Carbonara, A. A. e "La reazione idealistica contro la scienza", in Logos, n.s., II (1970), pp. 5-26; L. Pusci, L'esperimento come criterio della verità nella gnoseologia di A. A., in Miscell. francescana, LXXI (1971), pp. 198-214; G. Martano, Il valore speculativo del concetto scientifico nel pensiero di A. A., in Soc. naz. di scienze lettere e arti di Napoli. Atti dell'Acc. di scienze morali e politiche, LXXXII (1972), pp. 498-501; L. Pusci, Motivi neopositivistici nello sperimentalismo di A. A., in Miscell. francescana, LXXII (1972), pp. 3-67; A. Dentone, Il problema morale e religioso in A. A., Roma 1976; F. Lombardi, "La reazione idealistica contro la scienza" di A. A., in Scritti in on. di C. Carbonara, Napoli 1976, pp. 444-454; G. Pryszlak, Il problema di Dio in A. A., Roma 1979.