VINITTI, Antonio Angelo (Antonio da Pereto)
– Originario di Pereto, centro abruzzese che rientrava nel territorio della Provincia romana, nacque con buona probabilità intorno agli Sessanta del Trecento.
La forma cognominale Vinitti («de Vinnitto») è registrata dalla storiografia francescana a partire da Luca Wadding, ma non risulta attestata nella documentazione precedente. Secondo lo studioso, frate Antonio era figlio di Angelo Vinitti e di Giulia Macafano, sulla base di un’iscrizione sepolcrale risalente al 1399.
Non è nota la sua attività prima della nomina a ministro generale dell’Ordine; ma, secondo Wadding, nel 1399 era già maestro di teologia. Il 6 giugno 1405, durante il capitolo generale di Monaco, fu eletto ministro generale dell’obbedienza romana, e fu inizialmente uomo di fiducia di papa Gregorio XII. Dopo aver assistito, infatti, al solenne e pubblico rinnovamento dei voti e dei giuramenti, prima fatti in concistoro da Gregorio XII (Roma, 1° dicembre 1406), fu inviato nel 1407 dal papa (con salvacondotto) in una lunga missione in Germania (a Colonia, nello Studio, e presso Roberto di Baviera) e in Inghilterra, dove fece eleggere un nuovo ministro provinciale. Ma tra la fine del 1407 e l’inizio del 1408 fu prima a Siena e poi a Lucca, per assistere alle estenuanti trattative per la riunificazione della Chiesa.
La fiducia nei confronti di Gregorio XII iniziò a venir meno, e nel 1408 Antonio da Pereto radunò il capitolo generale all’Aquila, dove assieme ai confratelli probabilmente prese la decisione di sottrarre l’obbedienza al pontefice e di aderire al futuro Concilio di Pisa. Il 20 novembre dello stesso anno Gregorio XII ordinò ai pochi religiosi che gli erano rimasti fedeli di non obbedire più ad Antonio da Pereto, già deposto dall’incarico di ministro generale, ma a fr. Angelo Salvetti, nominato vicario generale. Nel marzo del 1409, a Pisa, dopo aver scritto una lettera al re d’Inghilterra, Antonio da Pereto partecipò alla grande processione di apertura del Concilio, in cui fu uno dei principali accusatori di Gregorio XII, e il 5 giugno assieme agli altri padri conciliari firmò la deposizione del pontefice. Ebbe buoni rapporti con il papa ‘pisano’ Alessandro V, suo confratello, che lo confermò ministro generale dei Minori, come si apprende dalle lettere scritte da Antonio al vescovo di Pisa fr. Alessio da Seregno e all’Ordine tra l’agosto e il settembre del 1409 (e anche dalla comunicazione all’Ordine, il 27 dicembre seguente, di un’indulgenza concessa dal papa). Nel frattempo Gregorio XII nominò ministro generale fr. Antonio da Cascia (14 febbraio 1410): da quel momento fino al Concilio di Costanza vi furono contemporaneamente due ministri generali, oltre a quello dell’obbedienza avignonese. Il ruolo di Antonio da Pereto non cambiò con il successore di Alessandro V, Giovanni XXIII, che il 23 luglio 1410 lo inviò (con apposito salvacondotto) in diverse regioni della penisola, e gli affidò successivamente altri importanti incarichi.
Nel 1410 fu incaricato di ricevere all’obbedienza tutti i sudditi del Regno di Napoli che desiderassero rientrare nella Chiesa, e di immettere Battista Savelli nel governo di Civita Castellana. Nei due anni seguenti fu impegnato soprattutto in Inghilterra, oltre che nella penisola. Il 23 ottobre fu incaricato di predicare in Inghilterra la crociata contro Ladislao d’Angiò Durazzo, re di Napoli. Pochi giorni dopo, il 2 novembre, fu inviato, assieme ad altri, a trattare la pace tra i genovesi e Luigi II d’Angiò, pretendente al trono di Sicilia, e tra i genovesi e i fiorentini. Il 10 novembre ebbe il compito di esaminare in Inghilterra una causa per la dispensa matrimoniale di Tommaso di Lancaster, figlio di Enrico IV re d’Inghilterra; e oltremanica trascorse la primavera e una parte dell’estate del 1412.
I tentativi per ricondurre tutto l’Ordine sotto l’obbedienza a Giovanni XXIII continuarono negli anni successivi. Il 28 luglio 1414 il pontefice, in prossimità del capitolo generale di Losanna, gli permise di sostituire i ministri provinciali renitenti, oltre alla facoltà di istituire quattro maestri in teologia e alla concessione di un’indulgenza a tutti i partecipanti al capitolo. Il 13 dicembre seguente il papa di ‘obbedienza pisana’ dichiarò che anche i ministri provinciali eletti dalla Sede apostolica erano soggetti al ministro generale.
All’epoca (dal 20 ottobre 1414) Antonio da Pereto già si trovava a Costanza, per il concilio, e il 1° dicembre, assieme ad altri, fu giudice nella causa contro Jan Hus. Il 6 aprile 1418, a Costanza, ottenne da Martino V, unico papa dal 1417, che la decisione di Giovanni XXIII relativa ai ministri provinciali venisse estesa agli inquisitori eletti dalla Sede apostolica, ed entrambe le disposizioni furono confermate dal pontefice il 1° gennaio 1419 a Mantova.
Antonio da Pereto, morto l’anno successivo mentre era ancora in carica, durante il suo quindicennale generalato fu assorbito quasi totalmente dal tentativo di favorire il ritorno dell’unità della Chiesa universale. La sua intensa attività si esplicò comunque in diverse direzioni: i rapporti ‘diplomatici’ con i governanti, l’attenzione alla vita interna dell’Ordine, la cura per la formazione dei frati, l’apertura ‘controllata’ all’Osservanza.
Quanto al primo aspetto, il 7 giugno 1405, poco dopo la sua elezione, aveva concesso una lettera di fraternità a Ernesto e Guglielmo, duchi di Baviera. Fu in relazione con Gianfrancesco Gonzaga, a cui permise di inviare quattro frati minori come ambasciatori ovunque fosse necessario il 30 aprile 1411, e a cui indirizzò una lettera di riconoscenza per il suo sostegno materiale nei confronti dell’Ordine il 21 maggio 1418, durante il capitolo generale. Il 7 luglio 1414 il doge di Venezia Tommaso Mocenigo gli scrisse per una vertenza di aspiranti al provincialato in Dalmazia. Nel 1416 autorizzò Paolo Guinigi, signore di Lucca, a servirsi dei frati minori per eventuali missioni; la stessa concessione ottenne fr. Nicolò Orsini, priore dei Cavalieri gerosolimitani di Venezia. Ebbe rapporti anche con Giacomo Orsini e con Ludovico Alidosi, all’epoca signore di Imola, a cui scrisse due lettere nel 1418 e permise di disporre di un frate minore e di un socius da inviare nelle missioni che fossero state necessarie.
Circa la vita interna dell’Ordine, Antonio da Pereto curò da subito (tramite il decreto di Innocenzo VII del 22 novembre 1405) che i ministri provinciali non potessero rimanere in carica per un periodo superiore ai sei anni, lasciando al ministro generale la facoltà di concedere una proroga. Partecipò alla vita delle province, in particolare di quella di S. Antonio: il 30 aprile 1406 fu ricevuto solennemente a Padova con un discorso pronunciato dall’umanista Ognibene Scola, e nel successivo capitolo della provincia, a Vicenza, determinò probabilmente l’elezione del nuovo ministro provinciale. Di nuovo fu nell’Italia nordorientale negli anni 1411 e 1414 e tra il 1416 e il 1418. Fu impegnato anche sul fronte della provincia d’Aragona, che presentava situazioni conflittuali, tanto che il 12 dicembre 1418, a Mantova, fu sollecitato da papa Martino V a risolvere alcune questioni sorte tra diversi frati di quella provincia. Inoltre, rimangono gli statuti dei capitoli generali di Roma (1411) e di Mantova (1418) da lui presieduti.
Si occupò della formazione scolastica dei frati, concedendo numerose lettere di presentazione per la facoltà di teologia dello Studio di Padova e favorendo la carriera di fr. Antonio Boveri da Firenze, di fr. Pietro Mazoti e di fr. Francesco Micheli da Firenze.
Infine, Antonio da Pereto, che all’inizio del suo generalato ebbe come vicario per l’Osservanza fr. Giovanni da Stroncone (uno dei primi compagni di fr. Paoluccio Trinci), fu favorevole alla nascita e allo sviluppo dei conventi dell’Osservanza in Italia e fuori, ma sostanzialmente contro il regime separato. Fu lui probabilmente a suggerire ad Alessandro V (1409) e Giovanni XXIII (1414) la proibizione per gli Osservanti francesi di avere vicari provinciali, e solo dopo lunghe discussioni concesse loro un vicario generale (1415); non esitò a far incarcerare, a Costanza, l’osservante fr. Guglielmo Josseaume (1417), poi consegnato al cardinale Pietro di Foix. Nel complesso, al capitolo generale di Mantova (1418), Antonio da Pereto – conscio dell’opposizione latente in Italia e in Spagna contro questa tendenza – gestì con equilibrio la questione della maggior autonomia per gli osservanti francesi, cui il Concilio di Costanza aveva ‘aperto’: raccomandò la sottomissione ai ministri provinciali e agli altri superiori legalmente eletti, ma allo stesso tempo dispose di rispettare la libertà di coloro che erano passati all’Osservanza. Inoltre, fu il regista dell’incontro che a Mantova i rappresentanti del capitolo generale ebbero con Martino V, di ritorno da Costanza; tra di essi vi erano alcuni osservanti (compreso il diacono Giovanni da Capestrano), che attraverso Antonio da Pereto presentarono un rotolo con cinque suppliche, che il papa accordò il 14 novembre. In quei mesi, infine, Antonio da Pereto autorizzò diverse fondazioni osservanti in Europa (a Gouda nei Paesi Bassi, a Nogfalw in Ungheria, e in Aragona).
Il suo ultimo atto come ministro generale risulta essere una lettera indirizzata a fr. Guglielmo Monrava della provincia d’Aragona (13 giugno 1420). Non è plausibile la sua elezione a vescovo, come invece sostenuto da Mariano da Firenze; morì infatti prima del 20 novembre 1420, quando Louis Aleman, vicecamerlengo della camera apostolica, ordinò a fr. Nicolò da Tivoli, ministro della Provincia romana, di far pagare i debiti del defunto ministro generale Antonio da Pereto, che doveva restituire la somma di 400 fiorini d’oro al cardinale Ludovico Fieschi.
Suo successore alla guida dell’Ordine fu Angelo Salvetti, eletto nel capitolo generale di Forlì del 1421.
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