ANSELMI, Antonio
Nacque verso la fine del sec. XV, probabilmente a Bologna, come apprendiamo dall'Aretino, che indica nel bolognese L. Beccadelli, vescovo di Ragusa, un "compatriota dell'Anselmi" (Il sesto libro delle Lettere di M. Pietro Aretino, Parigi 1609, c. 77). Dal 1537 l'A. risulta al servizio di P. Bembo. È questo il periodo più interessante della sua vita. Accompagnato a Roma il Bembo, eletto cardinale da Paolo III (1539), l'A., attraverso la conoscenza di personalità influenti nel mondo delle lettere e della politica, quali il Contarini, il Navagero e il Sannazzaro, sembra acquistasse una notevole influenza nella corte romana. A Padova, dove più frequentemente risiedette, l'A. s'interessò della intensa corrispondenza del cardinale, della sua collezione numismatica e, principalmente, della sua biblioteca: compito, quest'ultimo, che lo metteva in contatto con studiosi e bibliofili di tutta Italia. Il Bembo apprezzava in tal misura il lavoro di questo suo "famigliare" che, preoccupatosi della sua salute, lo inviò a Bologna "per mutare aere, et guarire d'una sua indisposizione". Morto il Bembo (1547), dopo essere stato ancora qualche tempo al servizio del figlio Torquato, l'A. passò al servizio di L. Beccadelli. L'ultima lettera dell'Aretino al "dolcissimo M. Antonio" è dell'agosto 1554, ma tracce dell'attività letteraria dell'A. si possono trovare ancora nel 1568; s'ignora, comunque, l'anno in cui avvenne la sua morte.
La corrispondenza con l'Aretino (cfr. le Lettere scritte a Pietro Aretino, emendate per cura di T. Landoni, I, 2, Bologna 1874, pp. 296-303), i frequenti rapporti stabiliti con L. Dolce, A. F. Doni, G. Ruscelli sottolineano la vastità degli interessi culturali dell'A. favoriti dalle sue mansioni di segretario del Bembo. Dallo stesso Bembo l'A. ottenne l'incarico di curare la pubblicazione di una sua silloge di poesie provenzali (l'improvvisa morte del cardinale impedì la realizzazione del progetto nonostante l'interessamento diretto del Beccadelli e del Castelvetro): sotto questo aspetto si precisa la personalità dell'A. intento a ribadire, nelle forme e nei motivi ideologici, una letteratura aulica, altamente intonata alle idealità e al gusto del maggior esponente della direzione culturale nel primo Cinquecento.
Tali elementi non è difficile rintracciare in alcune liriche dell'A. inserite nella raccolta curata dal Ruscelli Del Tempio alla divina signora donna Giovanna d'Aragona, Venezia 1554 (cc. 63-64, 380), e maggiormente nei due sonetti che si leggono in Il Tempio della divina signora donna Geronima Colonna d'Aragona, Padoa 1568 (cc. 70-71), nei quali l'A., fedele alla tematica degli epigoni provenzali, vagheggia, attraverso l'immagine dell'amata, "de Dio le meraviglie belle, e d'i celesti segni i moti e i giri...".
Fonti e Bibl.: Il quinto libro delle Lettere di M. Pietro Aretino, Parigi 1609, cc. 22, 170, 177; Lettere di M. Pietro Bembo cardinale a' Principi e Signori, e suoi Famigliari Amici scritte, III, Milano 1810, pp. 463-466; L. Dolce, Dialogo della pittura (con l'aggiunta di varie rime e lettere), Firenze 1910, pp. 8, 159, 238; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 823 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, p. 261; S. Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911, pp. 33 s., n. 3, e recensione di V. Cian, in Giorn. storico d. letteratura ital., CII(1912), p. 191 n. 4.