ANTONAZ, Antonio
Nato a Portole, in Istria, nel 1827, frequentò le scuole medie a Capodistria, Trieste e Gorizia. Nel 1849 si iscrisse ai corsi di giurisprudenza dell'università di Graz, per passare poi l'anno successivo a Vienna, dove si laureò. Quivi l'A. entrò in dimestichezza con il triestino A. Mauroner, direttore del Corriere Italiano, ottenendo nel 1852 l'incarico di redattore in quel giomale, l'unico in lingua italiana che si pubblicasse in Austria. Trasferitosi nel 1855 a Milano, fu per due anni nella redazione della Gazzetta Ufficiale. Tornato quindi a Trieste, venne assunto nell'Osservatore triestino, giornale di stretta osservanza govemativa, del quale nel 1859 divenne redattore politico. Nel giugno di quell'anno suscitò particolare indignazione nei circoli autonomisti della città un articolo dell'A. inneggiante alla presunta vittoria austriaca di Magenta; in seguito però egli si avvicinò sensibilmente alle posizioni dei gruppi liberali triestini, e tale sua evoluzione ebbe qualche influenza anche sull'orientamento politico dell'Osservatore, il quale cominciò ad interessarsi assiduamente alle vicende italiane: il giornale pubblicò corrispondenze da Torino, Milano e Firenze, che molto spiacquero al von Burger, luogotenente del Litorale. Allorché i liberali triestini, dopo aver soppiantato nell'amministrazione della città l'oligarchia austriacante, vollero consolidare le proprie posizioni con un organo di stampa, ritennero, dopo un primo rifiuto delle autorità austriache, che soltanto un direttore di tendenze assai moderate avrebbe potuto ottenere la necessaria approvazione governativa; si rivolsero perciò all'A., il quale riuscì, malgrado le forti resistenze del von Burger, ad ottenere dal ministero della Polizia di Vienna l'autorizzazione a pubblicare Il Tempo, giornale triestino di politica, commercio e varietà. Il nuovo quotidiano nella cui redazione lavorava anche il fratello dell'A., Giovanni, uscì il 1° ott. 1861: esso dichiarava esplicitamente di voler continuare i servizi dell'Istriano, che aveva cessato le pubblicazioni il 31 luglio 1861 e che era stato un giornale manifestamente separatista, pur dichiarandosi apolitico. Il richiamo ad esso costituiva pertanto un preciso impegno di lotta indipendentista. In effetti, però, il liberalismo triestino era assai più prudente e moderato di quello istriano e Il Tempo rifuggì sempre da troppo esplicite posizioni antiatistriache. E tipica in questo senso la posizione negativa del giornale nei confronti della manifestazione astensionista della Dieta istriana, chiamata ad eleggere i suoi rappresentanti a Vienna. Questa cautela non evitò tuttavia al giornale né gli attacchi violenti della stampa governativa (la Triester Zeitung arrivò persino, il 27 nov. 1861, a lanciare contro l'A. la calunnia di essere stato un confidente della polizia), né le persecuzioni del luogotenente dei Litorale. Provocarono particolarmente lo sdegno della polizia austriaca gli articoli di don Paolo Tedeschi, che Il Tempo pubblicava in appendice col titolo Il purgatorio del padre Ireneo della Croce. Visioni di Prete Pero: in seguito a questi articoli il giornale fu sospeso e l'A. arrestato, insieme con il Tedeschi, il 18 febbr. 1862, sotto l'accusa di alto tradimento, perturbazione della pubblica tranquiwtà, sedizione e offese alla religione. L'A., difeso dall'avvocato Nicolò de Rin, riuscì a fare cadere l'accusa di tradimento ricordando la sua condanna della protesta asten sionista, ma non le altre, per le quali l'11 nov. 1862 fu condannato a otto mesi di carcere e a un mese d'isolamento, condanna confermata in appello il 29 genn. 1863. Solo nel 1864 l'A. riassunse la direzione del Tempo, che aveva frattanto ripreso le pubblicazioni ad opera del fratello Giovanni. Ma il giornale era divenuto ormai il bersaglio preferito deHa polizia e della magistratura triestina: il 3 nov. 1865 l'A. era nuovamente condannato a due settimane di carcere, avendolo il tribunale provinciale riconosciuto colpevole d'incitamento alla sedizioae, e il 10 luglio 1866 il tribunale ordinava di sospendere per tre mesi la pubblicazione del Tempo, decretandone in effetti la soppressione.
Un altro fratello dell'A., Isidoro, che nel 1866 aveva collaborato con i volontari di Garibaldi e nel 1867 era stato condannato in contumacia per alto tradiinento, rifugiatosi a Venezia, fondò in questa città nel 1869 un giornale con la medesima testata.
Afia fine del 1866 i liberali triestini riuscirono ad ottenere l'autorizzazione per un nuovo giornale, Il Cittadino, e ne affidarono darono ancora la direzione all'Antonaz. Il Cittadino ebbe vita assai più facile e lunga del Tempo: l'A. s'impose una linea politica di tale moderazione che la polizia non ebbe più motivo d'intervenire.
Dopo la delusione dei 1866 il liberalismo triestino aveva momentaneamente rinunziato al programma di annettere la provincia al Regno d'Italia: perciò il giornale dell'A. condannò duramente fin dai suoi inizi ogni iniziativa indipendentista, solo limitandosi alla difesa dei gruppi borghesi di nazionalità italiana, che, ormai padroni dei pubblici poteri nella città di Trieste, non erano meno ostili al risveglio dei Serbi e dei Croati, di quanto non fossero nei confronti della politica accentratrice di Vienna. Di qui l'opposizione dell'A. al programma federalista di Hoehnwart, nonostante l'ampliamento di competenze che esso avrebbe garantito alla Dieta triestina in materia di associazione, riunione, stampa, giustizia e istruzione, giacché quel progranuna garantiva l'eguale sviluppo politico delle diverse nazionalità all'intemo di ciascuna provincia e quindi avrebbe spinto le minoranze nazionali del territorio giuliano ad attaccare le posizioni preminenti conquistate dalla maggioranza italiana. In questo gretto atteggiamento Il Cittadino finì per accantonare totalmente anche le più moderate esigenze liberali del partito nazionale triestino.
Sul finire del 1871 l'A. arrivò ad una definitiva rottura coi partito nazionale e passò direttamente con il suo giornale nel campo austriacante. L'A. morì nel 1887.
La direzione del Cittadino fu assunta dopo la sua morte, da un altro suo fratello, Domenico, che non ne modificò l'orientamento. L'A. lasciò un'opera storica intitolata Cenni storici sulla Polonia, Trieste (1864).
Bibl.: A. Tamaro, Storia di Trieste, II, Roma 1924, p. 421, 426, 435, 437; F. Harmet. Memorie autobiografiche, a cura di M. de Szombathely, in La Porta Orientale, III(1933), pp. III, 139; F , A. Perini, Giornalismo italiano in terra irredenta, Perugia 1937, pp. 51, 65, 80; C. Pagnini, Marco Tamaro e il giornalismo istriano, in Pagine Istriane, s. 3, I (1950), p. 230; Id., Giuseppe Caprin, ibid., p. 235; G. Stefani, L'Austria e il giornalismo triestino dopo Villafranca, in Problemi del Risorgimento triestino, Supplem. al vol. XXIII (1953), sez. I, degli Annali triestini, a cura dell'università di Trieste, pp. 167-173, 176, 177; G. Cervani, Aspetti della cultura liberale triestina verso la metà dell'Ottocento: il pensiero Politico di Alessandro Mauroner, ibid., p. 206; A. Vivante, Irredentismo adriatico, Firenze 1954, pp. 76-79, 93 s., 98 s., 102-106.