PAGNINI, Antonio Baldino |(in religione Sante)
– Nacque a Lucca il 18 settembre 1470 primo dei 7 figli di Paolino e di Margherita de’ Giovanni.
Il 17 febbraio 1487 entrò nell’ordine domenicano presso S. Domenico a Fiesole. Ben presto passò al convento di S. Marco a Firenze sotto l’influsso carismatico di Girolamo Savonarola. Dal 1490 al 1492 fu presente allo Studio domenicano di Bologna. Il 27 giugno 1493 un rabbino spagnolo di nome Isaac, che era stato al servizio di Giovanni Pico della Mirandola, ricevette l’abito domenicano da Savonarola, dopo aver preso il nome di Clemente Abramo. È a partire da quella data che Pagnini cominciò ad approfondire, sotto la guida di fra’ Clemente, le lingue ebraica e aramaica che, insieme alla greca, formarono il cuore della sua attività intellettuale. Gianfrancesco Pico, in una lettera del 1518 affermò che la traduzione della Bibbia ebraica in latino era stata il coronamento di un lavoro durato 25 anni, il che permette di farne risalire l’esordio al 1493.
All’inizio del Cinquecento Pagnini fu priore di S. Domenico a Pistoia, quindi a S. Marco a Firenze, per passare poi, nel 1506, a S. Spirito di Siena e nel 1507 a S. Romano a Lucca.
Nel 1504 persuase il pittore domenicano Baccio della Porta, detto fra’ Bartolomeo – che aveva abbandonato la pittura aderendo ai roghi delle vanità del movimento piagnone – a riprendere la propria attività. Tuttora controverso è il possibile ruolo di Pagnini nell’ispirare il programma della volta della Cappella Sistina (Wind, 1944; Hartt, 1951).
Fin verso il 1506 fu confessore e padre spirituale di Domenica da Paradiso (Gagliardi, 2007). Nel biennio 1511-13 fu nuovamente priore a S. Marco.
Intorno al 1515 mentre si trovava a Roma, nel corso del V concilio Lateranense, Pagnini ricevette da Leone X il supporto finanziario per dare alle stampe la progettata Bibbia poliglotta alla quale stava da gran tempo lavorando. Alla morte del papa (1521) non aveva potuto che pubblicare un primo saggio, un’edizione poliglotta del testo ebraico e aramaico dei Salmi, entrambi tradotti in latino (Psalterium nuper translatum ex Hebraeo, Caldaeo et Graeco, Romae 1520). L’edizione si interrompeva bruscamente al verso 9 del Salmo 28. Sotto il pontificato di Adriano VI pubblicò il 16 marzo 1523, a spese di Tommaso Strozzi, priore di S. Maria sopra Minerva, presso cui dimorava, l’Enchiridion expositionis vocabulorum Haruc, Thargum, Midrascim, Berescith, Scemot, Vaicra, Midbar Rabba (Romae 1523), un agile dizionario di termini aramaici ed ebraici rabbinici, dedicato al cardinale François Guillaume de Clermont-Lodève, legato pontificio ad Avignone.
Nello stesso anno Pagnini si recò ad Avignone tentando di realizzare il piano editoriale che non aveva potuto portare a compimento in Italia, dove non fece più ritorno. Difficoltà di ordine finanziario e tecnico, che ostacolavano la stampa dell’ebraico, lo persuasero, durante i tre anni che trascorse in quella città, protetto dal vescovo di Apt e governatore di Avignone Jean Nicolaï (che ebbe a chiamarlo triumviro, accanto a Erasmo da Rotterdam e Guillaume Budé), a pubblicare solo nell’ambito della grammatica greca. Nel 1525 apparvero le Isagogae ad linguam Græcam capessendam e la sua versione ridotta, a uso di un pubblico di principianti, l’Enchiridion ad capessendam linguam graecam (Avignon s.d., ma 1525 ca.). Solo nel 1526, in virtù di un robusto finanziamento assicuratogli dal nipote Francesco Turchi, da un altro mercante lucchese, Domenico Berti, e dal libraio fiorentino Giacomo Giunti, della fiorente colonia toscana di Lione, Pagnini arrivò a pubblicare, a spese del cardinale François- Guillaume de Clermont-Lodève, ma con dedica a Federico Fregoso, l'opera Institutionum hebraicarum libri quattuor (Lugduni, Antoine du Ry, 1526), ampia grammatica dell’ebraico modellata sull’opera di David Qimchi (o Kimchi) ma arricchita da numerosi capitoli innovativi, per esempio sulla retorica biblica. Dal 1526 visse presso il convento di Notre-Dame de Confort di Lione ed è in questa città che fu pubblicata, il 27 gennaio 1528 (ma sul colophon si legge 1527, secondo lo stile fiorentino), presso Sebastianus Gryphius, la traduzione completa della Bibbia (Veteris et Novi Testamenti nova translatio), condotta sull’ebraico e sul greco, certamente la sua opera, se non più riuscita, certo destinata ad assicurargli la fama più duratura.
Si tratta del risultato di un compromesso: Pagnini dovette rinunciare a stampare una poliglotta, ma in compenso riuscì a dare alle stampe una Bibbia completa interamente alternativa alla vulgata perché ritradotta dai testi originali con un particolare scrupolo di fedeltà alla lettera, anche a costo di attirarsi l’accusa di illeggibilità (secondo l’ebraista Sebastian Münster) o di eccessivo rispetto per l’esegesi rabbinica (ad avviso di Lutero). Secondo una vulgata storiografica diffusa ma infondata, Pagnini avrebbe introdotto l’uso di suddividere, o almeno numerare i capitoli e i versetti biblici. In realtà la suddivisione sistematica del testo biblico in versetti, anche se non la loro numerazione, risale all’epoca dei masoreti, mentre la suddivisione in capitoli sorta in ambito cristiano, si riscontra nel XIII secolo. I due sistemi erano già stati combinati, in un contesto polemico, nella concordanza biblica intitolata Me’ir Nativ, compilata da Isaac Natan nel 1448 ad Arles (ed. Venezia 1523). Pagnini introdusse, per primo in un’opera a stampa, la suddivisione in versetti per il Nuovo Testamento, ma mentre il principio era destinato a grande fortuna, nello standard elaborato da Robert Estienne nel 1551, la suddivisione in versetti di Pagnini non si è affermata.
L’elemento di maggiore importanza nella traduzione di Pagnini è la sua fedeltà letterale all’ebraico, tanto che essa si impose come garante di numerose traduzioni volgari cinquecentesche che pretesero di aderire all’originale, per esempio quella toscana di Santi Marmochino o la Bibbia di Ferrara stampata in lingua spagnola nel 1553 da Abraham Usque. Talune revisioni della traduzione di Pagnini, come quella attribuita a Michele Serveto (1542) o quella presentata nell’apparato della Poliglotta di Anversa da Benito Arías Montano (1571) acuiscono ulteriormente lo scrupolo letteralista (Fernández Marcos, 2003). Pagnini continuò a rielaborare la propria traduzione come mostra non solo il confronto tra la versione dei primi Salmi del 1521 e quella del 1528 all’interno della Bibbia di Lione, ma ancora la versione che egli licenziò per il Psalterium sextuplex, (Lugduni, Sébastien Gryphius, 1530), in cui appare, accanto all’ebraico, la versione di s. Gerolamo e quella dell’agostiniano Felice da Prato (Venezia 1515).
Non solo Pagnini modifica la propria traduzione apparsa appena due anni prima, ma aggiunge numerose proposte alternative tra parentesi. Gryphius, forse ispirato da Pagnini, si sente in dovere di precisare che la varietà non fomenta il dubbio ma fa comprendere il potenziale inesauribile dell’originale.
Nel 1529, sempre per i tipi di Gryphius, era apparso a Lione il monumentale Otzar Leshon ha-Qodesh, hoc est Thesaurus linguæ sanctæ (Lugduni), vasta compilazione lessicografica sull’ebraico biblico in cui, alla struttura per radici basata sul Sefer ha-Shorashim di David Qimchi, si innesta un’amplissima congerie di autorità esegetiche rabbiniche, in particolare di scuola letteralista franco-settentrionale e grammaticale spagnola e provenzale.
Al 1530 risale una lettera inviata a Enrico VIII per esortarlo a intervenire a favore di Firenze, assediata dalle truppe del Papa (Roth, 1925). Se ne desume che egli, come il francescano veneto Francesco Zorzi, aveva preso posizione in favore del divorzio del re da Caterina d’Aragona.
Il 1536 vide la pubblicazione dell’ultima fatica di Pagnini, un massiccio volume esegetico composto di una Isagogae ad sacram scripturam e da diciotto libri sul significato mistico (Isagogae ad sacras litteras liber unicus; ejusdem Isagogae ad mysticos sacrae Scripturae sensus libri XVIII, Lugduni, H. à Porta), spesso in realtà allegorico, di una selva di termini biblici (Engammare, 2002).
Il volume si apre con una sua lettera al vescovo di Parigi Jean du Bellay e contiene la prima bio-bibliografia di Pagnini, una lettera datata 4 aprile 1536 del medico Symphorien Champier al cardinale François de Tournon (Kammerer, 2002). In essa si fa cenno ad altre opere oggi perdute: 1) traduzione letterale dell’Odissea; 2) traduzione dei primi 9 libri dell’Iliade; tre traduzioni dall’ebraico: 3) Miklol, opera grammaticale di David Qimchi, interamente confluita nelle Institutiones; 4) Ephod, grammatica ebraica di Profiat Duran, ampiamente usata nell’opera di Pagnini. Per la verità, secondo Robert Estienne, egli si limitò a tradurne in latino la prima parte (Kessler-Mesguich, 2013); 5) Cheter, libro sui nomi divini, quasi certamente da identificare con il Keter shem tov di Abraham ben Alexander di Colonia; 6) Catena argentea in sei volumi sul Pentaeuco; 7) Catena argentea sui Salmi in tre volumi, forse il lavoro preparatorio per la mutila poliglotta romana; 8) una raccolta di sermoni, perdita particolarmente grave perché avrebbe permesso di meglio valutare i rapporti tra Pagnini e Savonarola, l’atteggiamento verso gli ebrei nonché la sua posizione nelle dispute con i valdesi e i protestanti negli ultimi anni della sua vita. A questo già ricco elenco va aggiunto anche un Tractatus in Iehudaeos al quale Pagnini fa cenno nel suo Thesaurus (col. 1745).
Tra le opere a stampa e manoscritte appartenute a Pagnini si annovera un Seneca (Treviso 1478) conservato a Lucca, una copia del De rudimentis Hebraicis di Joannes Reuchlin (Pforzheim 1506) riccamente annotata, ora presso la Bibliothèque Municipale di Lione (Hulvey, 2009), nonché, ivi, un manoscritto contenente il Sefer ha-Zikronot, concordanza biblica, composto e in parte vergato da Elia Levita (Attia, 2010, 2012).
Tra gli allievi di Pagnini, oltre al già menzionato Gianfrancesco Pico, si devono ricordare almeno il teologo e controversista Johannes Eck e Tommaso Sertini, curatore della pubblicazione postuma del compendio della grammatica ebraica (Ha-qotzer Institutionum hebraicarum abbreviatio, Paris, Ch. Estienne, 1546).
Pagnini morì a Lione il 24 agosto 1536 e fu sepolto nel coro della chiesa di Notre-Dame de Confort.
Opere: Non abbiamo segnalato, per ragioni di spazio, le numerose ristampe ed edizioni rivedute delle opere di Pagnini, alcune delle quali furono poste all’Indice espurgatorio, benché si tratti di una testimonianza lampante della loro fortuna.
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