BAROLINI, Antonio
Nacque a Vicenza il 29 maggio 1910, da una famiglia di navigatori: il padre Giuseppe, ufficiale di marina, morì nel 1919 per i postumi di una malattia contratta in guerra; i progenitori di origine veneziana solcavano i mari ("il veliero San Spiridione fu l'ultima nave dei miei e naufragò sul finire del secolo scorso", annota il B. nel volume di poesie Il veliero sommerso, Vicenza 1949).
La perdita precoce del padre, mentre segna dolorosamente l'infanzia del B., contribuì a rendere più forti i suoi legami d'affetto con la madre (Maria Lucia Albarello, morta nel 1950: "tu la mia radice maestra") e con le sorelle (la figura della sorella Carolina tornerà nelle pagine strazianti e liberatrici del romanzo La memoria di Stefano, Milano 1970), destinando la famiglia a un circuito di comunione intensamente cristiano e patriarcale secondo il costume veneto. Nel 1929, abbandonati gli studi, entrò come impiegato nella Banca cattolica del Veneto; e poco dopo pubblicò a proprie spese il primo libretto di versi, Cinque canti (Vicenza 1930).
Vivendo in condizioni esistenziali ancora di attesa, tra euforiche speranze e l'apatia del lavoro bancario, "era un giovane un po' artefatto - ricorda Neri Pozza, suo amico fraterno dal 1931e compagno di avventure editoriali -, di carattere altero; timido quindi, non voleva apparire tale. Vestiva con ricercatezza provinciale. Studiava Croce, e collaborava a Civiltà moderna, la rivista fiorentina di Ernesto Codignola, dove pubblicò i primi scritti (1934-39). Leggeva senza entusiasmo Flaubert e Stendhal, adorava Goethe (specie i Colloquicon Eckerman) e non amava i romanzieri russi". Come credente andava assumendo posizioni evangeliche e preconciliari di fedeltà e indipendenza insieme rispetto al cattolicesimo liberale di tradizione veneta, riconoscendo quali suoi maestri sotto il profilo religioso Tommaseo e il Manzoni giansenista, Fogazzaro e Gallarati Scotti; meno lo interessavano i modernisti di fine Ottocento ("che si scontrarono con i fulmini del veneto Pio X, soprattutto e probabilmente per alcune troppo rozze e allarmanti inclinazioni positiviste") e meglio, più profondamente apprezzava gli Elementi di un'esperienza religiosa di Aldo Capitini, che determinarono una svolta nella maturazione dei suoi studi.
Sul terreno ideologico, gli atteggiamenti fideisticamente aperti di fraternità e carità portarono il B. e i suoi amici, Torquato e Franco Fraccon (morto in campo di concentramento nazista, "battezzato in Cristo e nel sangue dei martiri"), Neri Pozza, Antonio Giurolo (altro eroe della Resistenza), Michele Benettazzo, ad avversare politicamente e poi a combattere il fascismo. Intanto gli amici avevano varato a Vicenza la casa editrice il Pellicano, che gli stampò nel 1938 La gaia gioventù e altri versi agli amici e nel 1941 Il meraviglioso giardino. La prefazione a La gaia gioventù, apparsa controcorrente in pieno ermetismo, dichiarava la necessità anche per la poesia, come per ogni altra attività umana, di "essere sempre nutrita di un ben preciso mondo morale, di una concreta e reale coerenza di affetti e quindi di immagini, di una fervida religione di idee".
Militante nella Resistenza, fu condannato il 28 marzo 1944 dal Tribunale speciale neofascista a quindici anni direclusione in contumacia, per aver diretto il quotidiano Il Giornale di Vicenza all'indomani della caduta di Mussolini il 25 luglio 1943. Dopo la guerra, a parte una breve ripresa editoriale del Pellicano, stabilitosi a Milano dal 1946, lavorò fino al 1950 nella Amministrazione aiuti internazionali, riprendendo la collaborazione al Corriere di Milano (diretto dal vicentino Filippo Sacchi) e al Corriere della sera. Nel 1950 sposò una giovane americana, studentessa in Italia, Helen Mollica - da cui avrà tre figlie - e si trasferì negli Stati Uniti, a Syracuse (N.Y.), la città della moglie, dove per qualche tempo ebbe anche l'incarico di console d'Italia. Risale a questo periodo la prima stesura dell'ampio romanzo Una casa di campagna, di cui un capitolo apparve nel quaderno XII (1953) di Botteghe oscure, e che venne pubblicato quasi dieci anni più tardi (Milano 1962) col titolo Una lunga pazzia.
Nel romanzo, la delirante vicenda di Maria Assunta e di suo figlio Giovanni, la tragica superstizione religiosa che spinge una madre alla follia e al delitto "riflette la realtà di un'esperienza provinciale di costume cattolico che l'autore ha conosciuto e che - a suo parere - ancora resiste in molti ambienti e non solo in Italia; pertanto, in base ai propositi dell'autore, riflette l'angosciosa e progressiva pazzia del chiuso culto dei simboli formali o superstiziosi" (dall'Introduzione).
Determinante fu nel periodo 1950-1954 l'incontro con l'ingegner Adriano Olivetti, l'industriale fautore della dottrina personalistica, che, dopo aver conosciuto il B. in America, nel 1953 lo chiamò a dirigere, per il movimento di Comunità, i servizi culturali della Comunità nel Canavese. Allora il B. tornò in Italia e prese dimora a Strambino, a pochi chilometri da Ivrea. Ma nel 1956, quando il movimento di Comunità "si avviava a passare dall'azione metapolitica … a quella politica ed elettorale" (Pampaloni, 1974, pp. 712 s.), il B. preferì ritornare in America. Qui, dapprima consulente della Olivetti, poi corrispondente del quotidiano torinese La Stampa e del settimanale Epoca, collaborò alla Saturday Review e soprattutto al New Yorker e al Reporter. Su questi ultimi due prestigiosi fogli americani pubblicò, tradotti e rielaborati in inglese dalla moglie, una serie di racconti che piacquero molto al pubblico; tanto che l'editore Harper & Brothers nel 1960 gli chiese di riunirli nel volume Our Last FamilyCountess and Related Stories. Ripubblicati in seguito, nel 1968, nella collana dei "Narratori" Feltrinelli diretta da G. Bassani, a parte il primo Una casa in America che riguarda l'ambiente di una piccola provincia statunitense vicina a New York, i sedici racconti dell'Ultimacontessadi famiglia (Milano 1968) riflettono storie europee di tempi tra le due guerre, incentrate sui denominatori tematici della casa e dell'esilio, intorno ai quali si profilano volti e caratteri, ricordi familiari, avvenimenti privati e pubblici (dalla casa-villa e dai terreni della nobildonna Marina, l'ultima zia contessa, prende titolo la raccolta). Precedentemente aveva pubblicato a Milano nel 1959 le Elegie di Croton (premio Bagutta 1959), dal nome della località di residenza, Croton-on-Hudson; una silloge lirica sulla moderna civiltà industriale, vista attraverso la stupefatta attenzione ma anche i sentimenti antichi, nostalgici dell'italiano immigrato. Il romanzo Una lunga pazzia, uscito nel 1962 per i tipi di Feltrinelli, andò in finale al premio Strega, battuto dal bassaniano Il giardinodei Finzi Contini; ebbe però ugualmente molto successo e numerose traduzioni negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Germania.
Nel 1964 una crisi cardiaca costrinse il B. a smettere il faticoso lavoro di corrispondente. Tornato in Italia nel 1965, si stabilì a Roma, collaborando alla Fiera letteraria e nuovamente al Corriere della sera; diresse anche la rubrica televisiva "L'Approdo" e fu vicepresidente dell'Unione italiana per il progresso della cultura. Finalista al premio Campiello nel 1967 con Le notti della paura (Milano 1967), vinse nel 1969 il premio Prato con La memoria diStefano. Nell'Antologiadel Campiello 1967 (Venezia s.a.) figura il racconto Le figlie diEmerita Anna ambientato nella Venezia primo Novecento, integrato con Preghiera del 1964, in un'ora dimorte non solo perché "punto d'arrivo più purificato, anche stilisticamente", della sua ricerca poetica ma perché quella "esperienza di contemplazione di morte" sta alla base del romanzo Le nottidella paura.
Dopo Una lunga pazzia, per la seconda volta Le notti della paura (composto tra Saratoga Springs, N.Y., settembre 1963 e Roma, ottobre 1966) affrontano il dramma della religiosità cattolica contemporanea, non senza qualche ricaduta fogazzariana, svolgendo i temi della notte e della paura, della persecuzione, dell'esilio senza speranza di ritorno. Durante l'inverno 1944, in una Venezia clandestina e labirintica, rinserrato dentro un appartamento sulla cima di un torrione, dal quale non può nemmeno affacciarsi alla finestra, il giovane professore Gir braccato dai nazisti e sgomentato dalle sue stesse nevrosi dispone di pochi mezzi (angosciosamente intricati) per comunicare col mondo: la ragazza Priscilla affetta da frenetico, disperato erotismo, un militante cattolico Tarcisio ruvido e impetuoso, un vecchio patrizio alcoolizzato mezzo russo e mezzo veneziano.
Meglio adeguata alla piena disposizione del B. nella sua ansiosa ricerca di libertà e armonia spirituale, La memoria di Stefano, riprendendo l'antico testo Memoria di Stefano (ristampato in appendice), svolge fluenti, intenerite sequenze sulla prediletta sorella Chinca, morta giovane, e interpreta la Resistenza secondo complesse motivazioni d'ordine morale e sociale.
Parallelamente all'attività narrativa, col ritorno nel 1965 dagli Stati Uniti, il B. cominciò a scrivere "spontaneamente" articoli di carattere religioso; accorgendosi durante la loro stesura di considerare i problemi fideistici del nostro tempo "in una graduale prospettiva sempre più ortodossa nel rispetto e nei confronti della confessione cattolica romana", cui aveva fino allora prestato scarsa attenzione, subendola passivamente e addirittura contestandola in gioventù a causa dei troppi "sedimenti pratici, barocchi, formalistici, materialistici, impuri e pagani", tanto da "sfogarsi" a scrivere il romanzo Una lunga pazzia. L'America poi, stimolandogli fertili, attivi contatti con altre comunità cristiane, specie con le comunità dei quaccheri - dopo aver cercato lungamente di penetrare nei misteri yoga della mistica indiana - gli aveva insegnato che i veri contenuti della Chiesa originale non erano morti. Di fronte al concilio Vaticano II e alla ecumenica fermezza cristiana di Giovanni XXIII, il "dissidente" cattolico liberale B. non poteva più mantenersi fuori dell'eucarestia cattolica. Nascono così i saggi religiosi, pubblicati postumi col titolo Il paradiso che verrà. Momenti di un'esperienza religiosa (Firenze 1972), molti dei quali scritti per La Discussione, settimanale della Democrazia cristiana, sotto l'urgere dei problemi che investivano la vita cattolica di quegli ultimi anni: il controllo delle nascite e "i figli della responsabilità", la spinosa questione del divorzio, gli intellettuali cattolici, la confessionalità e la politica, se il lavoro ateizza e scristianizza l'uomo, i rapporti generazionali tra "giovani inquieti e padri preoccupati", il sacerdozio e il matrimonio, il celibato dei preti.
Espressione "di molte pene e di molti problemi" delle generazioni in mezzo alle quali il B. aveva vissuto, Il paradiso che verrà, mentre ripudia la potenza e la mondanità clericale, trasmette quasi con valore testamentario una fede candidamente evangelica, una leale, fiduciosa speranza cristiana "nella certezza che la carità che è stata diventerà maggiore, perché maggiore è l'umana sete di carità".
Stava lavorando ai primi capitoli del nuovo romanzo Un pezzo di pane, dedicato positivamente alla contestazione giovanile e agli hippies, quando un secondo attacco cardiaco gli troncava la vita a Roma il 21 genn. 1971.
Oltre alle opere citate, ricordiamo: per la narrativa, Giornate di Stefano, Padova 1943; per la saggistica, Torquato e Franco Fraccon, Vicenza 1967, e Meditazioni sul pane e sul vino, ibid. 1969; per la poesia, Statua ferma, Genova 1934; Poesie di dolore in morte di Caterina e tre preghiere in aggiunta, Vicenza 1943; Viaggio col veliero San Spiridione, Venezia 1948; Poesie alla madre, ibid. 1960; Ilmeraviglioso giardino, Milano 1964 (scelta di tutte le opere poetiche con introduz. di G. Pampaloni; seconda ediz. accresciuta con il titolo L'angelo attento. Il meraviglioso giardino e altre poesie inedite, ibid. 1968); Duet, Venezia 1966 (poesie del B. tradotte in inglese dalla moglie Helen e poesie di questa tradotte in italiano dal B.).
Fonti e Bibl.: A. Bocelli, Il romanzo di B., in Il Mondo, 18sett. 1962 (poi in Letteratura del Novecento, serie 2, Caltanissetta-Roma 1980, pp. 209-213); G. Manacorda, Storia della letteratura italiana contemporanea (1940-1963), Roma 1967, p. 328; Id., Vent'anni di pazienza, sulla letteratura italiana contemporanea, Firenze 1972, pp. 309-312; A. B., a cura di N. Pozza, Vicenza 1973 (scritti testimonianze di P. Pancrazi, P. P. Pasolini, E. Montale, C. Bo, G. Pampaloni, C. Laurenzi, G. Ghirotti, E. Falqui, F. Virdia, A. Sala, P. Bianchi, G. Spagnoletti, C. Barbati, M. Rumor, N. Pozza); G. Pampaloni, A. B., in AA.VV., Letteratura italiana. I contemporanei, V, Milano 1974, pp. 709-725 (con bibl.); A. R. Pupino, in Diz. della letteratura mondiale del 900, Roma 1980, I, pp. 239 s.