BEATILLO, Antonio
Nacque a Bari il 22 nov. 1570 da famiglia numerosa, benestante; avviato alla carriera ecclesiastica, il 10 nov. 1588, entrò come novizio nella Compagnia di Gesù in cui compì studi di retorica. Nel 1592, mentre insegnava "humanità" nel collegio di Nola, chiese invano di essere inviato missionario (Roma, Archivio Romano della Compagnia di Gesù, Fondo Gesuitico, 733, p. 36). Il B. continuò perciò la sua attività d'insegnante all'intemo della Compagnia, nel corso della quale resse anche i collegi di Tropea (1609-1610) e di Barletta (1614-1615), dedicandosi nello stesso tempo ad una fervida operosità storiografica.
Il B. affrontò la ricerca storica con un bagaglio critico piuttosto scarso e con una notevole dose di ingenuità; ma col tempo acquistò una migliore conoscenza degli strumenti dell'erudizione, rimanendo sino all'ultimo infaticabile raccoglitore di documenti e zelante indagatore di archivi e di materiale epigrafico. Tre furono i campi preferiti della sua attività: l'agiografia, la storia cittadina e regionale - pugliese, e la biografia di confratelli della Compagnia, così come tre furono i fini che egli si propose con più o meno chiara coscienza: l'edificazione religiosa, l'esaltazione del glorioso passato della sua regione d'origine, la divulgazione delle benemerenze della Compagnia.
La sua prima opera fu una vita di s. Irene (Historia della vita, morte, miracoli e traslazione di santa Irene da Tessalonica..., Napoli 1609), patrona della città di Lecce. La narrazione fu basata (come asserisce lo stesso B.) su una biografia greca della santa contenuta in un manoscritto (non più identificabile) del monastero di S. Pietro di Galatina e tradotta in latino da un medico di Corigliano. Il fine moralistico dello scritto è evidente nel tono dell'esposizione, nel compiaciuto indugio sui fatti miracolosi, nella ricostruzione tutta ideale di una vita perfetta per santità. Tanto più forte è il contrasto con gli inserti eruditi (come quello sulle origini di Lecce, pp. 304-11) e le ampie note, in cui il B. fa sfoggio delle sue cognizioni e rivela anche la sua vocazione di storico civile.
Più impegnativa, e anche meglio riuscita, fu la seconda prova del B., una storia di s. Nicola da Bari, che ebbe immensa fortuna, moltissime edizioni e svariate traduzioni (Historia della vita, miracoli, traslatione e gloria dell'illustrissimo confessore di Cristo s. Nicolò..., Napoli.1620). Le due facce della produzione storica del B., quella agiografico!noralistica e quella erudito-civile, appaiono m questa sua più matura opera fuse in una narrazione più coerente, che alterna disinvoltamente i raccontini edificanti all'edizione dei documenti.
La Historia è divisa in undici libri, che possono essere raggruppati in tre grandi sezioni: vita del santo, miracoli da lui compiuti, storia della basilica di S. Nicola di Bari, di cui la prima (tutta leggendaria) servì al B. per una esercitazione retorico-pedagogica sui temi della famiglia timorata, dell'educazione refigiosa, delle virtù sacerdotali; la seconda per la narrazione lineare, ma vivace, di molti episodi della sua infanzia e della vita cittadina e marinara della sua città (cfr. pp. 731-33, 738-39, 745, ecc.); la terza per una ricostruzione erudita della storia barese, nella quale il B. utilizzò ampiamente e con una certa disinvoltura ì documenti dell'archivio della cattedrale e le iscrizioni locali.
Alla storia ecclesiastica di Bari il B. ritornò qualche anno appresso pubblicando la Historia della vita, morte, miracoli e traslatione del S. confessore di Christo Sabino vescovo di Canosa...(Napoli 1629), la cui ultima parte è occupata da un breve Catalogo degli arcivescovi baresi, che va dall'845 al sec. XVII (pp. 155-215). Si tratta di una compilazione assai sommaria e piena di errori, di confusioni, di duplicazioni di personaggi, ma non del tutto priva di valore.
Fu proprio attraverso quest'opera che il B. venne in contatto con F. Ughelli, il quale veniva preparando la sua opera sulle diocesi italiane. Fra il 1629 e il 1640 il B. tenne frequente corrispondenza con il grande erudito toscano, accettandone con sincera umiltà le correzioni e i completamenti alla lista dei presuli baresi e fornendogli le liste dei vescovi di numerose diocesi pugliesi (Taranto, Molfetta, Nardò, Polignano), nonché documenti e spogli bibliografici (cfr. quindici sue lettere autografe all'Ughelli in Bibl. Apost. Vaticana, Barb. lat.3243, cc. 15r-43V).
Nel 1637 vedeva la luce in Napoli quella che è l'opera capitale del B., la Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, dedicata ai "sindici et eletti della fidelissima città di Bari" e volta ad incitare i concittadini, mediante "la narratione di tante cose stupende", "all'amor della patria et all'imitatione dell'opre eccelse, de' nostri buoni antepassati" (Introduzione, nonnum.). Anche in essa è prevalente l'intento edificatorio; ma si tratta, questa volta, di edificazione civile, non più religiosa, che si cimenta con un argomento storico di ampio respiro e si basa su una vastissima anche se indiscriminata informazione; ma proprio in una prova tanto impegnativa (anche se la sua capacità tecnica vi appare più scaltrita) il B. mostra in modo più evidente i suoi gravi limiti di storico incapace di operare una scelta critica nel contrasto delle fonti, e, soprattutto, incapace di distinguere, nella ressa degli avvenimenti, quelli di reale importanza storica dagli aneddoti di interesse cronachistico; aneddoti che egli mostra di prediligere sia per l'innata abitudine alla letteratura miracolistica, sia per la tendenza all'esaltazione genealogica di alcune famiglie baresi, di cui acriticamente ricerca le origini fino nel Medioevo bizantino.
L'opera è divisa in quattro libri, di cui il primo va dalle origini alla fine del dominio bizantino; il secondo dai Normanni alla, battaglia di Benevento; il terzo da Carlo d'Angiò alla conquista del Regno da parte di Alfonso; il quarto dagli Aragonesi all'epoca dell'autore. Le fonti adoperate (e indicate di volta in volta in margine) vanno dalle lapidi alle cronache medievali, ai registri di archivio ai documenti locali, aimanoscritti genealogici, alle compilazioni meno fededegne, alla tradizione orale ("relatione a bocca et in iscritto di persone vecchie", p. 189; "relatione della gente di allora", p. 213); e le notizie fornite, specie per l'epoca più recente, sono del genere più disparato, comprendendo fondazioni di chiese e spostamenti di famiglie, informazioni di carattere letterario e notazioni economiche, in un contesto sempre più disorganico, in cui il legame fra la storia locale e quella generale, il senso delle proporzioni fra i fenomeni durevoli e i dati curiosi o superflui si vanificano irrimediabilmente.
Ciononostante il B. è riuscito, per alcuni periodi, a farsi un'iminagine organica della storia pugliese e a tramandarla in una vigorosa narrazione: ciò è accaduto, in modo particolare, per la lotta antibizantina del sec. XI (dalla rivolta di Melo all'esilio di suo figlio), che egli ha profondamente sentito e al cui centro ha posto, idealizzandolo come un eroe classico, il "buon prencipe" Argiro (pp. 54-64); cosicché può dirsi che proprio dal B. derivò la mitizzazione di questa epopea pugliese e del suo massimo protagonista, che tanti storici ha sedotto fra l'altro e questo secolo.
La fama che circondava in Europa la Historia di s. Nicola indusse Jean Bolland a rivolgersi al B. per ottenerne materiale agiografico sui santi dell'Italia meridionale. Fu questo un lavoro cui il B. attese negli ultimi anni di vita e per il quale consultò e utilizzò numerosi manoscritti di biblioteche ecclesiastiche meridionali, oggi, per buona parte dispersi, traendone gli atti dei santi Severino, Vincenzo, Artema, Francone, ecc., nonché la leggenda sipontina dell'apparizione di S. Michele sul Gargano; di questi lavori solo una parte vide la luce nei volumi degli Acta che cominciarono a pubblicarsi in Anversa dal 1643 (un, anno dopo la sua morte) in poi; altri sono rimasti inediti. Inedite sono pure rimaste le sue biografie di confratelli della Compagnia (cfr. Sommervogel, col. 1073), di cui alcuni stralci si conservano presso l'Arthivio Romano della stessa (Vitae, 160, pp. 9r-11r, 229r-230r; 169, cc. iv-2r), e che possiamo ritenere, pur nell'intento visibilmente edificatorio, ravvivate dal gusto del particolare concreto e dalla scioltezza nel narrare che sono propri del B. scrittore.
Il B. morì a Napoli il 7 genn. 1642.
Bibl.: Acta Sanctorum... ianuarii, I, Antverviae 1643, coll. 1099-1103; II, ibid. 1643, coll. 413 s., 616 s.; februarii, II, ibid. 1658, coll. 57-63; III, ibid. 1658, coll. 481-83; iunii, I, ibid. 1695, coll. 553-55; G. Petroni, Della storia di Bari, Napoli 1857, pp. VII s.; L. Volpicella, Bibl. storica della provincia della Terra diBari, Napoli 1884-87, pp. 135 s., 141; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I, Bruxelles-Paris 1890, coll. 1071-73; J. van den Gheyn, Catalogue des manuscrits de la Bibliothèque royale de Belgique, V, Bruxelles 1905, p. 421; Dict. d'Hist. et de Géogr-Ecclés., VII, coll. 93 s. (conulteriore bibl.).