BECCARI (Beccaria, de Beccariis, de Bechariis), Antonio
Non se ne conosce la data di nascita. Il 1º genn. 1498 in Ferrara vestì l'abito di S. Domenico. Un'intensa attività di studioso e una nutrita serie di opere teologiche lo posero presto in luce all'interno dell'Ordine: "magister artium et sacrae theologiae", come egli stesso ebbe cura di qualificarsi in tutti i documenti che ci restano di lui, fu priore del convento degli Angeli e inquisitore di Ferrara nel 1516; in seguito divenne procuratore di tutto l'Ordine e infine vicario generale. Nel 1517 Leandro Alberti, nel De viris illustribus, ce lo presenta come un uomo "corpore parvus sed animo magnus" e dà un lunghissimo elenco di opere sue: si tratta, per quanto è possibile giudicare dai titoli, di scritti devozionali per il laicato, di raccolte di omelie, di opere di esegesi scritturale secondo i quattro sensi, e soprattutto di scritti teologici che si rifanno tutti a S. Tommaso. Di tutta questa produzione non si è trovata traccia alcuna: il Mazzuchelli, che di tutti i volumi elencati dall'Alberti riuscì a trovare solo la Scala di profecto spirituale (stampata in Bologna nel 1513), avanzò l'ipotesi che si trattasse in genere di opere fatte circolare manoscritte.
Nel concistoro del 23 sett. 1524 il B. fu eletto vescovo di Scutari e il 9 ottobre vennero spediti i relativi brevi. Sembra che egli abbia considerato seriamente per qualche tempo l'ipotesi di recarsi nella sua diocesi per risiedervi regolarmente: in vista di ciò, ottenne da Clemente VII, con apposito breve del 23 ott. 1524, il permesso di rientrare in possesso di tutti i libri, o da lui scritti, o che erano stati di sua proprietà prima dell'ingresso nell'Ordine, per poterne disporre per i suoi studi e nella direzione della diocesi scutarense. Ma questo programma iniziale fu presto abbandonato; il 27 ottobre dello stesso anno il B. otteneva la dispensa dall'obbligo della residenza e, contemporaneamente, veniva inviato come suffraganeo nella diocesi di Verona, al posto del vescovo Gian Matteo Giberti che restava in Roma come datario di Clemente VII. La partenza da Roma per la sua nuova destinazione ebbe luogo molto presto; già il 19 novembre il consiglio di Verona deliberava sulle accoglienze da preparare, per il suo arrivo, previsto per il giorno seguente.
Il B. rimase a Verona fino alla venuta del Giberti nel 1528. L'attività da lui svolta nel corso di questi anni è priva di interesse; i maggiori problemi della diocesi veronese, come per esempio quelli derivanti dall'esenzione del clero regolare e del capitolo della cattedrale dall'autorità dell'ordinario, vennero risolti dal Giberti valendosi del favore di Clemente VII e sulla base delle informazioni inviategli dall'amico Ludovico di Canossa, senza che sia mai documentato un particolare rapporto di collaborazione tra lui e il suo suffraganeo. L'opera più considerevole svolta da questo durante il suo soggiorno a Verona fu la visita pastorale della città e della diocesi, attuata fra il 1525 e il 1527, insieme al vicario generale Callisto Amadei (il quale però, dal 19 nov. 1526 all'8 genn. 1527, delegò al B. ogni autorità per portare a termine la visita). Nel corso del 1526 ebbe luogo anche la visita dei monasteri cittadini. In ambedue i casi gli atti che ci sono stati conservati giustificano l'impressione che i visitatori si siano limitati soprattutto ad un accertamento delle disponibilità patrimoniali e dello stato materiale delle chiese e dei monasteri, raccogliendo sporadicamente dati sulla frequenza ai sacramenti e sulla moralità dei fedeli e del clero. Sugli elementi risultati da questo primo contatto con la diocesi doveva poi basarsi l'azione ben altrimenti vigorosa del Giberti, di fronte alla quale l'attività del B. e di Callisto Amadei non offre motivi che la differenzino da una delle tante amministrazioni vicariali così diffuse in epoca pretridentina.
È probabile però che il B. non sia rimasto insensibile davanti ad un atteggiamento di rottura col costume della non-residenza quale fu la decisione del Giberti di abbandonare Roma e stabilirsi a Verona. Appena questi fu giunto a Verona, all'inizio del 1528, manifestò l'intenzione di andare nella sua diocesi di Scutari per risiedervi regolarmente. Recatosi a Venezia, parlò di questo suo progetto con Ludovico di Canossa, il quale, scrivendone a Clemente VII il 17 apr. 1528, assicurava aver il B. "deliberato, se ben fusse certo dil martirio, di andarvi et starvi" (Verona, Bibl. capitolare, ms. 831); l'unico ostacolo a questa ferma determinazione essendo costituito dalla povertà delle entrate della Chiesa di Scutari, il Canossa chiedeva al papa di unire questa con quella di Antivari a beneficio del B., il quale in compenso si sarebbe impegnato a osservare la residenza. Ma alla sede vacante di Antivari venne provveduto diversamente con la nomina di Ludovico Chieregati, e il B., invece di recarsi nella sua diocesi (per la quale, del resto, aveva già ottenuto con breve del 24 genn. 1525 il permesso di deputare dei vicari), passò a Brindisi come vicario generale dell'Aleandro. Unica testimonianza della sua attività in questo periodo è una breve raccolta di avvertimenti indirizzati al popolo e al clero in vista di una visita diocesana da effettuarsi a breve scadenza. Questo memoriale, diviso in dodici capitoli, si apre con un richiamo all'ortodossia e con la notifica dell'obbligo di denunciare gli eretici, e si mostra chiaramente ispirato ad un programma controriformistico di pura restaurazione disciplinare che doveva trovare larga approvazione nell'Aleandro. Fra l'altro, vi si trova chiaramente affermato il dovere del vescovo di visitare la sua diocesi; ma questa affermazione non doveva applicarsi al caso personale del B, il quale, dopo esser stato vicario dell'Aleandro, lo fu ancora, a Otranto, di Pietro Antonio da Capua. Morì ad Ancona nel 1543, senza aver mai visto Scutari.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, arm. XL, vol. 7, n. 547; vol. 8, n. 485; vol. 10, n. 22; Arch. Consist., acta miscell., vol. 18, f. 126v; vol. 145, f. 545r; Verona, Arch. capitolare, Visite pastorali, vol. II(1525-27); Verona, Bibl. capitolare, ms. 831, busta IV, n. 138; Archivio di Stato di Verona, Atti del Comune, vol. 72, f. 168r; Verona, Biblioteca comunale, Carte L. Perini, busta III, fasc. 3 e 11; busta IV, fasc. 2, 3, 21. Dell'opuscolo diretto dal B. al clero e al popolo della diocesi di Brindisi si trovano tre copie: a Firenze, Bibl. naz. centrale, ms. Gino Capponi XXXIII, ff. 187r-202v (col titolo Institutio et praecepta quaedam christiana suis gregibus); in Arch. Segreto vaticano, Miscell., Arm. II, vol. 16, ff. 515r-557v (Praecepta quaedam christiana ad episcopi visitationem spectantia); alla Bibl. Apostolica Vaticana, Vat. lat. 7246, ff. 1r-6v; L. Alberti, De viris illustribus Ordinis Praedicatorum, Bononiae 1517, l. IV, p. 143; Id., Descrittione di tutta Italia, Bologna 1550, c. 313r; A. Superbi, Apparato de gli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, pp. 27 s.; V. M. Fontana, Sacrum theatrum dominicanum, Romae 1666, p. 292; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrariae 1735, II, pp. 327-328; Io. Matthaei Giberti Episcopi Veronensis... Opera, Hostiliae 1740, pp. VIII-X; G. B. Biancolini, Notizie istor. delle chiese di Verona, Verona 1749, I, pp. 223 s.; II, pp. 104, 698 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 584 s.; Lettere scelte del celeberrimo monsignore Ludovico di Canossa vescovo di Tricarico e di Bayeux, Verona 1862, pp. 15 s.; G. B. Pighi, G. M. Giberti vescovo di Verona, Verona 1924, pp. 50, 53; G. Van Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Padova 1960, pp. 110, 294; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VII, col. 349.