BECCARI (del Beccaio), Antonio
Rimatore più noto come Antonio da Ferrara, dalla città ove nacque nel 1315. Suo padre, Tura, esercitava il mestiere del beccaio forse tradizionale nella sua famiglia, onde è lecito supporre l'origine del cognome. Più volte nei suoi versi il B. ricorda la propria umile origine ed i sacrifici sopportati dal padre, affinché egli fosse adeguatamente avviato, insieme col fratello Nicolò (mediocre rimatore anche lui e famigliare di Carlo IV), agli studi umanistici; e dalla sua produzione emergono non rari né ignobili segni di quegli anni di formazione letteraria (particolarmente prediletto, Dante Alighieri). Non fu tuttavia sorretto da fermezza di carattere, mentre si rivelava proclive ad una vita dissipata ed errabonda, scossa dalla passione del gioco. Il 20 ag. 1340, com'egli precisa e confessa nel primo dei suoi Capitoli alla Vergine, fece voto di vita virtuosa a Modena, ov'egli si trovava, promettendo un pellegrinaggio a Padova, presso il Santo, e al santuario di S. Iacopo di Compostella, in Galizia. Ma passata la pestilenza, che infierì terribilmente in quell'anno, passarono anche i buoni propositi del poeta, il quale, nel mese di marzo del 1343, dimorando a Bologna presso la corte dei Pepoli, feriva in una rissa il canterino fiorentino Iacopo di Salimbene; per la qual cosa venne condannato e colpito di bando. Difficile è d'ora in poi seguire le tracce del B., che intanto aveva preso moglie e ne aveva avuto figliuoli. Qualche anno dopo (1348), nonostante il bando, egli viveva ancora a Bologna; e a favore di lui intervennero allora giuridicamente Giacomo e Giovanni de' Pepoli (1350). Da Bologna, negli anni che vanno dal 1350 al 1358, si recò certo a Forlì, presso gli Ordelaffi; a Ravenna, presso i Da Polenta (e lì tenzonò con Menghino Meizani); a Venezia, pieno di speranza per un'onorevole sistemazione (dal novembre del 1353 fino alla successiva primavera), dove tuttavia finì per impegnare - secondo il più noto forse dei suoi sonetti - la sua stessa valigia presso gli usurai di Rialto; e poi ancora a Padova, presso i Da Carrara (1354), a Firenze (tenzone con A. Pucci), ai Bagni di Petriuolo, a Siena (1357). Ritornò, in seguito, a Bologna (1358), e vi rimase anche dopo che ai Pepoli si sostituì la signoria di Giovanni d'Oleggio (1359). Non si hanno di lui ulteriori notizie. Incerta è anche la data della sua morte, che tuttavia dovette avvenire tra il 1371 ed il 1374.
Nei codici il nome del B. (Antonio da Ferrara) è sempre preceduto dall'appellativo di "maestro", al quale sembra però che egli non avesse diritto, sebbene fosse circondato di stima. Il Petrarca, che ebbe con lui uno scambio di sonetti, lo giudicò, forse un po' troppo benevolmente, "ingegno usato a le question profonde" (Rime disperse, XIX, 1)ma finì poi per temperare questo giudizio nelle Seniles (III, 7), additandolo come "vir non mali ingenii sed vagi". Oltre che col Petrarca, il B. ebbe scambi poetici col fratello Nicolò, con Fazio degli Uberti, con Gano da Colle, con Cecco di Meletto de' Rossi, con Lancillotto Angosciuoli e con i già ricordati Antonio Pucci e Menghino Mezzani; e la sua figura diveniva già in qualche modo leggendaria in una novella del Sacchetti (la CXXI). Ma nonché di queste corrispondenze, non esiste ancora un'edizione organica della produzione del B., che è abbastanza copiosa. Il Levi parla di circa 150 componimenti, molti dei quali assai ampi: una ventina di canzoni, sedici capitoli, quattro ballate, tre frottole, ed il resto sonetti. Notevole nel B. è soprattutto la vena autobiografica di carattere "borghese" ed in stile "comico", che è attestata in taluni sonetti e principalmente nei Capitoli alla Vergine; la corda politica risuona, nelle sue rime, talora con sincera vigoria. Il B. si inserì, peraltro, nella tradizione della poesia giocosa, rendendola però, secondo la sua peculiare vocazione e rielaborazione, cupamente autobiografica, anche attraverso la trama e la tecnica della "disperata" (famoso ed antico esempio: Le stelle universali e'ciel rotanti), cui tanta fortuna era serbata nei successivi decenni. Dal complesso della produzione del B. si delinea infine, la figura di un rimatore disordinato più che eclettico, indisciplinato più che estroso, nell'ambito dell'incipiente cortigianeria, ma tuttavia non privo di una sua robusta ed impetuosa personalità. Di qui anche l'ibridismo del suo linguaggio poetico (ed i riflessi nella lingua toscano-ferrarese), oscillante fra la tradizione dotta ed aristocratica e quella popolaresca e dialettale, quasi senza alcun felice esito di lirica fusione.
Bibl.: Per leggere le rime del B., mancando, come s'è detto, un'edizione organica che tutte le raccolga, occorrerà ricorrere alle edizioni parziali apparse nell'ambito di talune sillogi di poeti antichi, come quelle di T. Bini, Rime eprose del buon secolo della lingua tratte da manoscritti e in parte inedite, Lucca 1852 (contiene sette capitoli e la canzone Prima che 'l ferro arrossi i bianchi peli, rispettivamente pp. 26-57 e 60); G. Volpi, Rime di trecentisti minori, Firenze 1907, pp. 4759 (contiene la "disperata" Le stelle universali, tre sonetti ed un capitolo); N. Sapegno, Poeti minori del Trecento, Milano-Napoli 1952, pp. 125-146 (contiene la citata "disperata", due ballate e nove sonetti). Ma per tutte le parziali edizioni inserite in sillogi si vedano Le opere volgari a stampa dei secoli XIIIe XIV, indicate e descritte da F. Zambrini, 4 ediz., Bologna 1884, coll. 33-35, 448, 821-22, 839, 909-910, 941; Appen., coll. 5, 93, 150, e principalmente il Supplemento, a cura di S. Morpurgo, Bologna 1929, pp. 25, 44, 45, 51, 61-62, 72, 76, 95, 102, 110. Contributi specifici, ma sempre parziali, alla conoscenza della produzione del B. sono: Saggio di rime inedite di m. Antonio da Ferrara, a cura di A. Bottoni, Ferrara 1878; A. e O. Zenatti, Tre ballate inedite di m. Antonio da Ferrara, Firenze 1886 (nozze Nicolai-Lombardi); G. Mazzoni, Un sonetto politico di m. Antonio da Ferrara, Firenze 1894 (nozze Angeli-Zanettopulo); S. Muratori, Per una ballata di m. Antonio da Ferrara, in Studi di storia e di critica dedicati a P. C. Falletti, Modena 1914, pp. 339-349; E. Levi, Tre frottole di m. Antonio da Ferrara, in Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento, Livorno 1915, pp. 115-138, Altre rime del B. si leggono negli altri studi del Levi, citati più avanti. Per la lingua: P. Rajna, Una canzone di m. Antonio da Ferrarae l'ibridismo del linguaggio nella nostra antica letteratura, in Giorn. stor. d. letteratura ital., XIII(1889), pp. 1-36. Studi critici e di tipo monografico: G. Volpi, Il Trecento, Milano 1907, pp. 273-276; E. Levi, Antonio e Nicolò da-Ferrara, poeti e uomini di corte del Trecento, in Atti e mem. d. Deputaz. ferrarese di storia patria, XIX(1909), pp. 41-405 (ma v'e un errore di cento pagine in più a partire dalla p. 369 che dovrebbe essere, invece, la 269); Id., Il Canzoniere di m. Antonio da Ferrara, in Arch. stor. ital., LXXV, s, 2 (1917); pp. 93-128; Id., M. Antonio da Ferrara rimatore del sec. XIV, Roma 1920; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1934, pp. 456-461; B. Croce, Poesia popolare e poesia d'arte, Bari 1946, pp. 139-141, 151-153.