BELLONI, Antonio
Figlio di Gio. Battista e di Marina Maggioni, nacque il 19 dic. 1868 a Padova, ove si i laureò in lettere nel 1891. Ordinario di materie letterarie dal 1892 nelginnasio superiore, nel 1900 conseguì la libera docenza in letteratura italiana. Dal 1909 provveditore agli studi, nel 1923 fu nominato preside del liceo Galilei di Firenze, dove rimase fino al 1929. Da quest'anno, fino alla morte, avvenuta il 14 luglio 1934, fu preside del R. Istituto magistrale di Bergamo. Come socio corrispondente fece parte della R. Deputazione veneta di storia patria, delje RR. Accademie di Padova e di Verona e della Colombaria di Firenze. Fu anche insignito di varie onorificenze.
La ricerca sugli Epigoni della Gerusalemme Liberata venuti alla luce tra il 1582 e il 1700 (Padova 1893), condotta come tesi dilaurea nell'università patavina sotto la direzione di G. Mazzoni, fu la prima indagine su quel Seicento cui poi il B. dedicò tutta la sua vita di studioso. In essa egli voleva solo fornire una larga, anche se incompleta, raccolta di materiali a chi poi volesse scrivere con intendimenti, sintetici la storia dell'epopea secentista, precisando il significato culturale e umano di quell'imponente fenomeno letterario.
In questo primo incontro coi Seicento è mantenuto fermo il giudizio di condanna unanimemente espresso dalla contemporanea cultura positivistica sull'età della Controriforma, considerata un'epoca di deplorevole decadenza, ma si afferma nel tempo stesso, e non senza una velata polemica contro i nuovi principi della critica estetica, il dovere scientifico, derivato dalla scuola del metodo storico, di "notomizzare il corpo imputridito" senza cedere al disprezzo imposto da un male inteso rispetto dell'arte. Se gli studi sul Seicento avessero continuato per questa strada, "uno dei tanti loci communes della nostra storia letteraria", pur forse resistendo alla diagnosi, avrebbe almeno beneficíato in avvenire di una documentazione obiettiva. Ma, se si bada, già in queste pagine è dato trovare i primi accenni di quell'intento di cauta rivalutazione dell'età secentesca da cui il R. si lascerà guidare negli studi successivi, intento che dal B. medesimo vien fatto risalire ad alcuni scritti di Alessandro d'Ancona. A parte ciò, il libro sugli Epigoni tassiani gra forse il primo, ampio lavoro storico che apparisse tra noi, dopo due secoli d'incuria e di disprezzo, sulla letteratura italiana del secolo XVII.
Qualificata la sua competenza in materia, il B. ricevette l'incarico di sostituire nella "Storia letteraria d'Italia scritta da una Società di Professori", edita dal Vallardi, il vecchio Seicento di Bernardo Morsolin: il suo lavoro apparve nel 1898.
All'analisi degli scrittori e delle opere, coscienziosa ma poco organica e scarsamente approfondita in senso critico, né priva di inesattezze (difetto quest'ultimo giustificabile, se si pensa alla vastità di quella materia non ancora sistemata), veniva fatto precedere, in sede introduttiva, un quadro delle condizioni politiche, economiche, morali e intellettuali dell'Italia nel sec. XVII, secondo il comune giudizio che il Seicento fosse stato un'età di assoluta decadenza, cause della quale venivano considerate, anche dal B., la dominazione spagnola, il fiscalismo, il curialismo della Chiesa romana e la corruzione del clero, l'albagia e la vanità dei nobili, l'effeminatezza dei giovani, il banditismo, la superstizione, la trascuratezza dell'agricoltura e dei commerci, la rozzezza e la supefficialità dei metodi educativi, l'accademismo.
Il quadro disegnato dal B. però indicava anche nello studio senza preconcetti dei pensiero filosofico e. scientifico secentesco, coltivato nelle università e in alcune Accademie, incoraggiato da qualche buon mecenate e sostenuto dalla provvida istituzìone, o dall'incremento delle biblioteche, i germi di un rinnovamento intellettuale; additava la positività dei nuovi indirizzi letterari e artistici, quali il melodramma, la commedia dell'arte. il poema eroicomico, la stessa critica letteraria ela storiografia, nonché il rinascere e l'affermarsi del sentimento názionale e dell'odio contro lo straniero.
Sulla linea delle idee espresse nel Seicento ilB. continuò a indagare la letteratura secentesca. Concludendo la pro;lusione a un corso libero letta nell'università di Padova l'ii maggio 1905, e poi pubblicata in opuscolo col titolo Vita e letteratura nell'Italia del Seicento (Napoli 1906), ribadiva chiaramente la sua tesi, affermando che il Seicento è un'età di transizione, con manifestazioni di decadenza e nel contempo di rinnovamento. Nel 1929 apparve, dopo numerose ristampe, la seconda edizione, ampiamente rimanipolata, del Seicento.
Il B., anche per reazione al Croce, accentuava ora il suo intento rivalutativo, e il libro si apre con queste chiare parole: "L'Età della Controriforma è per l'Europa un'età di rinnovamento, e il rinnovamento si compie attraverso una crisi spirituale prodotta dal contrasto tra le superstiti idee del passato, che oppongono tenaci resistenze allo spirito de' nuovi tempi, e le tendenze rinnovatrici, che si fanno avanti con spregiudicato ardimento alla conquista delle coscienze e degli intelletti. Il problema religioso, che sta al centro del movimento di reazione, assume un carattere e un valore universale, non soltanto perché è il problema del cattolicismo, ma perché investe tutte le forme e le attività della vita così pratica come spirituale.
D'altra parte il B. faceva propria la tesi che era andato elaborando G. Toffanin, secondo cui il secentismo vuol essere perfezionamento dell'aristotelismo cinquecentesco, assumendola come nuovo sostegno della propria tesi diretta ad affermare l'esistenza di una cotinuità tra decadenza rinascimentale ed insorgenza barocca. Con gli stessi intenti il B. affipliava nell'introduzione il riferimento alle belle arti fiorite in quel periodo.
Tra le due edizioni del Seicento il B. aveva scritto, per la vallardiana "Storia dei generi letterari", un'altra opera di vasto argomento, Il poema epico e mitologico (fasc. 1-6, Milano 1908-1911), del quale il meglio è costituito dal capitolo dedicato agli Epigoni del Tasso nel Seicento, ricavato dal già ricordato volume di analogo argomento pubblicato nel 1893.
Fra le opere di minore rilievo sono: Frammenti di critica letteraria (Milano 1903), dedicata a G. Mazzoni, che raccoglie brevi studi editi e inediti di vario argomento (Dante, la storia letteraria di Padova, Tasso, Testi, Marino, Foscolo, Leopardi), e L'umano e il divino nei Promessi Sposi (Torino 1932), che consta di sedici capitoli sul capolavoro manzoniano, tre dei quali già pubblicati su alcune riviste, fra cui quel Giornale storico della letteratura italiana, 4 quale il B. collaborò fedelmente dal 1894 in poi.
Nell'introduzione a quest'ultima silloge il B. ribadiva la propria fedeltà al metodo storico, opponendosi alle distinzioni che la critica idealistica andava facendo tra poesia e non poesia, tra poesia e oratoria, tra arte e morale; egli intendeva invece "considerare il fatto artistico con senso storico ed estetico insieme, mettendolo in relazione non coi soli nostri principi teoretici e con la sola nostra sensibilità estetica, ma anche con le condizioni spirituali e storiche in cui l'opera d'arte è nata" (p. 7). Secondo tale metodo, per finalità prevalentemente, erudite, sono, condotti anche diversi saggi e recensioni pubblicati in riviste, tra ì quali ci si limita qui a ricordare quelli su Dante e Albertino Mussato, in Giorn. stor. d. letterat. ital., LXVII (1916), pp. 209 ss.; su Paolo Beni, Un professore anticruscante all'Università di Padova, in Arch. veneto - tridentino, s. 4, 1 (1922), pp. 245-269; su Traiano Boccalini e la politica storica controriformista, in Nuova riv. stor., VIII(1924), pp. 491-505; su Carlo Emanuele I e l'idea nazionale nella coscienza e nella letteratura del tempo, in Giorn. stor. d. letterat. ital., XCV (1930), pp. 243 ss.
Al B. si devono anche un volume contenente il rifacimento del commento ai Sepolcri foscoliani già pubblicato da U. A. Canello, con l'aggiunta di un commento ai Sepolcri del Pindemonte e del Torti (Padova 1920), e un commento ai Promessi sposi (2 voll., Milano 1923). Infine, a riprova della sua generosa propensione, mantenuta ferma fin negli ultimi anni di vita, a lavori modesti ma ritenuti utili, si possono ricordare il Sommario di storia della letteratura italiana, che compilò in collaborazione con G. Brognoligo (3 voll., Padova 1900), e i sette volumetti, sei dei quali dedicati ad'autori del Seicento (D. Bartoli, T. Boccalini, G. Chiabrpra, G. Galilei, F. Redi, P. Segneri) e uno agli Scrittori del secolo XIII, che, tra il 1931 e il 1933, pubblicò nella collana "Scrittori italiani con notizie storiche e analisi estetiche" dell'editore Paravia.
A parte, nel campo della didattica, è da segnalare il lavoro su La correzione dei componimenti d'italiano (Roma 1906). Per il suo primo editore, il Draghi di Padova, il B. fondò e diresse una "Biblioteca storica e letteraria di divulgazione", che però non andò oltre il primo volume, L'idea italiana e dei re d'Italia nei secoli, di V. Epifanio (Padova 1920).
Fonti e Bibl.: Oltre ai docc. in M. P. I., Ufficio matricola della Direz. Gen. Istr. Classica e Dir. Gen. Person., vedi necrol. di V. Cian, in Giorn. stor. d. letter. ital., LII (1934), p. 183; c. Calcaterra, Controriforma e Seicento, in Un cinquantennio di studi sulla letter. italiana (1886-1936), saggi dedicati a Vittorio Rossi, I, Firenze 1937, pp. 235-280; Id., Il problema del barocco, in Problemi ed orientamenti critici di lingua e di letteratura italiana, diretti da A.Momigliano, III, Milano 1949, pp. 405-510.