BENCIVENNI (Bennevenis, Bencevenis, Bencivennis, de Biencevenne), Antonio
Nato a Mercatello nel ducato di Urbino, probabilmente nell'ultimo quarto del sec. XV (la data 1476 asserita dal Lanciarini non è documentata), fu attivo come intagliatore e intarsiatore (nei documenti è detto "carpentarius") in Umbria e soprattutto in Perugia, dove è citato per la prima volta nel 1498 e dove risiedette per molti anni in Porta Eburnea nella parrocchia di S. Stefano. Nel 1498 lavorava, insieme con Crispolto di Polto da Bettona, al coro di S. Domenico, opera iniziata nell'anno 1476, alla quale avevano già collaborato vari artisti. Il 2 maggio di quell'anno i due maestri rimettevano la stima del lavoro fatto e il 19 dello stesso mese il B. s'impegnava a portare a compimento il coro. Nel 1501 datava e firmava le imposte lignee delle porte del Collegio del Cambio a Perugia (per cui ricevette il saldo nel 1502) e un armadio per la sacrestia di S. Maria delle Grazie di Città di Castello (per il quale venne pagato nel 1503). Il 9 apr. 1504 il B. s'impegnò con la corporazione perugina dei maestri lombardi a lavorare una tavola per la loro cappella in S. Maria Nova, secondo il disegno fornitogli dagli stessi, terminata di pagare il 14 genn. 1507. Il 24 sett. 1508 prese l'impegno con i Priori del Comune di Perugia di eseguire per la loro udienza un seggio ornato di tarsie e di intagli e un "tribunale" o bancone da scrivere (opere non conservate). Nel frattempo lavorava ancora per il Collegio del Cambio, per la cui cappella - S. Giovanni della Piazza - eseguì i seggi, sui quali appose la data 1509 (un doc. di pagamento del 16 genn. 1508 probabilmente si riferisce a quest'opera). Di lui non abbiamo più notizia fino al 1516, quando di nuovo il Cambio, il 5 gennaio, gli diede un anticipo per la cornice di una tavola - che poi fu dipinta da Giannicola di Paolo - da porre sull'altare della stessa cappella, e poco dopo lo pagò per la relativa predella lavorata ad intaglio. La sua ultima notizia in Perugia (6 maggio 1518) riguarda l'impegno assunto di scolpìre un rosone ligneo per la confraternita di S. Pietro Apostolo, su disegno di Domenico Alfani. Successivamente eseguì la porta della chiesa di, S. Francesco a Montone (firmata e datata 1519). Poco dopo dovette recarsi a Todi, ove, con l'aiuto del figlio Sebastiano, lavorò alla porta e al coro della cattedrale.
Il contratto per la porta era stato stipulato fin dal 10 luglio 1513: la spesa sarebbe stata di 60 ducati d'oro, le imposte dovevano avere nei quattro pannelli superiori la Vergine Annunziata, l'Angelo, S. Pietro e S. Paolo; nei quattro pannelli inferiori, dei rosoni o fioroni, il tutto incorniciato da una decorazione a "chiocciola". L'opera, quasi totalmente distrutta da un fulmine la notte del 21 febbr. 1623, fu rifatta nel 1639 dal francese Carlo Lorenti, il quale vi avrebbe riadattato i quattro pannelli superiori salvatisi dalla folgore.
Il 3 giugno 1521 il B. prendeva impegni per il coro, ma doveva ormai essere assai vecchio o malato, perché nei documenti relativi a quest'opera figura sempre in second'ordine nei confronti del figlio. Il lavoro non era ancora terminato nel marzo del 1528, quando, poco appresso, dovette coglierlo la morte. Infatti in un atto del 21 maggio di quell'anno, in cui figura la moglie Margherita, egli è detto già defunto.
Nel coro di S. Domenico a Perugia, nella parte che i documenti ci dicono spettargli precipuamente, si notano già le sue doti di prestigioso artigiano, che fanno di lui uno dei più ragguardevoli maestri di legname del Rinascimento italiano: accuratezza di esecuzione, ricca fantasia decorativa, senso di equilibrio e di misura. La parte destra del coro, che più gli spetta, rivela, pur nel vincolo di un progetto già avviato - a cui il B. aveva, sia pur in minima parte (probabilmente per le tarsie), collaborato - una notevole coerenza e una superiore finezza decorativa: basta notare i cherubini intagliati nel fregio, per la prima metà eseguiti secondo la tecnica dello stiacciato e sotto l'influenza dello stile inconfondibile di Agostino di Duccio, mentre per l'altra parte - quella del B. - acquistano una robustezza plastica che sa già del maturo Rinascimento. Le porte del Collegio del Cambio, sia per gl'intagli esterni sia per gl'intarsi che le adornano all'interno, hanno fatto pensare (Mariotti, Marchesi) a un progetto decorativo fornito dal Perugino, cui il medesimo Collegio aveva affidato contemporaneamente la decorazione pittorica dell'udienza. Senza dubbio i motivi decorativi sono quelli perugineschi, a intrecci, a rose, a ovuli, a candelabre; della stessa ispirazione sono i due portici in prospettiva che decorano all'interno le chiudende in alto della porta centrale. Da questo contatto con l'arte pittorica umbra, e in particolare con quella del Perugino, il B. deriva, da questo momento, il suo miglìore repertorio decorativo. Tale repertorio lo ritroviamo a Città di Castello e, soprattutto, mirabilmente equilibrato, nelle imposte di S. Francesco di Montone, ove assai probabilmente) prima della porta, dovette eseguire il bel bancone del magistrato (datato 1505) nell'interno della stessa chiesa. Più semplici, di un'austera, classica eleganza, sono i postergali dei sedili della cappella del Cambio di Perugia, scanditi da pilastrini sorreggenti un fregio su cui corre una lunga iscrizione latina: va rilevato come le scritte dedicatorie, che ritroviamo sempre nelle sue opere, assumano anch'esse un quasi indispensabile valore decorativo. Assai più ricca è invece, rispetto alle opere precedenti, la cornice lignea della cappella del Cambio, eseguita molti anni dopo, in cui già potrebbe vedersi una determinante collaborazione del figlio Sebastiano.
Sebastiano, figlio di Antonio e di una certa Margherita, nacque sui primi del sec. XVI (secondo il Lanciarini "circa il 1505"). Mancano le notizie biografiche: si può arguire che apprendesse dal padre l'arte dell'intaglio e che l'aiutasse in tutti i suoi lavori più impegnativi. L'unica opera a noi pervenuta, che reca la sua firma accanto a quella del padre e la data (1530), è il coro della cattedrale di Todi, città nella quale lo troviamo documentato (con il padre, che probabilmente aiutò nei lavori alla porta della stessa cattedrale) dopo il 1521. Nell'esecuzione del coro egli dovette avere, come già detto, parte prevalente, finché condusse a termine l'opera da solo nel 1530.
Il coro di Todi rivela un'esuberanza decorativa ben lontana dall'equilibrato gusto paterno. L'architettura lignea, non più paga del riposante ritmo quattrocentesco, si complica e acquista risalto in ogni suo particolare. Le colonnine a tutto tondo hanno sostituito i pilastrini. Esse sostengono mensole assai sporgenti su cui si imposta una serie di archetti a sorreggere il ricco fregio, ornato di lunga iscrizione latina a caratteri cubitali. I cherubini soffocati negli spicchi tra un archetto e l'altro, i rosoncini a rilievo che sottolineano la ritinata fuga dei sottarchi, l'abbondanza delle tarsie (prospettive, nature morte, greche, candelabre, grottesche, ecc.) sono indice di un nuovo orientamento del gusto che prelude al "barocco".
Il B. dovette essere spirito bizzarro e burlesco se, nel quarto stallo del coro di Todí, a destra dei trono episcopale, sopra tre vasi intarsiati, ebbe l'ardire di porre le scritte satiriche: "De umbra asini domini nostri"; "De pedibus ascentionis beatae Virginis"; "De reliquiis sanctissimae Trinitatis", che il clero, naturalmente dopo il concilio di Trento, non poté a lungo tollerare, e che dettero luogo a un decreto vescovile nel 1571, con cui se ne ordinava l'abrasione (cfr. A. Rossi, 1872, pp. 356-357).
Nel 1524, sempre a Todi, il B. dipinse per la Confraternita della Concezione una Madonna con Bambino che, anche se di scarso valore artistico, è interessante come documento dell'attività pittorica dell'artista non altrimenti documentata.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Notarile, n. 345, Pacifico di Vico, 1497-1502, cc. 109v, 191r, 198r; n. 602, Mariano Petrucci, 1504, cc. 72v-73r; n. 60 s, Id., 1507, C. 3; Riformanze, n. 128, c. 160r; A. Mariotti, Lettere pittor. perugine, Perugia 1788, p. 163; P. Zani, Encicl. metodica... delle belle arti, I, 3, Parma 1820, p. 197, nota 102 (anche per Sebastiano); A. Angelucci, Intorno al coro della catt. di Todi, Perugia 1852, pp. 1-5 (anche per Sebastiano); R. Marchesi, Il Cambio di Perugia..., Prato 1853, pp. 111-114 (rec. di A. Fabretti, in Arch. stor. ital., n. s., 111 [1856], p. 170); P. Martini, Di una relaz. sopra industrie ed arti che servono agli edifici, in Arch. stor. ital., s. 3, X, 1 (1869), p. 193; M. Guardabassi, Guida dei monumenti Pagani e cristiani dell'Umbria, Perugia 1872, pp. 52, 129, 173, 209, 211, 560; [A. Rossi], Maestri e lavori di legname in Perugia nei secoli XV e XVI, in Giorn. di erudiz. artistica, I (1872), pp. 106, 123, 125, 128 s., 153, 186, 356 s. (anche per Sebastiano); II (1873), p. 264 (per Sebastiano); A. Rossi, Storia artistica del Cambio di Perugia ..., ibid., III (1874), pp. 16, 18; J. Meyer, Allgemeines Künstler-Lexikon, II, Leipzig 1878, p. 142; III, ibid. 1880, p. 502; V. Lanciarini, Tiferno Metaurense e provincia di Massa Trabaria, VI, Roma 1900, pp. 460 e 470 (anche per Sebastiano); G. Degli Azzi, Note per servire alla storia dell'arte in Perugia tratte dall'archivio del Cambio, in L'Umbria, V (1902), pp. 81 s.; O. Scalvanti, Di alcuni monumenti d'arte nell'Umbria, in Rass. d'arte, III (1903), 11, D. 171; G. Pensi, Una pittura su tavola di Sebastiano Bencivenni..., in Bollett. d'arte, VI (1926-27), pp. 184-186; C. Grondona, Todi. Guida storica ed artistica, Marsciano 1962, pp. 57, 69 e 96 (anche per Sebastiano); U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 296 (anche per Sebastiano).