BENIVIENI, Antonio
Nacque a Firenze il 3 nov. 1443 (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Libri dell'età, II, c. 174, Tratte 443), da Paolo, notaio, e da Nastagia de' Bruni, di antica e nobile famiglia fiorentina, del quartiere di S. Giovanni, che aveva per armi una luna d'argento in campo azzurro. Fu primo di cinque figli tra cui è da ricordare Domenico, detto lo Scotino, lettore di teologia all'università di Pisa, e Girolamo, poeta e letterato di fama.
In un primo tempo abbracciò la carriera letteraria e fu allievo per la lingua greca di Francesco da Castiglione (De abditis, Oss. LXII). Successivamente abbandonò tale strada per dedicarsi "ad philosophie... et medicine secreta perscrutandum" (Deregimine, c. 1), continuando però a coltivare le lettere e godendo della protezione dei Medici: di Cosimo il Vecchio e di Piero il Gottoso. Fu scolaro nell'università di Pisa e frequentò anche quella di Siena. L'inizio della sua attività di medico può essere datatolattorno al 1470, poiché Girolamo, nell'epistola al Rosati, scrive che il fratello andò "medicando per circa trentadue anni". In Firenze il B. si procacciò presto grande fama per la sicurezza nelle diagnosi, per il sapiente uso dei farmaci e soprattutto per la sua abilità di chirurgo.
Per una lacuna nelle matricole non è possibile stabilire l'anno in cui egli fu iscritto all'Arte dei medici e degli speziali. Nel 1473 ebbe la nomina a console dell'Arte e dal marzo 1494 al maggio 1496 fu priore (i libertatis et vexillifer iustitiae", rappresentando con Iacopo di Michel Vannozzo Pandolfini il quartiere di S. Giovanni. Ebbe in cura membri di famiglie nobili e potenti come i Medici, i Pazzi, gli Adimari, gli Strozzi, e fu pure medico di conventi (S. Nicolò, S. Caterina, SS. Annunziata, S. Marco). Dei Guicciardini curò Francesco all'età di 16 anni (De abditis, Oss. XL), e di Gerolamo Savonarola fu, oltre che medico, amico e seguace. Particolare amicizia strinse con Lorenzo il Magnifico, del quale curò la figlia (De abditis, Oss. XCIX). A lui dedicò nel 1464 l'Εγκώμιον Cosmi, poi il De regimine sanitatis e ancora il De peste. Il nome del B. si trova più volte nell'epistolario di Marsilio Ficino, della cui celebre Accademia fu membro. Si meritò altresì i versi di Angiolo Poliziano (Angeli Politianii Opera, Basileae 1553, p. 591).
Qualche altro particolare sulla vita dei B. si ricava dal cosiddetto libro dei Ricordi, suomanoscritto autografo, conservato nell'Archivio di Stato di Firenze, in appendice ai rogiti di suo padre Paolo. Tale manoscritto contiene un frammento di ricordi familiari dal 1484 al 1489. Altre carte riferentisi ad anni precedenti sono andate perdute. In questa specie di diario il B. annotava in volgare, con chiarezza di stile e grafia nitida, i propri affari privati, pagamenti, compere, saldi, donazioni, permute, gabelle, ecc., insomma gran parte della sua vita economica. In tali annotazioni v'è qualche volta l'accenno alla sua professione di medico anche con riferimenti e particolari curiosi. Il B. ricavava rendite da certe sue possessioni come i poderi di Maiano e Quarantola e case in Firenze (la sua casa avita era situata in via dei Ciccolini), la cui amministrazione curava assiduamente occupandosi quindi indirettamente di mercatanzia. Oltre che per i riferimenti di indole economica e familiare, il manoscritto dei Ricordi è importantissimo dal punto di vista scientifico perché riporta l'elenco dei libri posseduti dal Benivieni. Infatti a c. 196 si legge: "Ricordo et inventario de libri mi truovo q(ue)sto di XXV di dicembre 1487 et prima de libri di philosophia et di loica". E ciò quando egli aveva 44anni, nel pieno quindi della sua vita. Sono 169 voci, tutte di codici, eccetto verosimilmente il n. 150 così indicato: "uno virgilio di stampa col comento di servio e donato e cristofano Landini". La classificazione è la seguente: Philosophia nn. 1-21; in greco nn. 6 (non conteggiati nel totale); in logicha nn. 22-28; in arte oratoria nn. 29-60; ecclesiastici nn. 61-63; in medicina nn. 64-136; in astrologia nn. 137-145; [vari] nn. 146-169(cfr. De Vecchi). Per quanto riguarda la medicina il B. possedeva le opere che allora si ritenevano classiche di autori greci, latini, arabi nonché altre più recenti come i consilia di Taddeo o trattati sui veleni, sui bagni, su medicamenti vari, ecc. Tale elenco èindice sicuro non solo della cultura medica del B. ma anche della sua profonda educazione umanistica.
Il B. morì il 2 nov. 1502 (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Morti della Grascia 5, c. 282) e fu sepolto nella cappella del convento della SS. Annunziata. La lapide portava la seguente scritta: "D.O.M. Antonio Benivenio patri philosopho ac medico sibi posterisque Michael Benivenius posuit. Obiit die II. novemb. an. sal. MDII". In seguito la cappella passò sotto il patronato dei Donati e nel 1665 Carlo Donati appose un'altra lapide ancor oggi visibile (cfr. Belloni, p. 17).
Il B. non pubblicò in vita il frutto dei suoi studi e delle sue osservazioni. Fu soltanto dopo la sua morte che il fratello Girolamo, nel riordinare le carte da lui lasciate, ne trovò alcune in cui erano notati i casi più importanti e ardui che egli aveva trattato nel corso della sua attività. Non sapendo quale valore potessero avere questi scritti egli li inviò in esame a Giovanni Rosati, medico di chiara reputazione, il quale ne consigliò l'in-imediata pubblicazione affermando che sarebbe stata grave colpa il non farlo. Benché si trattasse di osservazioni non ancora perfettamente limate, Girolamo e il Rosati si sentirono in dovere di pubblicarne una scelta. Vennero così alla luce 111 osservazioni nel libro: Antonii Benivenii De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum causis, Florentiae 1507.Le osservazioni hanno carattere prevalentemente clinico ed in esse il B. si dimostra altrettanto abile nella medicina, nella chirurgia, nell'ostetricia. Notevoli sono in particolare le seguenti: sul morbo gallico (n. 1), importante per l'anno di compilazione; sui calcoli al fegato in una donna (n. III); sulla resezione ossea da lui eseguita su una fanciulla (n. XXV); su un feto morto che egli estrasse con l'uncino (n. XXIX); sulle allacciature vasali (n. LXVIII); sulla litotrizia (n. LXXX); importanti pure le varie osservazioni teratologiche. Di tale opera seguirono successivamente altre edizioni in latino, ma bisogna arrivare all'Ottocento per averne una traduzione italiana ad opera di Carlo Burci (Di alcune ammirabili ed occulte cause di morbi e loro guarigioni. Libro di Antonio Benivieni fiorentino, volgarizzato e corredato di un elogio storico intorno alla vita e alle opere dell'Autore, Firenze 1843), basata sull'edizione cinquecentesca, in quanto dei manoscritto adoperato da Girolamo e dal Rosati s'era da tempo perduta la traccia. Esso fu però in seguito ritrovato dal Burci nella biblioteca privata Leonettí di Firenze, assieme con altri scritti minori e frammenti: De virtutibus, De cometa, tavole sinottiche di storia naturale, una miscellanea di studi letterari. L'esame accurato del manoscritto dimostrò che l'opera stampata nel 1507 non conteneva la dedica dell'autore a Lorenzo Lorenzani (sostituita dalle epistole di Girolamo e del Rosati) nella quale il B. diceva che il piano della sua opera doveva essere di tre centurie di osservazioni. Inoltre risultò che l'ordine di sequenza originale di queste era stato sovvertito e che alcuni casi erano stati soltanto sunteggiati e certe volte due o più di essi erano stati uniti insieme in una singola osservazione, onde esisteva il materiale per dar vita alla seconda centuria, quasi completa. Poiché in quegli anni F. Puccinotti accudiva alla stampa del suo trattato di storia della medicina, d'accordo con il Burci, decise di pubblicare fra i documenti del II volume sia la dedica originale del B. al Lorenzani, sia, in latino, le osservazioni inedite della seconda centuria dalla 112ª alla 158ª (cfr. Puccinotti, Storia, II, 1, Livorno 1855, pp. CCXXXIII-CCLV). li Burci stese poi una traduzione basata sull'originale in modo da formare pressoché le due centurie, ma l'opera non venne pubblicata. Del manoscritto autografo del B. si è pure perduta nuovamente la traccia.
La grandissima importanza dell'opera benivieniana, per cui giustamente egli è chiamato "padre dell'anatomia patologica", consiste nel fatto che in varie osservazioni il reperto clinico è corredato da quello necroscopico onde è lecito arguire come egli andasse ricercando nei cadaveri le cause di morte e si sforzasse di stabilire un parallelo tra la sintomatologia riscontrata in vita e lesioni anatomiche. Nel B. si ritrova dunque l'inizio dei metodo anatomico-clinico che andrà lentamente sviluppandosi nei secoli successivi per trionfare definitivamente con G. B. Morgagni. La sua opera costituisce inoltre un documento prezioso per l'importanza già allora attribuita all'autopsia. Del resto in Firenze tale pratica doveva essere di uso corrente giacché lo stesso B. sembra meravigliarsi per il divieto opposto in un caso (De abditis, Oss. XXXII) dai parenti della vittima.
Recentemente A. Costa e G. Weber hanno pubblicato un ampio lavoro intitolato: L'inizio dell'anatomia patologica nel Quattrocento fiorentino, sui testi di A. B., Bernardo Torni, Leonardo da Vinci, in Archivio De Vecchi per l'anatomia Patologica, Firenze 1963, pp. 429-878, in cui viene presentata tra l'altro una traduzione italiana (con testo latino a fronte) dell'opera De abditis, condotta sui testi noti e attualmente reperibili nonché su una parziale trascrizione dell'originale compiuta dal paleografo Cesare Guasti per conto di Francesco Puccinotti, testé ritrovata nel fondo Balatino della Biblioteca Nazionale di Firenze. Nel 1949 è stata pubblicata a Firenze l'opera: Antonio Benivienii ᾿Εγκώμιον Cosmi ad Laurentium Medicem (riproduzione dell'autografo con proemio e trascrizione a cura di R. Piattoli). Tale scritto è frutto del periodo letterario del B. ed è dedicato a Lorenzo, ancor giovinetto, in occasione della morte dell'avo (1464).Pure recentemente è stato pubblicato: Antonii Benivienii De regimine sanitatis ad Laurentium medicem (a cura di L. Belloni, Milano 1951).Come si rileva a c. 30 v, esso rappresenta il primo scritto di medicina del B.: "primuni nostruni in medicina preludium". Il Regimen sanitatis è un compendio di norme per vivere sani e longevi. Allo stesso Lorenzo il Magnifico il B. dedicò nella prima redazione il De peste, cioè un "regimen" per la conservazione della salute in tempo di pestilenza (cod. Ashb. 781 della Bibl. Laurenziana). Una successiva redazione del De peste con dedica a Francesco Sassetti è contenuta nel cod. Ashb. 922e fu edita da G. M. Nardi, A. B. ed un suo scritto inedito sulla peste, in Atti e Mem. d. Accad. di storia d'arte sanit., IV (1938), pp. 124-133, 190-197. Un terzo esemplare dell'opera, autografo come i primi due, fu identificato da E. Garin nelle cc. 1-22del cod. Palat. 929 (Biblioteca Nazionale di Firenze; cfr. La Bibliofilia, LI [1949], p. 119).
Bibl.: F. Puccinotti, Storia della medicina, II, 2, Livorno 1859, pp. 584-99; A. Della Torre, Storia dell'Accad. Platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 780-83; E. R. Long, A History of Pathology, London 1928, pp. 50-56; B. De Vecchi, La vita e l'opera di maestro A. B. fiorentino, in Atti d. Soc. Colombaria di Firenze degli a. 1930-31, IT. 103-122; Id., I libri di un medico umanista fiorentino dei sec. XV; dai "Ricordi" di maestro A. B., in La Bibliofilia, XXXIV (1932). pp. 293-301; L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, IV, New York 1934, pp. 586-592; R. H. Major, A. di Pagolo B., in Bull. of the Instit. of the hist. of med., III (1935), pp. 739-755; U. Stefanutti, Carlo Burci..., in Quattro figure significative nella medicina dei passato, Venezia 1959, pp. 37-53.