BIANCHI, Antonio
Nato a Collio di Valle Trompia (Brescia) il 10 giugno 1774, dopo aver frequentato gli studi superiori presso il collegio Falsina, e dopo aver vestito l'abito sacerdotale, iniziò l'insegnamento della grammatica italiana nello stesso collegio, rivelando novità di metodo, grazie ai frequenti confronti con altre lingue classiche e neolatine (greco, latino, francese, spagnolo). Divenne presto noto anche come oratore sacro e profano, e come letterato e poeta di buona fama locale.
Sin d'allora, secondo quanto memorie troppo indulgenti o apologetiche ci hanno tramandato, trasparivano nel suo insegnamento aspirazioni di risentita dignità nazionale, accenti di letterario patriottismo, donde la lotta accesa contro ogni gallicismo, il commento severo e diuturno attorno all'opera di Dante, il culto per il Foscolo: atteggiamenti questi forse indicativi della sua futura personalità, ma più probabilmente riconducibili alle imperanti mode letterarie e alle dispute allora vivissime attorno alla lingua italiana.
Negli ultimi anni del secolo il B. passò al liceo ginnasio di Brescia, ove ebbe in seguito come allievi molti di coloro che parteciperanno alle cospirazioni e alle rivolte antiaustriache del Bresciano.
Nel 1796 il B. non era sfuggito a uno degli usuali atti di omaggio, scrivendo un sonetto per la partenza di P. A. Mocenigo, ultimo rappresentante veneto in quelle terre. Nel 1797 stampava a Brescia un Trattato di morale per la gioventù, che non fremeva in modo eccessivo di nuove idee o di sentimenti rivoluzionari, e nel 1799 nella stessa città uscirono ben otto torni di un Trattato della religione cristiana di Giacomo Abadie,tradotto in italiano con annotazioni, cuiattese con la collaborazione di Faustino Bendiscioli. Ma le sue idee erano, a quanto pare, lontane dall'accettazione del vecchio ordine di cose: lo troviamo così nella lista dei trentanove cospiratori che nella notte del 17 marzo 1797 firmarono nel palazzo Poncarali il patto che doveva preparare l'insurrezione contro il dominio veneto. Partito indisturbato il governatore veneto, fu presto costituita la Repubblica bresciana e in essa il B. recitò in quei giorni una parte tra i protagonisti.
La sua posizione non venne meno, benché in un campo naturalmente locale e specializzato, durante il dominio napoleonico. Salì anzi sempre più in fama di uomo equilibrato e di grande erudito: e nel campo dell'istruzione pubblica assunse presto una parte di notevole rilievo, affiancando attivamente con i suoi consigli l'attività ufficiale nell'organizzazione di scuole, istituti, società di cultura. Insegnò ancora nel liceo locale; ma fu, soprattutto, parte notevole della Società patriottica di istruzione pubblica di Brescia, dalla quale sorse poi nel 1802 l'Ateneo, cui il B. legò sin dall'inizio il proprio nome e la propria attività, fino a diventarne nel 1810 il segretario perpetuo.
Durante questi anni aveva orientato sempre più i propri studi nel culto erudito delle lingue, ed in particolare di quelle classiche, e verso le occupazioni squisitamente letterarie, non poco indulgendo alla moda del tempo. Nell'anno 1805egli pubblicava a Brescia un primo canto sull'Origine ed utilità della favola, dedicandola quale "maestro di eloquenza" alla municipalità della città, ed aggiungendovene un secondo l'anno seguente; nel 1808con l'opuscolo Uno dei più contro l'uno,ossia risposta dell'abate A. B. alle critiche del signor Guill *** fatte al carme sui sepolcri del signor Ugo Foscolo interveniva, in tono acceso e piuttosto virulento, a difesa del proprio idolo poetico; e nel 1809stampava a Milano il suo primo saggio di traduzione da autori classici, le Olimpiche II e XIII di Pindaro tradotte.
L'Ateneo bresciano sempre più riceveva dal B. entusiasmo di collaborazione e di disinteressata dedizione; nel 1810egli venne nominato segretario, e da allora in poi la sua attività letteraria può essere quasi tutta seguita sulle pagine dei Commentari dell'Ateneo di Brescia, per i quali scrisse le lunghe e sempre accurate relazioni dei lavori, delle letture, delle discussioni, dal volume del 1811 a quello del 1827. Fu soprattutto un'attività di traduttore e di dotto commentatore, con qualche ricorrente spunto d'interesse per i prediletti problemi della lingua italiana. Tradusse successivamente Pindaro (la I Olimpica, Brescia 1810), il Fedone platonico (nei Quattro libri di Senofonte di detti memorabili di Socrate, 2 ed., ibid. 1823, pp. 163-280), le favole di Tommaso Yriarte (ibid. 1828) e continuò a insegnare a tradurre, come prova un Saggio di traduzione dal greco di alcuni scolari dell'abate A. B. (ibid. 1816). Le sue prove nel campo poetico furono piuttosto stanche, impacciate e mediocri; tali, per esempio, un'Ode dedicataa Napoleone (Brescia 1812), un Inno ad Eunomia (ibid. 1812) e un Inno alla patria (ibid. 1816), dedicato al delegato austriaco F. Torriceni; meglio invece ricordare le più utili e concrete appendici da lui approntate per la compilazione grammaticale del Soave, che uscirono per la prima volta nel 1812 nell'edizione stampatane dal Bettoni col titolo di Grammatica della lingua italiana ad uso delle scuole normali del Regno d'Italia, ola generosa difesa del Conte di Carmagnola manzoniano in un'opuscolo All'estensore della Gazzetta di Milano (Milano 1820).
Come si è visto, il B. continuò la propria opera senza scosse anche dopo l'arrivo degli Austriaci, e certo dovette in qualche modo mettere molti freni alle proprie idee. Grazie a ciò tuttavia l'Ateneo, attentamente sorvegliato e vigilato nella sua attività, poté continuare la propria opera non indegnamente, chiamando nel proprio seno uomini come G. Scalvini. A. Manzoni, G. Arrivabene. Le congiure del 1821 videro l'Ateneo coinvolto nel pericolo, con il suo presidente stesso, C. Ugoni, e alcuni tra i membri più eminenti incarcerati e condannati. Al B., che riuscì a non essere coinvolto nelle accuse, toccò il compito quanto mai arduo di salvare la vecchia istituzione dall'attesa soppressione. Nonostante su lui corressero sospetti gravi, e lo si accusasse di appartenere alla massoneria, assai abilmente, rifugiandosi nei propri studi, riuscì ad evitare a sé e all'Ateneo i provvedimenti della polizia austriaca.
Il B. si spense in Brescia il 6 ag. 1828.
Fonti e Bibl.: Una fitta messe di notizie e di riferimenti al B. si può reperire ad vocem nell'indice dei vari volumi di V. Monti,Epistolario, a c. di A. Bertoldi, Firenze 1929-1931, III, IV, V, VI, e in quello finale di U. Foscolo,Epistolario, a c. di P. Carli, Firenze 1952-1956, II, III, IV, V. Cfr. inoltre: V. Peroni,Biblioteca bresciana, I, Brescia 1816, pp. 128-31; C. Arici,Elogio di A. B., Brescia 1828; A. Buccelleni,Oraz. funebre recitata ... in morte del sacerdote A. B…, Brescia 1828; C. Arici,Relazione accademica dell'anno MDCCCXXVIII, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, Brescia 1829, pp. 49-52; Id.,Prose e poesie inedite, Brescia 1838, pp. 131 s.; Il primo secolo dell'Ateneo di Brescia 1802-1902, Brescia 1902, pp. 413 s. e passim; C. Bonardi,Abate A. B. (1828-1928). Orazione commemorativa, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, n. s., VI (1928), pp. 156-71; P. Guerrini,Il carteggio dell'abate A. B., ibid., pp. 172-78 (con notizie sulle carte personali conservate dai discendenti della famiglia ed elenco dei suoi corrispondenti).