BONCOMPAGNI LUDOVISI, Antonio
Nacque a Roma il 16 giugno 1735, figlio di Gaetano e di Laura Chigi. Il padre, principe di Piombino e duca di Sora, era uno dei più importanti baroni del Regno di Napoli e tra i più eminenti personaggi della corte di Carlo di Borbone: al B., come primogenito ed erede, toccarono pertanto, sin dall'infanzia, dignità e onori. Il 13 sett. 1743 fu nominato gentiluomo di camera del re; il padre rinunziò in suo favore nel 1746 al feudo di Venosa e nel 1757 chiese e ottenne dalla corte di Madrid l'autorizzazione a trasmettergli la dignità ereditaria di grande di Spagna. Nello stesso anno fu stipulato tra Gaetano Boncompagni Ludovisi e il duca di Gravina Domenico Orsini il contratto di matrimonio tra il B. e la figlia dell'Orsini, Giacinta (nata a Napoli nel 1741, morta a Roma di parto il 9 giugno 1759). Il contratto stabiliva per la sposa una dote di tale rilevanza che si dovette chiedere al pontefice Benedetto XIV una speciale autorizzazione, che questi concesse con un breve dell'11 apr. 1757, in deroga a una bolla di Sisto V contro le doti eccessive. Il matrimonio fu fastosamente celebrato il 24 aprile di quello stesso anno. Per la morte prematura di Giacinta il B. passò a seconde nozze, il 25 nov. 1761, con Vittoria, figlia del duca Giuseppe Sforza Cesarini, la quale pure premorì al marito, nel 1778, dopo avergli dato tre figli: Anna Eleonora, Luigi e Giuseppe.
Alla morte del padre, nel 1777, il B. ne ereditò le cospicue sostanze, costituite dal principato di Piombino e dell'isola d'Elba, dal ducato di Sora, dal marchesato di Vignola e da altri numerosi feudi nel Regno di Napoli, tra i quali i principali erano quelli di Aquino, Arpino ed Arce, nonché della dignità di senatore di Bologna.
I rapporti del B. con la corte napoletana si guastarono tuttavia ben presto, sebbene egli continuasse per anni a figurarvi come uno dei personaggi più decorativi nella sua qualità di gentiluomo di camera con esercizio di Ferdinando IV. L'azione riformatrice dei ministri napoletani si esplicava infatti in un controllo fiscale di una fermezza inusitata sui maggiori baroni, tanto che il B. fu spinto dalla noia delle interminabili contestazioni ad offrire in vendita al re tutti i suoi feudi nel Regno. E non migliori erano i rapporti con la corte di Spagna, della quale il B. si considerava vassallo per il principato di Piombino: innumerevoli e interminabili querele giurisdizionali arricchirono di ponderosi volumi gli archivi della corte spagnola e moltiplicarono le amarezze del B., col quale il destino della casa sembrò arrivare al culmine di un inarrestabile processo di disfacimento. Del resto, continuando un atteggiamento che era già stato degli ultimi anni del padre, il B. venne sempre più disinteressandosi dei suoi feudi e allontanandosi dalla corte napoletana, partecipando piuttosto alla vita della aristocrazia pontificia, nella quale poi la famiglia si inserì stabilmente. La decadenza della famiglia, d'altra parte, trovò il proprio coronamento, nel quadro della generale decadenza del mondo feudale italiano e come uno degli esempi maggiori di essa, allorché le armate francesi intervennero a minarne dal di fuori l'ultima effimera sopravvivenza.
Il B. fu colpito massicciamente e direttamente dalla nuova situazione politica. Dapprima dovette vedere la caduta del suo marchesato di Vignola nelle mani dei conquistatori, nel 1796, poi, nel corso della stessa campagna italiana, l'occupazione dell'isola d'Elba da parte degli Inglesi, come contromisura all'occupazione di Livorno fatta dai Francesi. Finalmente, quando nel 1801 lo stesso re delle Due Sicilie fu costretto a piegarsi alle condizioni di pace imposte dal Bonaparte, tra le varie clausole minori fu compresa anche quella della cessione alla Francia di ogni diritto all'investitura del principato di Piombino. Se i termini dell'accordo formalmente non compromettevano i diritti del B. su quello Stato, in realtà essi rendevano possibile al governo di Parigi di disporne liberamente: il che esso fece senza esitazioni, estromettendone la farniglia Boncompagni, la quale fu privata, oltre che dei diritti feudali, anche di quelli allodiali. Nel 1802 l'isola d'Elba fu annessa alla Francia e nel 1805 il principato di Piombino fu attribuito da Napoleone alla sorella Elisa.
Il B. non sopravvisse alla bufera: morì il 26 aprile dello stesso anno 1805.
Fonti e Bibl.: Un buon materiale biografico relativo al B., troppo ricco e vario per essere qui indicato neppure sommariamente, è custodito nell'Arch. Segr. Vat., Boncompagni, insieme con molto altro materiale relativo alla famiglia; l'Archivo general de Simancas conserva, per quanto riguarda il B., soprattutto documenti riguardanti le discussioni in materia giurisdizionale sul principato di Piombino: vedi Archivo deSimancas. Secretaria de Estado. Reino de lasdos Sicilias (sigloXVIII), a cura di R. Magdaleno Redondo, Valladolid 1956, in particolare alle pp. 257, 414; P. E. Visconti, Storia di Roma. Famiglie nobili, s.n.t., III, pp. 834-836; P. Litta, Le fam. celebri ital.,s.v. Boncompagni di Bologna, tav. III.