BONGHI, Antonio
Giureconsulto appartenente a una delle più note e antiche famiglie della sua città, nacque a Bergamo nei primi decenni del Quattrocento. Il nome ricorre per la prima volta nelle fonti a noi note il 17 apr. 1457, quando egli fu chiamato a far parte, con altri sette illustri concittadini, della commissione cui le autorità municipali avevano demandato la direzione e il controllo dei lavori per la fabbrica del nuovo ospedale.
L'8 apr. 1449, infatti, i rettori e gli anziani del Maggior Consiglio della città di Bergamo avevano deliberato di riunire gli undici piccoli ospedali già esistenti in vari luoghi della città, creandone uno nuovo, più ampio e meglio rispondente alle nuove esigenze e alle pubbliche necessità. Tale unione fu approvata dal governo veneto il 18 ott. 1458, ed omologata da papa Pio II con bolla del 21 giugno 1459.
Membro del Collegio dei giudici, fu nunzio del Comune di Bergamo a Venezia in anno non precisato, ma verosimilmente intorno al 1465, quando fece parte della delegazione inviata a Malpaga dalle autorità municipali, per sollecitare da Bartolomeo Colleoni la concessione delle provvidenze da lui promesse in favore della Comunità. Assistette, nella sua qualità di membro del Collegio dei giudici, alla solenne cerimonia nel corso della quale fu ufficialmente rogato l'atto istitutivo del "Luogo Pio della Pietà". Con tale atto Bartolomeo Colleoni trasmetteva in possesso inalienabile al Comune di Bergamo numerose proprietà, il cui reddito complessivo annuo era stimato a circa 2.000 ducati: nelle intenzioni del donatore tale somma doveva servire per l'erogazione di doti, allo scopo di facilitare il matrimonio di fanciulle povere, oneste e legittime, nate entro il territorio del Comune. Nell'agosto 1472 il B. sottoscriveva come testimone l'atto notarile con cui il Colleoni revocava il testamento steso nel 1467. Tre anni dopo (24 ott. 1475) il B. veniva nominato dallo stesso Colleoni suo esecutore testamentario, insieme con A. Longhi, segretario del condottiero, ed A. Quarenghi: ad essi veniva inoltre affidato il compito di risolvere, a maggioranza, qualsiasi questione fosse potuta sorgere circa l'interpretazione delle disposizionli contenute nel nuovo testamento, redatto dal Colleoni nel 1475. Appunto in questa veste, sempre nello stesso anno, il B. fu testimone della scrittura del codicillo relativo al lascito di 100.000 ducati in favore della Repubblica di S. Marco inserito nel nuovo testamento dal condottiero (31novembre).
Il Calvi riferisce la notizia che il B. nel 1475 si trovava a Trento, ove ricopriva la carica di giudice criminale e di auditore del podestà Giovanni Sala, quando venne celebrato il processo contro alcuni esponenti della comunità israelita locale, accusati di aver barbaramente ucciso, a scopo rituale, il figlioletto di un conciatore di pelli (al riguardo A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963, p. 695). L'opinione pubblica e le risultanze del processo fatto istruire immediatamente dal principe vescovo Giovanni Hinderbach attribuirono la responsabilità del delitto agli Ebrei: di essi quattordici, riconosciuti pienamente colpevoli e condannati a morte, furono giustiziati; gli altri vennero banditi dal principato. La notizia che il B., nella sua qualità di giudice criminale, avesse celebrato il processo contro i responsabili della tragica morte del bambino, per quanto riportata anche dalla Cronaca loverese del Conti edita dal Marinoni, non è suffragata tuttavia da altre fonti edite: lo stesso padre Foresti, che narra il fatto con dovizia di particolari, nulla dice sulla parte avuta dal B. nel processo.
Conosciuto e stimato giurista, il B. dovette la notorietà presso i suoi contemporanei soprattutto all'attività svolta come esecutore testamentario del Colleoni: l'intransigente incorruttibilità con cui curò l'applicazione delle ultime volontà del condottiero valsero a creargli, insieme con la fama di imparziale rettitudine, un buon numero di nemici nella cerchia dei Colleoni. Appunto a vendetta privata è da attribuirsi la sua tragica morte. Il 2 marzo 1484 il B. fu assalito da quattro uomini mascherati ed ucciso a pugnalate. Dall'inchiesta formale, subito aperta dalle autorità municipali, risultò essere il principale responsabile del delitto un antico consigliere del Colleoni, Paride Lodrone, che venne condannato in contumacia al bando perpetuo (20 sett. 1484). Il Calvi azzarda l'ipotesi che il delitto fosse stato compiuto su mandato degli Ebrei di Trento, dal B. severamente puniti nove anni prima; tale interpretazione, tuttavia, non è suffragata dalle risultanze dell'inchiesta né dagli atti del processo a carico del Lodrone.
Nella Civica Biblioteca di Bergamo è conservato un esemplare in pergamena degli Statuti del 1453, copia autografa del B.; le numerose postille da lui aggiunte in margine al testo permettono di valutare la sua profonda dottrina giuridica. Il codice (Sala 1a, D.V. 9)reca, miniato in calce alla prima pagina, lo stemma dei Bonghi ed un ritratto del B. rivestito dei paludamenti di giudice, che si riconosce nella grande lettera miniata con cui inizia il testo.
Fonti e Bibl.: J. F. Foresti (Giacomo Filippo da Bergamo), Supplementum chronicorum omnes fere historias auae ab urbe condita hactenus gestae sunt…, Parisiis 1525, p. 387v; L. Marinoni, Documenti loveresi..., Lovere 1896, p. 127; D. Calvi da Bergamo, Effemeride sacroprofana di quanto sia successo in Bergamo..., Milano 1676, p. 353; A. Mazzi, Il giureconsulto A. B., in Bullettino della Civica Biblioteca di Bergamo (poi Bergomum), XII (1918), 1-2, pp. 41 s.; Id., Ancora sul giureconsulto A. B.,ibid., XXVII (1923), 2, pp. 69 s.; G. Invernizzi, Storia e vicende dell'Ospedale di S. Marco in Bergamo, in Rivista di Bergamo, 1927, pp. 2 ss.; B. Belotti, La vita di Bantolomeo Colleoni, Bergamo s.d., pp. 339 ss., 460, 530 ss.; Id., Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, III, Bergamo 1959, pp. 105 ss., 139 s., 150 n. 27, 435, 437.