BRACELLI (de Bracellis, Bracello), Antonio
Nacque a Genova, nel terzo o quarto decennio del sec. XV, da Giacomo e da Nicoletta, figlia del nobile cittadino genovese Onofrio Pinelli, primogenito di numerosi fratelli.
La famiglia Bracelli, che traeva la sua origine dall'omonimo castello nel distretto della Spezia, si era trasferita a Genova attorno al 1240 e già nel sec. XIV molti suoi membri erano ragguardevoli esponenti del clero e del commercio genovese; la famiglia, che dal 1350 al 1528 appartenne alla fazione dei popolari, venne iscritta, con la riforma legislativa del 1528, nell'"albergo", Grimaldi, cognome che da allora assunse.
Il padre del B., personaggio di primo piano nella vita politica e culturale della Genova del sec. XV, dopo essersi consigliato con alcuni amici umanisti di altre città italiane sulla sede dotata di migliori maestri per gli studi di diritto, inviò il figlio dal 1452 al '54 a Bologna e poi nel 1456 a Pavia, dove questi studiò con Rolando de Curte e Giovanni Antonio Ricci e dove conseguì il dottorato nello stesso anno. Due anni dopo il B. si trovava in Francia, con gli amici Gottardo Stella Battista di Goano e altri ambasciatori, i quali, nella primavera del 1458, si erano recati a concordare i capitoli di cessione della città di Genova a Carlo VII. Per quanto non investito di qualifiche ufficiali, fu questa probabilmente la prima missione diplomatica cui il B. prese parte, a seguito della quale si riprometteva forse nuovi incarichi in terra di Francia. Infatti quando Battista di Goano, cui era stato particolarmente raccomandato dal padre, vi fece ritorno, consigliò al B. di fermarsi ad Avignone, sperando di impiegarlo in qualche carica a lui confacente; tale speranza andò però delusa: il B. faceva ben presto ritorno a Genova, dove per due anni, dal 1458 al 1460, grazie ai suoi studi di diritto civile, entrava a far parte della magistratura dei "Sapientes Communis" e nel 1469 del Collegio dei giureconsulti genovesi. La fama del B. non è comunque rimasta legata solo alla sua competenza in diritto civile; infatti fu anche interprete di diritto canonico e studioso di sacre lettere, tanto che Buonaccorso da Pisa gli dedicò il Vocabolarium Latino-Graecum del monaco Giovanni di Piacenza. Nel 1460 veniva per la prima volta affidata al B. la responsabilità di una missione diplomatica: fu incaricato di presentare al pontefice Pio II le congratulazioni della Repubblica per la promozione del cardinale Fregoso.
Due anni dopo, nel 1462, durante la signoria in Genova dei Campofregoso, venne chiamato a far parte della magistratura degli Anziani del Comune, la più importante carica amministrativa della Repubblica; carica che ricoprì anche nel 1464, dopo la dedizione di Genova al duca di Milano, Francesco I Sforza. In tale occasione il B. fece parte, nello stesso 1464, dell'ambasceria guidata da Battista di Goano e composta da ventiquattro esponenti della nobiltà genovese e da duecento cittadini, che fu accolta a Milano con molti onori. Nel capoluogo lombardo la sua preparazione giuridica unitamente alla non dissimulata simpatia verso gli Sforza, dovette procurargli la stima di Galeazzo Maria, che, dopo averlo eletto membro del Consiglio di giustizia, lo creò consigliere ducale il 30 apr. 1473; nello stesso anno lo inviò ambasciatore presso il re di Napoli. Tale missione è senz'altro da mettere in rapporto con la politica antisforzesca perseguita dal re di Napoli unitamente a Venezia. Particolarmente nel 1473 lo Sforza non aveva nascosto la sua preoccupazione per le trattative matrimoniali in corso tra la casa regnante napoletana e gli Este, i Savoia e il marchese del Monferrato. L'operato del B. dovette soddisfare il duca se, nell'aprile del 1474, lo incaricò di sondare alla corte imperiale le possibilità di infeudare il ducato e di elevarlo in regno.
Oltre a tali missioni, notevole fu l'azione del B. in veste di consigliere ducale: ricorderemo il parere negativo espresso, unitamente agli altri consiglieri, sulla proposta del duca di impadronirsi di Coriago e di altre terre del Parmigiano, allora in mano del duca d'Este. La stima di cui godette presso lo Sforza venne ancora una volta riconfermata l'11 marzo 1476, giorno in cui il B. ottenne la cittadinanza milanese per sé e per i suoi discendenti. Anche Ludovico il Moro ne apprezzò le qualità se lo confermò consigliere ducale e gli affidò, insieme con Antonio Trivulzio, delicate missioni a Roma e a Napoli, missioni che rientrano nell'abile gioco delle alleanze sviluppato dal Moro. Inoltre nel 1485 il B. fu incaricato dal duca, che aveva dovuto sostenere ingenti spese per fronteggiare le lotte intestine, di riscuotere, insieme con Giovan Pietro Suardo, alcune tasse straordinarie, imposte ai feudatari di Milano; in seguito, nel 1488, a Pavia, doveva far rispettare, nella sua qualità di consigliere ducale, alcune norme legislative per incarico del vicario di Provvisione, Giacomo de Girardis. Nell'ottobre del 1489, tornata Genova sotto il dominio sforzesco, il B. rientrò in patria: in quell'anno infatti, per difendere gli interessi della Repubblica, fu inviato ambasciatore a Innocenzo VIII. Da Sisto IV il B. e il fratello Stefano avevano ottenuto nel 1469, pochi anni dopo la morte del padre, la conferma del privilegio di franchigia nelle zone originarie della loro famiglia; ma il vero scopo della sua missione a Roma non era la riconferma di privilegi per sé e per la Repubblica, bensì quello, ben più delicato, di prendere contatto con l'ambasciatore spagnolo: da lungo tempo, infatti, benché tra Catalani e Genovesi non fosse stata firmata alcuna tregua, non si erano più verificati scontri militari; perciò, sembrando opportuna la conclusione di una pace, Ludovico il Moro aveva esortato il governo genovese ad inviare proprio il B. a Roma e quindi a Napoli per condurre tali trattative. Esse nonostante la lunga permanenza del B., protrattasi fino al 1490, non ebbero esito positivo. Al ritorno da questa missione, il B. si ritirò a vita privata, per dedicarsi alle cure della sua numerosa famiglia e dei suoi cospicui beni.
Aveva contratto due matrimoni: prima con Patrina Carmandino di Guglielmo; poi con Benedetta, figlia di Odone Spinola; ebbe otto figli: Melchiorre; Lucietta, poi sposa di Giacomo D'Oria; Chiaretta, moglie di Domenico Spinola; Gaspare (che, dopo aver sposato Nicoletta Grimaldi ed essere entrato con la riforma del 1528, nell'"albergo" Grimaldi, fu doge, con tale cognome, nell'anno 1552); Baldassarre (un cui figlio, Giobatta, fu protonotaro apostolico, governatore della provincia romana e vescovo di Sarzana); Giacomo; Simone (mercante a Lione tra il 1491 e il 1517, e agente d'affari di Giambattista Campofregoso in Francia); Pellegrina.
Il B. morì a Genova tra il settembre del 1499, quando stese il suo testamento, e il settembre 1502, data di un documento in cui viene citato come defunto. Fu sepolto, secondo i suoi desideri, nella chiesa di S. Domenico.
Fonti eBibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 10, c. 317v; ms. 473, cc. 270, 272, 301 s., 331, 334; Genova, Bibl. Civ. Franzoniana, ms. 126: F. Federici, Alberi genealogici, p. 157; Genova, Biblioteca Civica Berio, ms. D bis 11.5.26: A. Giustiniani, Diario, pp. 439, 443, 558; Epistolario di J. Bracelli, a cura di G. Balbi, Genova 1969, ad Indicem;A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum seu syllabus scriptorum Ligurum, Perusiae 1680, p. 55; B. Senaregae De rebus genuensis, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, ad Indicem;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 1962; G. D. De Ferrari, Storia della nobiltà di Genova, in Giornale araldico, XXV (1898), p. 14; C. Braggio, G. Bracelli e l'umanesimo dei Liguri del suo tempo, in Atti della Soc. lig. di storia patria, XXIII (1890), pp. 1, 5 ss.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 12, 41, 78; A. R. Natale, I diari di Cieco Simonetta, in Arch. stor. lomb., s. 8, LXXVII (1950), p. 172; LXXVIII-IX (1951-52), pp. 160 ss., 186; LXXX (1953), p. 197; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, p. 197; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, [Paris]1960, p. 128; I registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, ad Indicem.