BRIZI, Antonio
Nato a Perugia nel 1751, studiò in patria lettere e giurisprudenza, ma coltivò anche gli studi filosofici e la poesia, mostrando grande versatilità. Nel 1779 divenne notaio; nel 1782 si laureò in giurisprudenza e nel 1788 fu ammesso al Collegio perugino dei causidici e avvocati con l'incarico di sostituto procuratore dei poveri. Nell'aprile 1792 e nel maggio 1793 fu nominato luogotenente generale governativo, e nel gennaio dell'anno successivo fu ammesso tra i savi del Collegio del cambio. Membro di numerose accademie, fece parte anche di una colonia, sorta a Perugia nel 1790, dell'Accademia dei Forti di Roma, che raccolse tutti gli elementi perugini desiderosi di un rinnovamento politico, quali A. Mariotti e G. B. Agretti.
Il B. simpatizzò ben presto per le idee provenienti dalla Francia. Alla fine del giugno 1796, poco dopo l'armistizio di Bologna, avanzando i Francesi verso il feudo imperiale di Sorbello, confinante con la provincia di Perugia, il governatore di Perugia e preside dell'Umbria, Giuseppe Morozzo, lo nominò commissario per la custodia dei confini della provincia, con l'incarico di determinare, d'accordo con i commissari francesi, i confini di quel feudo. Nel febbraio 1797, poco prima del trattato di Tolentino, il municipio di Perugia lo mandò, assieme a C. Menconi, al conte G. Cesarei e a D. Garbi, ad incontrare amichevolmente le truppe francesi in marcia verso Perugia e, soddisfatto della sua opera, lo nominò membro di una commissione interina per i bisogni della città. Nello stesso anno fu aggregato agli avvocati della Curia romana. Il 4 febbraio 1798 le truppe francesi entrarono a Perugia, e il B., che già faceva parte del governo provvisorio perugino, fu subito chiamato a far parte della nuova municipalità, il cui presidente era G. A. Cocchi e vicepresidente l'Agretti.
Il 14 febbraio fu inviato a Roma come delegato della città di Perugia alla festa della federazione, e da Roma, dove rimase a rappresentare la sua città presso il governo centrale, sostenne gli interessi della città umbra che riuscì a far dichiarare capoluogo del dipartimento del Trasimeno. Il 26 febbraio assistette in Campidoglio alla proclamazione della Repubblica romana; della cerimonia scrisse con entusiasmo in una lettera inviata ai colleghi a Perugia. Il 16 marzo fu nominato senatore dal generale Dallemagne, e partecipò con assiduità ai lavori dell'assemblea; volle inoltre conservare l'ufficio d'agente del Trasimeno in Roma, giovando non poco alla città. Ottenne la riapertura della zecca a Perugia e una riforma dell'Ateneo perugino; si occupò della guardia nilzionale, ma i risultati a Perugia furono scarsi malgrado le sue insistenze; cercò di mitigare le disastrose depredazioni di oggetti d'arte e di denaro che i commissari francesi commettevano ai danni del paese, ma i suoi tentativi ebbero scarso successo. Quando nell'aprile 1798 seguendo l'esempio di Città di Castello, l'insorgenza anti-francese divampò tra le popolazioni intorno al lago Trasimeno e ben presto si estese a tutta la regione, il B. consigliò i colleghi di Perugia di agire con grande energia per reprimere la rivolta, e si recò presso il generale Saint-Cyr ed il ministro dell'Interno Toriglioni, perché prendessero tutte le misure necessarie a riportare l'ordine.
Nell'attività svolta al Senato il B. si mostrò tra i più moderati. Nel corso delle vendite dei beni nazionali (egli, fin da quando era sorto il problema, aveva proposto, senza successo, che fossero amministrati dal governo repubblicano e non venduti), prese in enfiteusi un appartamento nel palazzo di Propaganda Fide per la somma di 130 scudi annui, per salvare - secondo quanto afferma il Pernossi - l'archivio di Propaganda Fide da probabili dispersioni; sarebbe intervenuto anche in altre occasioni in favore di chiese e conventi di Roma e di Perugia, tanto che in seguito, restaurato il governo pontificio, la Giunta di Stato dichiarò che il B. aveva ben meritato della religione e dello Stato e poteva ritornare libero al patrio suolo e rivestire la toga dimessa (dispaccio della Giunta di Stato al governatore di Perugia, 21 ott. 1800).
Nei giorni 11, 13 e 15 messidoro anno VI (29 giugno, 1º e 3 luglio 1798) il B. partecipò ad una importante discussione in Senato sulla esportazione della lana e seta grezze dai territori della Repubblica, dicendosi contrario alla libertà di commercio, poiché prevedeva che con l'esportazione della lana e della seta non si sarebbe ottenuta moneta, ma altre merci in cambio; sosteneva che, in ogni caso, sarebbe stato più conveniente esportare nianufatti piuttosto che materie grezze, e lamentava che con tale decisione - approvata a stretta maggioranza per le pressioni del Consolato, che sperava in tal modo di alleviare la crisi finanziaria dello Stato - si gettavano nella miseria tutte quelle persone, specialmente nel dipartimento del Trasimeno, che vivevano. nell'inverno, della lavorazione della lana e della seta; notava che l'esportazione avrebbe fatto salire il prezzo di quei generi e, infine, che la Repubblica doveva incoraggiare le manifatture nazionali impedendo che lana e seta grezze uscissero dallo Stato.
Il 18 luglio, chiudendosi la prima sessione dei lavori, il B. esortò i colleghi a meditare durante la pausa estiva "sul progressi della libertà, sugli avanzamenti dei diritti dell'uomo, nello stabilimento inconcusso del pubblico bene", e indicò quali fossero i doveri dei rappresentanti del popolo: "incoraggiare i pusillanimi, disingannare gli acciecati dall'ignoranza o dalla malizia degli intriganti, far comprendere ai popoli che il dono della libertà è il più prezioso della terra; che per sé solo è un più che abbondante compenso alla gravezza dei tributi e alla calamità che nei primi albori di un faustissimo giorno hanno mostrato per alcun poco il loro disgustoso sembiante": era il programma di istruzione pubblica rivoluzionaria comune a tanta parte della pubblicistica democratica dell'epoca in Italia.
Il 17 settembre il B., insieme a Zaccaleoni, Pierelli, Rey e Callisti, fu eletto console dalla commissione francese. Alla fine di novembre, occupata Roma dalle truppe napoletane, parte del governo, tra cui il B., si trasferì a Perugia. Ritornato a Roma, il B. nel febbraio 1799 presentò le dimissioni, che non furono accettate; le ripresentò con esito positivo alla fine di maggio e fu riammesso in Senato. Ma ormai l'azione degli organi del governo repubblicano era del tutto esautorata dalle autorità francesi. Caduta la Repubblica, il B. preferì partire con le truppe transalpine.
Nel 1801, dopo la dichiarazione a lui favorevole della Giunta di Stato, egli ritornò a Perugia, riprendendo l'esercizio della professione legale, e nel 1803 fu nuovamente nominato agente della città a Roma. Dal 1805 al 1809 tenne la cattedra di istituzioni civili nell'università di Perugia. Dopo l'annessione degli Stati romani all'Impero francese, fu eletto consigliere dipartimentale. In occasione della divisione del territorio, la città di Perugia lo inviò a Roma per ottenere dalla Consulta straordinaria che Perugia fosse scelta come capoluogo del nuovo dipartimento del Trasimeno, ma non ebbe successo perché la Consulta, forse per il passato repubblicano di Perugia, optò per Spoleto. Nel 1810 fu giudice del tribunale di Perugia. Cessato il governo francese, fu nominato professore di istituzioni canoniche. Nel settembre 1816 fu nominato consigliere del comune di Perugia e per tre volte negli anni 1816, 1817, 1818 fu eletto anziano nel Consiglio; nel novembre 1816 fu nominato provvisoriamente consultore della Congregazione governativa della delegazione di Perugia. Per lungo tempo fu procuratore fiscale della Fabbrica di S. Pietro presso la commissaria di Perugia e dal 1822 anche presso Città di Castello, Città della Pieve, Foligno e Assisi.
Morì a Perugia il 26 dic. 1826.
Fonti e Bibl.:Collez. di carte pubbliche,proclami,editti,ecc. della Repubblica romana, I, Roma 1798, pp. 84, 242; II, ibid. 1798, p. 536, 539; IV, ibid. 1799, p. 344; Repubblica Romana,Senato,Processi Verbali, Roma anno VI, passim;G. B. Marini, Cronaca perugina 1798-1800, in Arch. stor. del Ris. umbro, VIII (1912), pp. 207, 209, 223; D. Pernossi, Elogiodell'avv. A. B. detto... il primo febbraio 1827..., Perugia 1827; G. Amicizia, Città di Castello sulla fine del sec. XVIII, Città di Castello 1899, pp. 16 ss.; I. Grassi, Del dipartimento del Trasimeno e dell'opera del suo rappresentante A. B.,senatore e com. della Rep. rom. (1797-1800), in Arch. stor. del Ris. Umbro, V (1909), pp. 11-42, 91-122; VI(1910), pp. 111-155; VII (1911), pp. 7-43, 121-183; G. Degli Azzi, Gli umbri nelle assemblee della patria,ibid., VIII (1912), pp. 88-92, 104;T. Casini, Il Parlamento della Repubblica romana del 1798-99, in Rassegna stor. del Risorgimento, III (1916), pp. 521 s.; G. Ermini, Storia della università di Perugia, Bologna 1947, pp. 561 s., 566, 583, 638, 681, 691;V. E. Giuntella, La giacobina Repubblica romana, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXIII (1950), pp. 123, 132;R. De Felice, La vendita dei beni naz. nella Rep. del 1798-99, Roma 1960, pp. 20, 45, 79 s., 132;Id., I giornali giacobini italiani, Milano 1962, p. XLV; Id., Aspetti e momenti della vita economica di Roma e del Lazio nei secoli XVIII-XIX, Roma 1965, pp. 160 s.