BUCCELLATI, Antonio
Nacque a Milano il 22maggio 1831 da Luigi e da Marianna Vigoni. Dopo aver studiato nei ginnasi cittadini di S. Alessandro e di S. Marta e poi nel collegio di Gorla Minore (Varese), passò nel seminario arcivescovile di Milano e seguì nel contempo alcuni corsi di scienze naturali. Terminato il liceo, fu costretto dalle precarie condizioni economiche della famiglia a insegnare materie letterarie prima nel seminario arcivescovile, poi nel collegio Calchi Taeggi e nel ginnasio S. Marta. Ordinato sacerdote, cominciò anche a studiare giurisprudenza nella scuola privata che N. Cotta Morandini teneva a Milano: sostenne quindi gli esami presso l'università di Pavia, ove conseguì la laurea nell'anno 1860.
L'anno precedente gli era stata affidata, in qualità di supplente, la cattedra di diritto canonico nello stesso ateneo; dopo la laurea venne promosso professore straordinario. Quando nel 1865 venne soppressa a Pavia la cattedra di diritto canonico, al B. fu affidata quella di diritto penale. A questa disciplina, d'altro canto, egli stava allora dedicando i suoi studi: nello stesso 1865 pubblicò a Milano Sommi principi di diritto penale, opera con cui aderiva decisamente alle tematiche della scuola classica e seguiva in particolare la dottrina elaborata da Francesco Carrara. Professore ordinario nel 1866, scrisse il commento al codice penale militare del 1870, Il codice penale per l'esercito del Regno d'Italia, in Rendic. del R. Ist. lomb. di scienze e lettere. s. 2, III (1870), pp. 405-413.
In quel torno di anni la scienza penalistica stava godendo in Italia di un notevole sviluppo grazie sia alle discussioni accesesi intorno all'elaborazione del progetto del codice unitario, sia al contrasto tra la scuola classica e le nuove correnti positiviste. Il B. prese posizione in entrambi i settori di discussione. Nel 1872 si espresse contro l'introduzione nel nuovo codice della pena di morte con il saggio Abolizione della pena di morte, in A. Amati-A. Buccellati, C.Beccaria e l'abolizione della pena di morte, Milano 1872, pp. 213-304; e ribadì il suo pensiero due anni dopo criticando la commissione governativa che aveva inserito nel progetto la pena capitale e plaudendo al voto contrario espresso dal Senato (La pena di morte e il Senato, in Rendic. del R. Ist. lomb. di scienze e lett., s. 2, IX [1876], pp. 86-88). Nel 1876 il B. - che aveva commentato il progetto Vigliani con una lunga memoria (ibid., VII [1874], pp. 473-481, 553-565, 592-605, 625-640, 760-764, 798-808; VIII 1751, pp. 43-56, 640-660, 935-945) e quello Mancini con altro studio (ibid., IX [1876], pp. 480-487) - venne chiamato a far parte della commissione governativa per il nuovo codice penale e nel medesimo anno affrontò il problema della riforma carceraria, sottolineandone l'urgenza nel saggio Quale importanza abbia l'isolamento assoluto rispetto a un completo sistema penale,ibid., IX (1876), pp. 565-582.
D'altro canto prendeva viva parte alla polemica in corso tra la scuola classica e quella positivista, negando ogni valore ai principali assunti di quest'ultima. In Il concetto scientifico della pena, in Riv. penale, s. 1, VI (1875), pp. 305-332, si oppose alla teoria correzionalistica del Roeder che assegnava alla pena il solo fine dell'emenda, per affermare la natura della stessa come "mezzo di conservazione dell'ordine morale e sociale" (Pessina); nel successivo lavoro La razionalità del diritto penale di fronte agli attacchi di alcunisperimentalisti, in Mem. del R. Ist. lomb. di scienze e lett., XIII (1875), 2, pp. 21-46, sostenne la validità della tesi classica, per la quale il fine principale del diritto penale risiede nella "reintegrazione dell'ordine giuridico".
Colpito nel 1880 da insulto apoplettico, il B. rimase parzialmente paralizzato, ma non interruppe la sua attività. In seno alla commissione per il nuovo codice sostenne la necessità di introdurre i reati di stampa (la tesi da lui sostenuta è pubblicata nel saggio La libertà di stampa moderata dalla legge, in Mem. del R. Ist. lomb. di scienze e lett., XIV[1880], I, pp. 25-103). Proseguì, inoltre, la polemica contro la nuove correnti penalistiche con le monografie La scuola francese e la scuola italiana di diritto penale (ibid., pp. 1-6) e Il nihilismo e la ragione del diritto penale (ibid., XIV [1881], 2, pp. 177-243; XIV [1882], 33 pp. 288-355) - quest'ultima in opposizione alle idee del Lombroso - e con il volume Il positivismo e le scienze giuridiche (Roma 1886). A questo periodo appartiene anche il suo lavoro più completo e maturo, Istituzioni di diritto e procedura penale secondo la ragione e il diritto romano, Milano 1884, che costituisce una delle migliori opere prodotte dalla scuola classica italiana.
Il B. morì a Milano il 5 febbr. 1890. Di lui si deve anche ricordare la polemica che nel 1872-73 lo oppose al Settembrini sulla valutazione dell'opera civile del Manzoni; il B. tenne una serie di conferenze presso l'Istituto lombardo per difendere il Manzoni, conferenze che poi pubblicò a Milano nel 1873 con il titolo Manzoni,ossia il progresso morale,civile e letterario quale si manifesta nelle opere di A. Manzoni.
Bibl.: A. B., in Rivista penale, s. 3, I (1890), pp. 288 s.; P. Del Giudice, A. B., in Rendic. del R. Ist. lomb. di scienze e lett, s. 2, XXIV (1891), pp. 29-42;E. Pessina, Il diritto penale in Italia..., in Encicl. del diritto penale, a cura di E. Pessina, II, Milano 1906, pp. 679, 708, 729; F. Grispigni, La odierna scienza criminale in Italia, Milano 1909, pp. 9n., 10 n.; Il Collegio Ghislieri,1567-1967, Milano 1967, p. 187; Novissinio Digesto Italiano, II, p. 586; Enc. Eccl., I, p. 527.