CACCIA, Antonio
Il nome del C., connesso con il primo tentativo d'introdurre la stampa in Milano, compare per la prima e unica volta in un atto notarile del 14 marzo 1469, nel quale, oltre al casato, ne è rivelata la professione, "artium et medicine doctor", il luogo d'origine, "Cerexolis Axtensis" (Ceresole d'Alba), la posizione giuridica, "fatiens et gerens seorsum a patre suo", e la residenza: Milano, porta Vercellina, parrocchia di S. Protaso.
Nel documento il C. si dichiara esperto nell'arte di "scribere libros in forma cum impressione" ma non segnala né come né da chi abbia appreso la nuova tecnica. In mancanza di testimonianze, si potrebbe per congettura dedurre che avesse frequentato a Roma l'officina di Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, dove era di casa un altro suddito del Ducato di Milano, il vigevanese vescovo di Aleria Andrea Bussi, 0 le botteghe più recenti di Ulrich Han e Sixtus Riessinger, oppure che avesse assistito in una delle poche città tedesche, che prima del marzo 1469 avevano tipografia, alla complessa produzione di un libro. È da notare che allora neppure Venezia poteva vantare l'esistenza di un'officina già funzionante, perché a quella data Giovanni da Spira non era probabilmente ancora arrivato in città, o, se vi era già giunto, difficilmente poteva aver insegnato l'arte al C.: il privilegio che la Serenissima gli concesse porta la data del 18 sett. 1469. Non è da escludere che in un'epoca nella quale da più parti si facevano tentativi per risolvere in modo rapido ed economico il problema della riproduzione di testi, il C. avesse escogitato qualche procedimento risultato poi inefficace; ma è più probabile che egli abbia vantato conoscenze o esperienze che non aveva, pensando forse di essere in grado di risalire, come farà Bernardo Cennini nel 1471, alla riscoperta del mezzo tecnico attraverso l'esame del prodotto.
Sta di fatto che di fronte alle richieste di un Galeazzo Crivelli, ricco signore milanese, fratello del cancelliere ducale, ansioso di mettere a profitto le sue risorse economiche nel campo della stampa, il C. si obbligò con regolare contratto ad insegnargli "scribere libros in forma cum impressione de eo quod ipse magister Antonius scit cuiuslibet generis et in Mediolano, et hoc quam citius ipse magister Antonius poterit docere et dominus Galeaz poterit discere"; avrebbe ricevuto in compenso la metà del guadagno tratto "ex et de scriptis et libris scribendis in forma et cum impressione". Ma, per quello che si conosce, il contratto non ebbe un seguito, perché non solo non è giunto a noi nessun volume a stampa con la sottoscrizione del C. e del Crivelli, ma neppure è attribuibile a loro qualcuna delle opere apparse in Milano senza nome di tipografo.
È da credere anzi che, se pur siano stati fatti dei tentativi, nessun risultato pratico si sia ottenuto, perché il 30 apr. 1470 un medico, Antonio Planella o Pianella, presentava al duca di Milano Galeazzo Maria una richiesta di privilegio decennale per impiantare un'officina tipografica in città. Il 10 maggio successivo la petizione, caldamente appoggiata da Gerardo Colli, ministro milanese a Venezia, passò per il dibattito al Consiglio segreto, dove fu ostacolata da un fratello del cancelliere Giovanni Crivelli - evidentemente il Galeazzo del documento del 14 marzo 1469 - che annunciò di essere in trattative con "uno maestro de la Magna, qual venerà qui ad fare de dicti libri a stampo cum 12 compagni". L'accordo con il C. quindi non doveva aver avuto alcun esito positivo; comunque quattro mesi dopo, il 7 settembre di quello stesso anno, il duca decise l'affare in favore di Antonio Planella, concedendogli un privilegio per un periodo di cinque anni; esso tuttavia non ebbe seguito.
Fonti e Bibl.: L'unico doc. noto che parli del C. è un atto notarile del 14 marzo 1469rogato dal notaio Vercellolo Carcassola e conservato nell'Archivio notarile di Milano. Esso fu scoperto dal marchese Vercellino Maria Visconti, che nella seconda metà del sec. XVII ne diede un regesto a c. 244 del manoscritto 1817 della Biblioteca Trivulziana. E. Motta lo commentò e pubblicò nel suo articolo Un tipografoa Milano nel 1469, apparso nell'Arch.stor. lomb., s. 3, III (1895), pp. 150-155, collegando l'episodio con i fatti che egli stesso aveva illustrato in P. Castaldi,A.Planella,P. Ugleimer ed il vescovo d'Aleria.Nuovidocumenti..., in Riv. stor. ital., I (1884), pp. 252-272. Storici e bibliografi successivi (G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florentiae 1905, p. 212;V. Scholderer, Printing at Milan in the Fifteenth Century, in The Library, s. 4, VII [1927], pp. 355-375e successivamente in Fifty Essaysin Fifteenth- and Sixteenth CenturyBibliography, Amsterdam 1966, pp. 96-105; C. Santoro, Gli inizi dell'arte della stampa, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 871-882)non poterono aggiungere altro sulla persona del C., perché nessun nuovo elemento venne alla luce sul suo conto. Torino, Bibl. reale, ms. Misc. 174: A. Manno, Il Patriziato subalpino, III, c. 33, accertò che una famiglia Caccia Marmusino, originaria da Ceresole d'Alba, esisteva ancora nel 1613.