CACCIA, Antonio
Di antica famiglia della cospicua borghesia del Canton Ticino, nacque a Morcote (Lugano) il 22 genn. 1806 da Lorenzo e da Marianna Scaramuzzi. Compiuti i primi studi al collegio Gallio di Como, poi a Roma, si trasferì a Würzburg (Baviera), dove si laureò, ancor giovane, in medicina; frequentò anche l'università di Cambridge, dove si addottorò in botanica e medicina legale. Subito dopo, nel 1831, intraprese una lunga serie di viaggi: in Grecia; in Russia (1835), dove si fermò per tre anni a Mosca esercitando con successo la medicina; poi ancora a Costantinopoli e in Crimea; qualche anno più tardi visiterà anche la Siberia e alcune province dell'Impero cinese.
Frutto di questi viaggi sono gli scritti Un viaggio inGrecia...(Lugano 1840), La Russia (Lugano 1848), L'impero celeste (Milano 1858):il primo è una raccolta di lettere all'amico A. De Matis, in cui il C. descrive le sue impressioni di viaggio; il secondo vuole invece avere il carattere di un saggio sistematico, proponendosi di descrivere gli aspetti fondamentali - geografici, etnici, storico-politici - dell'Impero russo; il terzo infine illustra alcuni aspetti dei costumi e della storia della Cina, sotto forma di lettere di un Cinese a un Europeo.
Nel 1848 il C. si recò negli Stati Uniti (che già aveva visitato alcuni anni innanzi) e, dopo aver esercitato per qualche tempo la medicina a New York, intraprese in compagnia di un ricco inglese, come medico personale, un avventuroso viaggio a cavallo fino alla California: poté così osservare da vicino la vita dei cercatori d'oro e si adoperò anche per curare il colera che si era diffuso nella regione.
Di ritorno dall'America pubblicò Europa ed America - Scene di vita dal 1848 al 1850 (Monaco 1850), che entro il fragile schema di un romanzo contiene in realtà il racconto del suo viaggio, a tratti assai interessante per la descrizione di fenomeni sociali di cui era stato testimone. In questa, come nelle precedenti opere, il C. rivela la curiosità vivace del giornalista divulgatore e il gusto del viaggiatore aperto ai costumi esotici; ma a questi interessi sovrappone anche una certa ambizione letteraria o moralistica che spesso nuoce più che giovare ai suoi scritti.
Chiusa la serie dei lunghi viaggi, il C. visse quasi sempre in Svizzera, per lo più a Miralago presso Morcote; ma fu spesso anche in Italia (già nel 1841 aveva fondato e per qualche tempo diretto a Napoli un Istituto di studi commerciali) alle cui sorti politiche egli si sentì sempre intimamente legato. Fin da giovane infatti aveva seguito con simpatia i movimenti patriottici italiani, aderendo alle tesi mazziniane; poi, conformandosi a quella che fu un'evoluzione quasi generale della sua generazione, si accostò al programma dei liberali moderati. Idee di un liberale assai vicino alle posizioni del Cavour (alla morte del quale scrisse il carme D'Italia i tre ultimi lustri, Vercelli 1861) sono appunto quelle esposte in La nationalité italienne (Bruxelles-Leipzig 1855), in cui il C., dopo aver polemizzato con coloro che in Europa ancora negavano agli abitanti dell'Italia il diritto ad una loro nazionalità, indica nella casa Savoia la forza capace di realizzare l'indipendenza e l'unità italiana (mentre ancora in Europa ed America esprimeva un giudizio severo su Carlo Alberto) e sostiene la necessità di abolire il potere temporale del Papato, cui d'altra parte egli, cattolico, vuole assicurare la piena indipendenza.
In questi anni il C. collaborava anche a diversi giornali, come il Times e la Berliner Zeitung;scrisse inoltre, seguendo la moda dilagante, un romanzo storico-patriottico (Il castello di Morcote, Milano 1861) ed alcuni versi occasionali sempre di intonazione politico-patriottica.
Morì a Como, dopo una breve malattia, il 27 ag. 1875.
Bibl.: E. Motta, Dei diversi scrittori ticinesi appartenenti alla prima metà del nostro sec., Bellinzona 1880, pp. 40-43; P. Amat di S. Filippo, Studi biogr. e bibliogr. sulla storia della geografia in Italia, I, Roma 1882, p. 574; G. Martinola, Un ticinese grande italiano,A. C. da Morcote, Milano 1935; G. Mazzoni, L'Ortocento, II, Milano 1954, pp. 268, 549.